giovedì 27 maggio 2021

L'attentato fascista di Piazza della Loggia

Il 28 maggio 1974 a Brescia, nella centrale piazza della Loggia, una bomba nascosta in un cestino portarifiuti esplode mentre è in corso una manifestazione sindacale. L’attentato fascista miete otto vittime e oltre cento feriti.
Qui sotto le testimonianze del sindacalista che stava intervenendo al momento dell’esplosione e di alcuni lavoratori che erano in piazza quel giorno.

Il 28 maggio del 1974 avviene l’attentato di Piazza della Loggia. Io stavo parlando dal palco quando è esplosa la bomba. In quei giorni c’era un clima di tensione enorme, c’erano già stati diversi attentati, per fortuna senza morti. L’ultimo è stato alla sede della Cisl ed è questa la ragione per cui è toccato a me intervenire. Tre giorni prima ce n’era stato uno alla sede del sindacato unitario di Lumezzane. Da mesi si ripetevano gesti simili. Erano tutte azioni rivolte contro il sindacato. Gli industriali del tondino, soprattutto quelli di Nave e di Odolo, attraverso il sindacato fascista della Cisnal, avevano fatto arrivare degli operai che lavoravano nelle loro fabbriche in occasione degli scioperi. Si parlava anche di un incontro degli industriali della zona con Almirante, che in una cena avrebbero detto che non si poteva più tollerare un sindacato così forte.
Ho scoperto io i candelotti di tritolo che avevano messo all’ingresso della Cisl, in via Zadei. Erano tra alcune casse di materiali depositate all’esterno. La miccia era stata accesa, ma fortunatamente si era spenta perché era rimasta schiacciata. Se fossero scoppiati quegli otto candelotti sarebbe saltato in aria tutto il palazzo. Non ero segretario della Cisl, ma Pillitteri era in ospedale e lo sostituivo io. Ho telefonato subito al segretario del Comitato unitario antifascista, abbiamo deciso la manifestazione e sono stato incaricato di fare il comizio in rappresentanza del sindacato. Era un clima pesante, anche se non pensavo che si potesse arrivare a tanto.
Quella mattina mi sono alzato alle quattro per scrivere il mio intervento. Era una giornata piovosa, abbiamo iniziato alle dieci in punto, i cortei stavano ancora arrivando e io desideravo che i lavoratori sentissero quello che avevo da dire e quindi tiravo un po’ in lungo. Ho aperto il comizio denunciando tutti gli attentati che avevano creato quel clima. Stavo parlando da circa dieci minuti, spiegando le ragioni della nostra manifestazione. Ero rivolto verso il luogo dell’attentato. Ricordo che ad un certo momento ho visto come una nuvoletta bianca, poi ho sentito un grande botto. Erano le 10 e 12. Quello che mi ha spaventato davvero è stato vedere volare le bandiere, gli striscioni e la gente per terra.
E’ stata una tragedia. Tra i feriti c’era un mio fratello, l’ho soccorso io. In piazza c’erano anche i miei tre figli. C’era confusione, perché ognuno prendeva le iniziative che gli sembravano più giuste e io ho cercato di gestire un po’ il tutto. Arrivavano telefonate da tutta Italia, dai luoghi di lavoro. Bruno Trentin, da Roma, voleva sapere che cosa era successo. Ad un certo punto ho temuto che si trattasse di qualcosa di più grave, che non ci si limitasse ad un attentato, ma che fosse l’inizio di un colpo di stato.
Più tardi ho avuto una grande urlata con il vice questore perché ha chiamato i pompieri e fatto lavare il luogo dell’attentato, perdendo così dei reperti importanti. In quel momento è arrivato Bruno Storti, che stava tenendo il consiglio generale della Cisl Lombardia a Desenzano. Veniva dall’ospedale e mi ha detto che mio fratello era fuori pericolo. Sono sempre stato in piazza, dall’ospedale giungevano in continuazione aggiornamenti su morti e feriti.
Ad un certo momento abbiamo fatto una riunione del Comitato antifascista con un sacco di altre persone. Ho proposto l’occupazione delle fabbriche, perché bisognava tenere insieme la gente.
I lavoratori che erano rimasti si erano riuniti in Piazza Vittoria. Abbiamo collegato alcuni altoparlanti sulle automobili e sono sceso a parlare. Ho detto che bisognava tornare in fabbrica e occuparle, anche di notte, che bisognava stare insieme e non dividersi. Da Roma sono arrivati dirigenti e funzionari per aiutarci, perché in ogni stabilimento ci fosse qualcuno del sindacato sempre presente.

Quando c’è stato l’attentato di Piazza della Loggia, sono stato fortunato. Il 24 maggio è nato mio figlio Roberto. Quel giorno, il 28, sono andato in piazza, poi ne ho approfittato per andare all’ufficio anagrafe per fare il certificato, giusto venti minuti prima che scoppiasse la bomba. Era una giornata molto uggiosa, con pioggia, sono uscito con i miei compagni dall’Om, ho fatto il corteo fino in piazza, sono rimasto un po’ lì, poi ho salutato per andarmene e sfruttare quella opportunità. Tutto è successo mentre con la corriera che avevo preso in Stazione andavo a Roncadelle. Infatti, non ho fatto in tempo ad arrivare che mio fratello e i miei amici erano disperati a casa mia perché erano sicuri che io fossi in piazza, perché ho sempre partecipato a tutte le manifestazioni. Quella tragedia l’ho sfiorata, pur avendola poi vissuta con tutto il suo dramma, ma per caso sono riuscito ad evitarla.

In occasione dell'attentato di Brescia ero in piazza, non ero vicino al punto dell'esplosione, ero un po' decentrato. E' difficile che sia mancato ad una manifestazione, anche nazionale. Ritornando a Lumezzane siamo immediatamente tornati in fabbrica, abbiamo fatto fermare tutto e siamo stati sulle portinerie. In quel momento nessuno sapeva bene che cosa fare. C'era smarrimento e si inseguivano voci discordanti. Il giorno successivo abbiamo fatto ancora due ore di sciopero sempre con il presidio della portineria.

Ero in manifestazione il giorno dell’attentato di Piazza della Loggia e per pochi minuti mi sono salvata. Ero appena passata da dove c’è stata l’esplosione, stavo cercando un delegato della Gnutti di Brescia, ho salutato alcuni amici e mi hanno detto che era appena passato e probabilmente era sotto il portichetto e mi sono spostata in quella direzione. Pioveva, stavamo ridendo, c’era appena stato il referendum sul divorzio e noi avevamo fatto il documento dei cattolici del no e dicevamo con alcuni della Om “è il papa che sta pregando perché piova, così ci punisce” quando abbiamo sentito l’esplosione. All’inizio pensavamo al temporale poi sono andata là e ho visto. A casa mia è successo il finimondo, non volevano dirlo a mio padre, non volevano fargli sentire il Gazzettino padano perché sapevano che io ero in piazza. Mio fratello è venuto a cercarmi, ma io sono stata in ospedale con alcuni feriti, dovevo organizzare Lumezzane, l’occupazione aperta che si faceva solo alla Gnutti. Sono tornata a casa la sera tardi, bagnata come un pulcino senza che nessuno sapesse dov’ero.

Il giorno dell’attentato di Piazza della loggia ero alla manifestazione, nel mezzo della piazza. Sono seguiti momenti e giorni di grande tensione. Le famiglie a casa erano preoccupate, volevano sapere dove ci trovavamo, come stavamo. C’era gente che voleva andare a bruciare la sede del Movimento sociale. Seguirono grandi mobilitazioni.

Ero in Piazza della Loggia il giorno dell’attentato. E’ stato un brutto momento. Io ero in una zona tranquilla, perché quando andavo alle manifestazioni preferivo sempre stare ai lati per evitare di essere coinvolto in eventuali tensioni. Mi ricordo che in occasione della manifestazione per il primo anniversario della strage, quando in piazza sono arrivate le bandiere della Dc, le hanno bruciate tutte, ma anche in quell’occasione sono riuscito a stare fuori dalla ressa. Sono stati momenti molto difficili.

Ero presente in Piazza della Loggia il giorno dell’attentato. Ero a pochi metri dal luogo dell’esplosione e ho visto il mucchio delle persone a terra. Pochi attimi prima ero passato proprio davanti al cestino dove c’era la bomba. A mio giudizio era telecomandata. Mi ricordo, Castrezzati stava dicendo “Almirante vive e vegeta nel Parlamento” e in quel preciso momento c’è stata l’esplosione. Ho cercato di aiutare le persone ferite, coperte di sangue, alcune le abbiamo accompagnate a delle automobili per portarle in ospedale. Poi sono tornato in fabbrica dove abbiamo organizzato un’assemblea aperta ed è venuto il segretario della Cisl Gavioli.

Il giorno di Piazza della Loggia ero sotto il palco insieme a mio fratello, nelle prime file e mio fratello che aveva fatto il militare ha capito subito che si trattava di una bomba, ma io nel primissimo momento non mi sono reso conto della gravità di quanto fosse successo. Ho sentito le parole di Castrezzati che invitava alla calma e diceva di andare in mezzo alla piazza, e noi ci siamo andati,  mentre il sindaco Boni, che era accanto a noi, dopo avere parlato con alcune persone è andato immediatamente verso il Municipio. Si aveva paura che potessero esserci altre esplosioni, c’era chi diceva che dovevamo allontanarci e la confusione a quel punto ha preso il sopravvento. Ho cercato di avvicinarmi a dove era esplosa la bomba, ma non ci sono riuscito. In pochi minuti, infatti, si era fatto un cordone intorno al luogo dove c’era stata l’esplosione, ma era impossibile avvicinarsi. Allora ce ne siamo andati a casa e poi tornare in fabbrica per proseguire lo sciopero. Cosa fosse accaduto effettivamente l’ho saputo solo dai telegiornali.