sabato 25 aprile 2020

ELIO BIANCHI - Gs Gnutti Sebastiano & Figli – Lumezzane (Bs)

Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Memorie in tuta blu. Gli anni caldi dei metalmeccanici bresciani”, di Costantino Corbari, Edizioni Lavoro, Roma 2005

Sono nato il 12 gennaio 1947 a Lumezzane. Ho fatto le tre professionali dopo la quinta elementare. Ho iniziato a lavorare che non avevo ancora 15 anni. La mia prima esperienza di delegato l’ho fatta a ventuno anni, finito il militare, e da allora ho sempre fatto il delegato. Sono stato membro del direttivo e dell’esecutivo provinciale della Fim.
Ho sempre lavorato alla Gs, sono uscito dopo trentasei anni e mezzo, sei anni fa.

L’azienda produce rubinetteria sanitaria. Ho iniziato come manovale su macchine di torneria. Poi queste macchine a conduzione manuale sono scomparse e sono state sostituite dai transfer, macchine automatiche. Io, però, su quelle non ho mai lavorato e sono passato al montaggio delle varie parti della rubinetteria. Al mio ingresso ci lavoravano circa 200, 220 persone. Il picco massimo è stato di 350, e quando sono uscito erano circa 180.
Gs è sempre stata un’azienda sempre un po’ arretrata dal punto di vista delle tecnologie, senza grandi cambiamenti. I dipendenti erano concentrati soprattutto in torneria, stampaggio e fusione. Piccole innovazioni hanno contribuito alla riduzione del personale ma alla Gs non c’è mai stato un licenziamento. Ha fatto solo per due volta una settimana di cassa integrazione: una nell’80 e una nell’81. Anche nei momenti di difficoltà si è sempre comportata correttamente. La proprietà è di una famiglia Gnutti. Inizialmente c’era il padre con cinque figli, poi è rimasto un solo figlio e ora sono entrati i nipoti.
Quando sono stato assunto il sindacato non era molto presente, in particolare a Lumezzane, che era una zona un po’ atipica. C’erano in azienda due persone che facevano da riferimento per la Fim e per la Fiom. Nel periodo del mio ingresso sono entrate in azienda delle forze giovani e tra loro c’era un ragazzo che aveva una particolare vocazione per il sindacato, Ugo Festa, che poi ha fatto l’operatore sindacale a Lumezzane e un’esperienza a Brindisi. Una brutta esperienza, perché l’accompagnavano a fare le assemblee con le pistole.
Lui era più giovane di me, ma tra noi giovani c’era intesa e abbiamo creato il consiglio di fabbrica. Lo spirito giovanile e la mia fede politica, che è sempre stata di sinistra, mi hanno spinto a impegnarmi direttamente. Anche se non avevo nessuno esperienza. Però in quel periodo si faceva essenzialmente contrattazione economica. La mia prima tessera sindacale è stata Fim, poi Flm e di nuovo Fim.
A Lumezzane sono sopravvissute molte tessere Flm anche dopo che si decise di tornare al tesseramento d'organizzazione. In particolare alla Gnutti Sebastiano. Noi eravamo stati coerenti con la scelte, non avevano più alcun archivio dei vecchi iscritti Fim e fino a due anni fa c’erano ancora due tessere Flm.
Questo perché i lavoratori all’interno della fabbrica tenevano all’unità. Noi non abbiamo mai avuto scontri tra Fim e Fiom. A Lumezzane abbiamo fatto anche l’unità tra Cgil Cisl Uil nel consiglio di zona. In particolare i metalmeccanici ci credevano fino in fondo e io ero portatore di questa impostazione. Poi è andata come è andata, ma da noi è stato un trauma, in particolare per la Fim. Nel passaggio da Flm a Fim e Fiom noi siamo rimasti in minoranza, mentre prima eravamo sempre stati maggioranza, perché gli iscritti Fim rimanevano Flm. Mentre gli iscritti Fiom hanno sempre avuto due tessere: Flm e Fiom. Noi continuavamo a dire che questa era una scorrettezza nei confronti dell’unità, ma loro alla fine gli davano sempre due tessere.
Siamo rimasti minoranza per più di un anno, ma poi siamo tornati maggioranza, perché nel bene e nel male la Fim alla Gs ha sempre gestito. Io credo bene.
Per un certo periodo abbiamo fatto un ragionamento più che altro economico e le richieste erano solo salariali. Il '68 a Lumezzane è arrivato nel ’70. E da quel momento le richieste si sono spostate su questioni più concrete. In Gs abbiamo fatto una serie di azioni che pochissime aziende di Lumezzane avevano fatto.
La prima cosa che abbiamo organizzato è stata dividere la fabbrica in tre gruppi: un primo che comprendeva fonderia, stampaggio e pulitura, che erano i reparti con le lavorazioni a rischio e più nocive. Poi c’era un altro gruppo dove c’erano le macchine automatiche e la torneria, e il terzo gruppo era il magazzino.
Alla Gs c’è sempre stato il cottimo. Tutti i lavoratori lo facevano, meno il reparto cromo, che era legato ai tempi della catena e tutti prendevano un tot al pezzo. Noi abbiamo privilegiato i lavoratori del primo gruppo, con un minimo più alto degli altri reparti, proprio per le condizioni di lavoro più nocive. 

Era un’azienda con cui era possibile trattare. Non c’era nessun’altra fabbrica che pagava come la Gnutti Sebastiano. Era quella dove si guadagnava di più. Quando c’erano i cinque fratelli, uno solo gestiva e quando facevamo sciopero lui si imbizzarriva. Grazie a questo suo atteggiamento, però, con lui, in occasione di un rinnovo di contratto nazionale, abbiamo fatto un precontratto. In quell’occasione la Gs venne espulsa dalla Aib e non è più rientrata. L’intesa prevedeva che se ciò che ci veniva dato era inferiore ai risultati del contratto nazionale avremmo ottenuto la differenza, se invece l’aumento salariale era maggiore ce lo saremmo tenuto.  Era la fine degli anni ‘70
La situazione è cambiata quando sono subentrati i nipoti. Si sono associati all’Api e veniva applicato il contratto delle piccole imprese, anche se era l’azienda più grossa dell'associazione.
Complessivamente i rapporti sono stati buoni, ma ci sono state anche delle vertenze molto dure. Avevamo un delegato ogni quindici dipendenti e abbiamo organizzato degli scioperi di un quarto d’ora a scacchiera per aree. In quei momenti non si sapeva chi lavorava, chi entrava, chi usciva, era tutto un movimento. Abbiamo fatto blocchi delle portinerie. Non usciva nessuno, si poteva solo entrare. Anche le merci. Un tir delle Germania l’abbiamo tenuto bloccato dentro la fabbrica per sette giorni e sette notti.
In quell’occasione le segreterie provinciali convocarono una riunione con gli avvocati del sindacato e ci dissero che eravamo passibili di denuncia penale.  In quei periodi erano cose che si facevano, non solo alla Gs. Gli avvocati ci dissero che eravamo matti, chiedendoci se per caso vivessimo su Marte.
Quella è stata l’unica vertenza che ci ha fatto soffrire, però la vertenza si è chiusa positivamente e abbiamo ottenuto ciò che chiedevamo. Nonostante ciò i lavoratori si sentirono un po’ traditi, non per i risultati raggiunti, perché l’accordo fu ottimo, ma perché si videro costretti a togliere i presidi, come se fossero stati privati di una loro arma di difesa.
Quando si scioperava alla Gs partecipavano tutti, anche gli impiegati e nessuno entrava in azienda. Erano tutti tesserati, anche i capi reparto e quasi tutti gli impiegati.

Mio padre lavorava in proprio conto terzi per la Gs. Il titolare era amico di mio padre, andavano a caccia insieme. Io dovevo fare due trattative: una con l’azienda e uno con mio padre. E’ capitato più d’una volta che mentre eravamo in trattativa il signor Gnutti si alzava e diceva: con te si arrangerà tuo padre stasera perché l’ho mandato a chiamare. Mia mamma mi diceva: se tuo padre rimane senza lavoro per te come facciamo ad andare avanti? Loro non avevano torto, ma io non facevo cose  scandalose. Non ero uno che cercava lo scontro, cercavo sempre di fare gli accordi, perché senza accordo non si raggiunge nulla. Se faccio un accordo vuol dire che miglioro. Questa era la mia idea.
In verità non è mai successo niente. Mia moglie a sentire parlare di scioperi e lotte diventava rossa. Il rapporto familiare per me è stato duro. Nella sua famiglia - sono in otto fratelli - erano tutti democristiani, tutti piccoli imprenditori e uno anche grande imprenditore. L'unico lavoratore dipendente ero io. Quando ci trovavamo ero disperato. Anche per lei è stata un po' dura ascoltare cognati e cognate sempre contro, mentre l'unico sovversivo ero io, per due ragioni: perché non ero democristiano e perché facevo il delegato. Ci sono stati momenti non tanto belli, ma a Lumezzane è così anche oggi.
Sono stato consigliere comunale per una legislatura nel Comune di Lumezzane, sono stato segretario del partito socialista per quasi otto anni, ma non ho mai votato Craxi e i suoi fedelissimi e mio figlio si chiama Riccardo. Ho un cognato prete e mi ha detto che il nome era bello perché era significativo: lui pensava alla Chiesa io a Lombardi.
Nel paese si conoscono tutti, le voci corrono e in un attimo tutti sanno tutto di tutti. Eri guardato a vista.

Abbiamo fatto degli scioperi di zona contro l'aumento di due lire del metano, non solo dei metalmeccanici, ma di tutti. Il consiglio di zona è stato una bella esperienza.
Nel consiglio di zona ci sono state discussioni e anche scontri, perché i lavoratori delle altre aziende ritenevano che toccasse sempre alla Gs partire con le vertenze integrative. Eravamo consapevoli che fatto l'accordo alla Gs gli altri avrebbero seguito la stessa strada, ma noi ci siamo opposti al fatto che dovesse toccare sempre alla Gs fare da cavia e abbiamo proposto che le richieste venissero avanzate contemporaneamente da un gruppetto di fabbriche che avevano più o meno le stesse dimensioni. e alla fine questa è stata l'impostazione accettata, concordando anche le modalità della lotta e le ore di sciopero.
Nel consiglio di zona c'erano delegati che facevano la voce grossa alle riunioni, ma poi in azienda accettavano di tutto.

Nel periodo successivo a quello degli aumenti salariali come consiglio di fabbrica ci siamo posti il problema del lavoro dato all'esterno. L'azione però era difficile perché l'azienda non voleva entrare nel merito di questi problemi. Abbiamo fatto degli incontri con altre aziende più piccole. In quel periodo c'erano aziende con sette, otto dipendenti che lavoravano esclusivamente per la Gnutti. Abbiamo tentato un aggancio, parlare con i dipendenti, verificare se erano possibili delle azioni comuni, ma non siamo mai riusciti. Nelle aziende maggiori la presenza del sindacato era accettata e si contrattava, ma nelle piccole i lavoratori dovevano arrangiarsi per proprio conto.
La vertenza più significativa è andata a finire male. Avevamo puntato sul risanamento dell'ambiente per i rumori e abbiamo fallito. I reparti erano molto rumorosi e non c'era alcuna protezione. Eravamo riusciti ad ottenere di isolare quattro presse per verificare i risultati, ma i lavoratori non hanno accettato questa novità perché non gli piaceva lavorare all'interno delle gabbie di isolamento costruite con i pannelli fonoassorbenti e alla fine abbiamo dovuto toglierle.
La Cisl di Brescia ci aveva sostenuto in questa battaglia e ci aveva messo a disposizione un tecnico che aveva giudicato positivamente il progetto fatto da un'azienda milanese, e si era ottenuto un abbassamento molto consistente dei rumori.
La mobilità tra i lavoratori della Gs era molto bassa. Si entrava a 15 anni e si andava in pensione dalla Gs, facendo sempre lo stesso lavoro e si usciva sordi. Io fortunatamente non sono sordo perché ho lavorato in reparti meno rumorosi ed ero spesso fuori dalla fabbrica.

Nei primi anni non c'era il monte ore a disposizione del consiglio di fabbrica per cui facevamo le riunioni la sera e andavamo a casa sempre dopo la mezzanotte. Anche l'impegno politico seguiva gli stessi orari. C'era un solo problema. In quegli anni, anni '70, si trascurava la famiglia. Il rapporto con la famiglia era quasi zero. Ci si vedeva a pranzo quando non c'era la mensa, la sera a cena e poi quando si tornava la moglie dormiva.  

Castrezzati ha scritto: mai più andrò a fare un'assemblea alla Gs, perché i lumezzanesi sono come aborigeni. La ragione è tutta politica, legata alle vicende del congresso di Manerbio del '77 quando, sbagliando, fummo indicati come alleati con l'Om. In quel congresso a Lumezzane la segreteria, pur essendo molto presente con segretari e operatori, non prese un solo delegato e al congresso provinciale ci hanno fatto fuori tutti.
Ho sempre lavorato in fabbrica e non ho mai avuto ambizioni di carriera sindacale. Ma io che ero il rompiscatole, sono l'unico che è rimasto a lavorare con la Cisl e sono responsabile del Caaf e faccio recapito nella zona di Lumezzane e collaboro ancora con la Fim.

In occasione dell'attentato di Brescia ero in piazza, non ero vicino al punto dell'esplosione, ero un po' decentrato. E' difficile che sia mancato ad una manifestazione, anche nazionale. Ritornando a Lumezzane siamo immediatamente tornati in fabbrica, abbiamo fatto fermare tutto e siamo stati sulle portinerie. In quel momento nessuno sapeva bene che cosa fare. C'era smarrimento e si inseguivano voci discordanti. Il giorno successivo abbiamo fatto ancora due ore di sciopero sempre con il presidio della portineria.