Il 28 maggio 1974 a Brescia, nella centrale piazza della Loggia, una bomba nascosta in un cestino portarifiuti esplode mentre è in corso una manifestazione sindacale. L’attentato fascista miete otto vittime e oltre cento feriti.
Qui sotto le testimonianze del sindacalista che stava intervenendo al momento dell’esplosione e di alcuni lavoratori che erano in piazza quel giorno.
Il 28 maggio del 1974 avviene l’attentato di Piazza
della Loggia. Io stavo parlando dal palco quando è esplosa la bomba. In quei
giorni c’era un clima di tensione enorme, c’erano già stati diversi attentati,
per fortuna senza morti. L’ultimo è stato alla sede della Cisl ed è questa la
ragione per cui è toccato a me intervenire. Tre giorni prima ce n’era stato uno
alla sede del sindacato unitario di Lumezzane. Da mesi si ripetevano gesti
simili. Erano tutte azioni rivolte contro il sindacato. Gli industriali del
tondino, soprattutto quelli di Nave e di Odolo, attraverso il sindacato
fascista della Cisnal, avevano fatto arrivare degli operai che lavoravano nelle
loro fabbriche in occasione degli scioperi. Si parlava anche di un incontro
degli industriali della zona con Almirante, che in una cena avrebbero detto che
non si poteva più tollerare un sindacato così forte.
Ho scoperto io i candelotti di tritolo che avevano
messo all’ingresso della Cisl, in via Zadei. Erano tra alcune casse di
materiali depositate all’esterno. La miccia era stata accesa, ma fortunatamente
si era spenta perché era rimasta schiacciata. Se fossero scoppiati quegli otto
candelotti sarebbe saltato in aria tutto il palazzo. Non ero segretario della
Cisl, ma Pillitteri era in ospedale e lo sostituivo io. Ho telefonato subito al
segretario del Comitato unitario antifascista, abbiamo deciso la manifestazione
e sono stato incaricato di fare il comizio in rappresentanza del sindacato. Era
un clima pesante, anche se non pensavo che si potesse arrivare a tanto.
Quella mattina mi sono alzato alle quattro per
scrivere il mio intervento. Era una giornata piovosa, abbiamo iniziato alle
dieci in punto, i cortei stavano ancora arrivando e io desideravo che i
lavoratori sentissero quello che avevo da dire e quindi tiravo un po’ in lungo.
Ho aperto il comizio denunciando tutti gli attentati che avevano creato quel
clima. Stavo parlando da circa dieci minuti, spiegando le ragioni della nostra
manifestazione. Ero rivolto verso il luogo dell’attentato. Ricordo che ad un
certo momento ho visto come una nuvoletta bianca, poi ho sentito un grande
botto. Erano le 10 e 12. Quello che mi ha spaventato davvero è stato vedere
volare le bandiere, gli striscioni e la gente per terra.
E’ stata una tragedia. Tra i feriti c’era un mio
fratello, l’ho soccorso io. In piazza c’erano anche i miei tre figli. C’era
confusione, perché ognuno prendeva le iniziative che gli sembravano più giuste
e io ho cercato di gestire un po’ il tutto. Arrivavano telefonate da tutta
Italia, dai luoghi di lavoro. Bruno Trentin, da Roma, voleva sapere che cosa
era successo. Ad un certo punto ho temuto che si trattasse di qualcosa di più
grave, che non ci si limitasse ad un attentato, ma che fosse l’inizio di un
colpo di stato.
Più tardi ho avuto una grande urlata con il vice
questore perché ha chiamato i pompieri e fatto lavare il luogo dell’attentato,
perdendo così dei reperti importanti. In quel momento è arrivato Bruno Storti,
che stava tenendo il consiglio generale della Cisl Lombardia a Desenzano.
Veniva dall’ospedale e mi ha detto che mio fratello era fuori pericolo. Sono
sempre stato in piazza, dall’ospedale giungevano in continuazione aggiornamenti
su morti e feriti.
Ad un certo momento abbiamo fatto una riunione del
Comitato antifascista con un sacco di altre persone. Ho proposto l’occupazione
delle fabbriche, perché bisognava tenere insieme la gente.
I lavoratori che erano rimasti si erano riuniti in
Piazza Vittoria. Abbiamo collegato alcuni altoparlanti sulle automobili e sono
sceso a parlare. Ho detto che bisognava tornare in fabbrica e occuparle, anche
di notte, che bisognava stare insieme e non dividersi. Da Roma sono arrivati
dirigenti e funzionari per aiutarci, perché in ogni stabilimento ci fosse
qualcuno del sindacato sempre presente.
Quando c’è stato l’attentato di Piazza della Loggia,
sono stato fortunato. Il 24 maggio è nato mio figlio Roberto. Quel giorno, il
28, sono andato in piazza, poi ne ho approfittato per andare all’ufficio
anagrafe per fare il certificato, giusto venti minuti prima che scoppiasse la
bomba. Era una giornata molto uggiosa, con pioggia, sono uscito con i miei
compagni dall’Om, ho fatto il corteo fino in piazza, sono rimasto un po’ lì,
poi ho salutato per andarmene e sfruttare quella opportunità. Tutto è successo
mentre con la corriera che avevo preso in Stazione andavo a Roncadelle. Infatti,
non ho fatto in tempo ad arrivare che mio fratello e i miei amici erano
disperati a casa mia perché erano sicuri che io fossi in piazza, perché ho
sempre partecipato a tutte le manifestazioni. Quella tragedia l’ho sfiorata,
pur avendola poi vissuta con tutto il suo dramma, ma per caso sono riuscito ad
evitarla.
In occasione dell'attentato di Brescia ero in
piazza, non ero vicino al punto dell'esplosione, ero un po' decentrato. E'
difficile che sia mancato ad una manifestazione, anche nazionale. Ritornando a
Lumezzane siamo immediatamente tornati in fabbrica, abbiamo fatto fermare tutto
e siamo stati sulle portinerie. In quel momento nessuno sapeva bene che cosa
fare. C'era smarrimento e si inseguivano voci discordanti. Il giorno successivo
abbiamo fatto ancora due ore di sciopero sempre con il presidio della portineria.
Ero in manifestazione il giorno
dell’attentato di Piazza della Loggia e per pochi minuti mi sono salvata. Ero
appena passata da dove c’è stata l’esplosione, stavo cercando un delegato della
Gnutti di Brescia, ho salutato alcuni amici e mi hanno detto che era appena
passato e probabilmente era sotto il portichetto e mi sono spostata in quella
direzione. Pioveva, stavamo ridendo, c’era appena stato il referendum sul
divorzio e noi avevamo fatto il documento dei cattolici del no e dicevamo con
alcuni della Om “è il papa che sta pregando perché piova, così ci punisce”
quando abbiamo sentito l’esplosione. All’inizio pensavamo al temporale poi sono
andata là e ho visto. A casa mia è successo il finimondo, non volevano dirlo a
mio padre, non volevano fargli sentire il Gazzettino padano perché sapevano che
io ero in piazza. Mio fratello è venuto a cercarmi, ma io sono stata in
ospedale con alcuni feriti, dovevo organizzare Lumezzane, l’occupazione aperta
che si faceva solo alla Gnutti. Sono tornata a casa la sera tardi, bagnata come
un pulcino senza che nessuno sapesse dov’ero.
Il giorno
dell’attentato di Piazza della loggia ero alla manifestazione, nel mezzo della
piazza. Sono seguiti momenti e giorni di grande tensione. Le famiglie a casa
erano preoccupate, volevano sapere dove ci trovavamo, come stavamo. C’era gente
che voleva andare a bruciare la sede del Movimento sociale. Seguirono grandi
mobilitazioni.
Ero in Piazza della Loggia il giorno dell’attentato.
E’ stato un brutto momento. Io ero in una zona tranquilla, perché quando andavo
alle manifestazioni preferivo sempre stare ai lati per evitare di essere
coinvolto in eventuali tensioni. Mi ricordo che in occasione della
manifestazione per il primo anniversario della strage, quando in piazza sono
arrivate le bandiere della Dc, le hanno bruciate tutte, ma anche in
quell’occasione sono riuscito a stare fuori dalla ressa. Sono stati momenti
molto difficili.
Ero presente in Piazza della
Loggia il giorno dell’attentato. Ero a pochi metri dal luogo dell’esplosione e
ho visto il mucchio delle persone a terra. Pochi attimi prima ero passato
proprio davanti al cestino dove c’era la bomba. A mio giudizio era
telecomandata. Mi ricordo, Castrezzati stava dicendo “Almirante vive e vegeta
nel Parlamento” e in quel preciso momento c’è stata l’esplosione. Ho cercato di
aiutare le persone ferite, coperte di sangue, alcune le abbiamo accompagnate a
delle automobili per portarle in ospedale. Poi sono tornato in fabbrica dove
abbiamo organizzato un’assemblea aperta ed è venuto il segretario della Cisl
Gavioli.
Il giorno di Piazza della Loggia
ero sotto il palco insieme a mio fratello, nelle prime file e mio fratello che
aveva fatto il militare ha capito subito che si trattava di una bomba, ma io
nel primissimo momento non mi sono reso conto della gravità di quanto fosse
successo. Ho sentito le parole di Castrezzati che invitava alla calma e diceva
di andare in mezzo alla piazza, e noi ci siamo andati, mentre il sindaco Boni, che era accanto a
noi, dopo avere parlato con alcune persone è andato immediatamente verso il
Municipio. Si aveva paura che potessero esserci altre esplosioni, c’era chi
diceva che dovevamo allontanarci e la confusione a quel punto ha preso il
sopravvento. Ho cercato di avvicinarmi a dove era esplosa la bomba, ma non ci
sono riuscito. In pochi minuti, infatti, si era fatto un cordone intorno al
luogo dove c’era stata l’esplosione, ma era impossibile avvicinarsi. Allora ce
ne siamo andati a casa e poi tornare in fabbrica per proseguire lo sciopero.
Cosa fosse accaduto effettivamente l’ho saputo solo dai telegiornali.