Nell'anno della pandemia la Cisl si batte per la salute e sicurezza dei lavoratori, la via maestra è un accordo nazionale e la contrattazione decentrata. Il rapporto non facile con il nuovo presidente di Confindustria. Contributo pubblicato ne l'Annuario del lavoro 2020
Un anno decisamente sofferto il 2020 sindacale. A causa della pandemia di coronavirus, il rapporto con il governo e con le imprese, gli ambiti consueti nei quali si sviluppa l’azione sindacale della Cisl, è stato particolarmente denso e contrastato.
L’esigenza di assicurare delle risposte efficaci ai rischi del Covid 19 nei luoghi di lavoro ha da subito evidenziato la necessità di definire regole di carattere generale valide per tutti e, allo stesso tempo, applicazioni adatte alle diverse realtà produttive. Quasi un modello per la contrattazione.
Ma nonostante la necessità di un confronto continuo tra le parti, proprio sulla questione del rinnovo dei contratti nazionali e sulla strada della contrattazione decentrata, il 2020, colpa anche dei toni particolarmente ruvidi con cui si è annunciato il neopresidente di Confindustria Carlo Bonomi, ha rischiato di essere un anno perso, se non di arretramento.
Il confronto con Confindustria, infatti, si è fatto via via più complicato. Alcune uscite del nuovo leader degli industriali hanno fatto sorgere il sospetto che puntasse a uno scontro con i sindacati, specie quando ha accennato alla necessità di una moratoria per i rinnovi dei grandi contratti nazionali in scadenza.
Pronta la replica della segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan: “Al presidente Bonomi dico che la contrattazione è il vero strumento per aumentare la produttività e la competitività delle imprese, coinvolgendo i lavoratori”. La richiesta del sindacato è semplice: rinnovare i molti contratti scaduti, perché in attesa ci sono oltre10 milioni di lavoratori.
Di fronte alle resistenze di Confindustria, che ha sostenuto che prima dei salari serve una crescita della produttività e che la contrattazione si deve fare a livello aziendale, la reazione della segretaria della Cisl, che pure ha sempre valorizzato la contrattazione decentrata, è stata particolarmente dura: “Vedo tanta voglia nel Paese di mostrare i muscoli: un modello molto maschile di relazioni che non ci ha portato niente di buono”.
Le schermaglie sono proseguite per tutta l’estate, con reciproche accuse e puntualizzazioni. Bonomi ha accusato Cgil, Cisl e Uil di essere responsabili dell’interruzione del confronto sull’attuazione del Patto della fabbrica. Le organizzazioni sindacali sono state pronte a ribaltare la colpa sugli stessi industriali, in un botta e risposta che ha rischiato di non avere sbocchi.
Resta il fatto che l’incerta situazione economica ha reso difficile trovare soluzioni capaci di fare sintesi tra le esigenze delle imprese, che puntano a non farsi travolgere dalla crisi, e quelle dei lavoratori, che chiedono un salario che premi anche professionalità e competenze.
Non è certo la Cisl, peraltro, a cercare lo scontro con gli industriali, soprattutto in un momento di così gravi difficoltà. Così Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto, è pronto a lanciare un invito al dialogo e a superare le contrapposizioni: “Alla Confindustria e alle altre associazioni imprenditoriali diciamo: non è il momento delle divisioni. Apriamo subito un confronto vero rilanciando il ruolo delle relazioni industriali nell’organizzazione del lavoro, senza fughe in avanti sul modello contrattuale”.
La richiesta di via Po è stata ancora una volta quella del rinnovo dei contratti nazionali e allo stesso tempo la definizione di un grande patto sociale, sul modello degli accordi di concertazione realizzati con il governo Ciampi.
I ripetuti scontri verbali estivi sono sbocciati in settembre in un confronto tra industria e sindacati apparso più costruttivo. Furlan, sempre alla ricerca della via del negoziato, è stata pronta a evidenziare il cambiamento di tono: “Un buon primo incontro, ricco di spunti. Fatto rilevante è la conferma da parte di Confindustria del Patto per la fabbrica, fatto assolutamente importante perché in quel patto avevamo individuato indicazioni molto precise sul rinnovo dei contratti”. “Questa deve essere la stagione dei rinnovi contrattuali”, ha concluso.
Alcune notizie positive sul versante del rapporto con le imprese a quel punto sono arrivate dalla firma del contratto della gomma plastica e dalla ripresa del confronto per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, anche se la trattativa ha faticato a trovare la sua strada e sono partiti gli scioperi. Finalmente è giunta a conclusione anche l’intricata e, in un anno di emergenza sanitaria, assurda vicenda del rinnovo del contratto della sanità, atteso da ben 14 anni. Eroi sì, ma senza diritti.
Altra situazione critica quella del contratto dell’alimentare, con divisioni all’interno delle imprese che hanno impedito l’applicazione dell’accordo già raggiunto, con scioperi mirati contro le aziende che hanno rifiutato l’intesa. Contemporaneamente si è scioperato anche per il contratto del legno-arredo.
Nel frattempo, però, Bonomi, dopo l’esito delle elezioni regionali e constatato che il governo è destinato a durare, ha fatto un altro passo avanti, proponendo un Patto per l’Italia tra governo e parti sociali. Un’idea non molto distante da quella sostenuta da tempo dalla Cisl.
“La cosa importante che ha detto il presidente di Confindustria – ha riconosciuto immediatamente la Furlan - è questo appello al governo perché faccia un patto vero per lo sviluppo e il lavoro, come chiesto un anno fa anche da Cisl, Cgil e Uil al presidente del consiglio Giuseppe Conte”.
Quella del rapporto con il governo è stata una questione cruciale delle relazioni tra le parti nel cupo 2020. Il 2019 si era chiuso con una spinta verso la ripresa della concertazione e una riflessione sulle modalità di un rapporto triangolare. La Cisl, com’è nella sua storia, mentre il tema riemergeva, ha sentito la necessità di ribadire che la confederazione non giudica gli esecutivi dal loro colore, ma dai fatti. “La concertazione si fa tra soggetti liberi e autonomi, è una cosa seria – spiegava la segretaria generale – non può essere fatta di sorrisi e buone maniere”. Una affermazione rivolta forse più al leader della Cgil Maurizio Landini, mostratosi agli occhi della Furlan troppo precipitoso nella ricerca di un nuovo approccio con il governo giallorosso, che non al governo stesso. I temi all’ordine del giorno erano quelli soliti, che caratterizzano l’azione sindacale ormai da anni: rivalutazione delle pensioni, investimenti per l’innovazione e l’occupazione, sblocco dei cantieri, assunzioni e rinnovo dei contratti nel pubblico impiego.
In quel momento sindacato e governo procedevano secondo canoni tradizionali, certi che nella versione definitiva della manovra per il 2020 si sarebbero trovate le risorse necessarie per rispondere almeno in parte alle richieste dei rappresentanti dei lavoratori.
A fine gennaio si è aperto anche il cantiere per la revisione di quota 100, per evitare lo scalone a fine 2021 con il ritorno alla Fornero senza ulteriori interventi. Mentre si fissano programmi e scadenze per il complesso confronto, la Cisl formula le sue proposte per una riforma che preveda una flessibilità in uscita a partire da 62 anni, rimarcando anche che 41 anni di contributi devono essere sufficienti per potere accedere a una pensione anticipata senza vincolo di età. La Cisl ha proposto inoltre una pensione di garanzia per i giovani che entrano tardi nel mercato del lavoro o sperimentano forme di lavoro precario.
Ma il confronto potrà fare poca strada. Di lì a qualche settimana, infatti, l’Italia precipiterà nell’emergenza sanitaria. Nessuno in quel momento può immaginare cosa attende il Paese.
Prima che esploda la pandemia, c’è il tempo per il cambio del vertice dei pensionati Cisl. Dopo dieci anni, Gigi Bonfanti viene sostituito da Piero Ragazzini, fino a quel momento segretario confederale. Passaggio importante per le dinamiche interne all’organizzazione, perché apre spazi per nuovi ingressi nel gruppo dirigente nazionale e prepara il cammino della stagione congressuale del 2021, che potrebbe portare al cambio della segreteria generale, anche se il mandato di Annamaria Furlan si esaurirà solo nel 2022.
Al congresso la Cisl si presenterà forte dei suoi oltre quattro milioni di iscritti, di nuovo in crescita. Con una rapidità inusuale, già a inizio febbraio la confederazione aveva illustrato i risultati del tesseramento 2019, che si è chiuso con 4.079.490 iscritti, lo 0,71% in più rispetto all’anno precedente, pari a 28.810 nuovi associati. “I dati del tesseramento dimostrano una buona tenuta della nostra organizzazione in tutti i settori produttivi del paese – commentano da Via Po -, testimoniata da una crescita importante tra gli attivi, anche atipici, nonostante il perdurare della crisi economica ed occupazionale che investe il Paese”. I lavoratori attivi iscritti alla Cisl rappresentano il 58,34% complessivo dei tesserati, il 44,88% sono donne e il 15,61% sono stranieri. Si registra una crescita significativa nel settore del terziario, nei trasporti, nel commercio e nel pubblico impiego, mentre c’è una contenuta diminuzione di iscritti nei settori del credito, dell’edilizia e dell’industria, a conferma delle difficoltà produttive ed infrastrutturali che il Paese sta vivendo. Anche i pensionati nel 2019 mostrano un leggero calo. Risultati simili sembrano essere confermati anche per il 2020.
Mentre il virus inizia a mordere, ancora non c’è consapevolezza della gravità della situazione e la segretaria della Cisl invita a preoccuparsi sì del tema della sicurezza, ma senza dimenticare la questione del lavoro. “Stessa attenzione per la salute e per l’economia”. Da lì a pochi giorni la preoccupazione resterà una sola: la sicurezza. “Lavoratori, salute al primo posto”.
Con governo e imprenditori si cercano le strade migliori per assicurare le produzioni indispensabili, che non si possono fermare, e per ripartire al più presto in sicurezza dopo il lockdown. Si lavora a un documento comune tra governo e parti sociali che definisca con chiarezza tutto quello che imprese e stato dovranno fare per tutelare la salute dei lavoratori. Allo stesso tempo ci si preoccupa di assicurare un’ampia protezione del reddito a tutti, anche per coloro che sono sprovvisti degli strumenti ordinari, attraverso la cassa integrazione in deroga. L’intesa raggiunta è apprezzata dalla Cisl: “Non è stata una passeggiata – il commento della Furlan -, ma alla fine è prevalso un senso comune di responsabilità e di positiva unità”.
Nei luoghi di lavoro, però, la situazione rimane complicata. Troppe le attività non essenziali che rimangono aperte. Molte le reticenze delle aziende a bloccare le produzioni. In diverse fabbriche si sciopera. La leader della Cisl lancia con forza il suo appello: “Io sindacalista oggi dico al governo: chiudete le aziende – e minaccia -. Sciopero generale se non si arriverà a una soluzione”.
In Lombardia si fermano per otto ore i metalmeccanici, ma ancora una volta il leader della Fim Marco Bentivogli fa sentire la sua voce in dissenso rispetto alla linea confederale: “No allo sciopero generale, ma caso per caso, perché si fermi ciò che non è essenziale e non sicuro”. L’accusa nei confronti degli industriali, però, è pesante: “In molte imprese i lavoratori si sono sentiti dire ‘zitti e lavorate’ con un cinismo padronale che pensavamo scomparso da tempo”.
Mentre la crisi generata dal blocco inizia a presentare il conto, con un enorme ricorso agli ammortizzatori sociali e la perdita di posti di lavoro, in Confindustria inizia l’era Bonomi e in casa Cisl si celebrano i 70 anni di vita del sindacato. La confederazione è nata infatti il 30 aprile del ‘50 al cinema Adriano di Roma. Alla testa del sindacato nuovo c’era Giulio Pastore, che lo guiderà fino al 1958. Concezione fondante della Cisl è l’autonomia: dallo Stato e dai partiti, dalle imprese, nell’ordinamento giuridico, culturale. Così ha ricordato l’importante ricorrenza la Furlan nella lettera inviata agli iscritti: “La Cisl ha contribuito a costruire l'Italia democratica, rifiutando la demagogia, l’antagonismo sterile ed il populismo ma cercando sempre di coniugare gli interessi dei lavoratori con quelli generali del Paese. Ed oggi possiamo dirlo senza alcuna enfasi: la Cisl ha vinto questa sfida, delineando in questi settanta anni di storia un rapporto nuovo tra Stato e sindacato, una ‘collaborazione’ virtuosa che per Giulio Pastore doveva svolgersi in piena autonomia dalla politica e dai partiti. Autonomia di scelte, di iniziativa e di programmazione per la soluzione dei problemi economici e sociali”.
Un anniversario celebrato senza enfasi, alla vigilia di un 1° Maggio che per la prima volta nell’Italia democratica si è festeggiato senza cortei né manifestazioni di piazza.
Superati i momenti più difficili e tolto il blocco generalizzato del Paese, c’è la consapevolezza di dover ripartire, altrimenti le conseguenze saranno ancor più pesanti per imprese e lavoro. Per la fase due la Cisl torna a insistere sulla necessità di dare vita a un grande patto sociale. Al governo chiede un accordo di concertazione per ridisegnare l’economia a cominciare dal Mezzogiorno, lo sblocco delle infrastrutture, il riassetto del territorio, l’innovazione. A Confindustria propone una sfida per cambiare insieme le regole del lavoro, per rendere le imprese più sicure, più innovative, attraverso relazioni industriali più moderne e più partecipative.
Nel mezzo di questo confronto, a metà giugno Marco Bentivogli si dimette da segretario generale dei metalmeccanici. “Non pensate a nessun rammarico e a nessuna dietrologia, ho sempre detto che bisogna fare più esperienze possibili per continuare a dare il senso alla propria esistenza, ho appena compiuto 50 anni e dopo 25 anni di Fim penso sia giusto cambiare reparto nel proprio impegno”. Non vuole alimentare polemiche Bentivogli, ma resta il fatto che ogni strada verso la segreteria confederale gli era stata sbarrata e così uno dei più brillanti sindacalisti di questi ultimi anni decide di lasciare. Di lui si ricordano in particolare l’accordo con la Fiat di Sergio Marchione e il duro scontro con la Fiom di Maurizio Landini. Lo sostituirà poche settimane dopo Roberto Benaglia, sindacalista lombardo, preparato, esperto di contrattazione e mercato del lavoro, che assicura una guida unitaria alla importante categoria dei metalmeccanici.
Nuovo ingresso anche nella segreteria confederale con l’arrivo di Daniela Fumarola, tarantina, che ha guidato la segreteria regionale della Cisl Puglia dal 2016, con alle spalle una esperienza iniziata nel 1987 nel sindacato dei braccianti agricoli.
L’estate sembra cancellare le difficoltà dei mesi precedenti. Spiagge e montagne sono affollate di vacanzieri, ma i problemi sono ancora tutti lì e si ripresentano a settembre. A cominciare dalla scuola che, ripartita a fatica dopo un lungo periodo di aule deserte, ha visto la ministra in costante conflitto con le organizzazioni sindacali che, in particolare per quanto riguarda la questione delle cattedre scoperte, considerano la sua gestione totalmente inadeguata in un momento di tale difficoltà. Per la Cisl la polemica su precari e cattedre vuote “si poteva evitare”, “c'era il modo ma non lo hanno voluto accettare”. Anche sulla sicurezza “si poteva tenere conto dei suggerimenti dei sindacati, ma la ministra ha voluto fare tutto da sola e ora tutti i nodi vengono al pettine”.
Le questioni aperte con il governo sono molte, ma fattore cruciale rimane certamente quello del lavoro. La Cisl ha apprezzato che l’esecutivo abbia prorogato il blocco dei licenziamenti fino a fine anno, ma i numeri mostrano una continua erosione dell’occupazione, in particolare quella delle donne e dei giovani, impegnati soprattutto nei settori del terziario e dei servizi, quelli più colpiti dalla crisi. Al governo il sindacato chiede anche di riportare il lavoro agile nel solco della contrattazione: “Va definito con chiarezza il quadro e il contesto normativo, introdotta la contrattazione collettiva oltre agli accordi individuali per difendere i diritti, rilanciare la protezione sociale e accrescere la produttività del sistema”. Per questo servono adeguati investimenti. Fondamentale dunque affrontare il tema dell’utilizzo delle ingenti risorse che l’Unione Europea ha messo a disposizione del nostro Paese, che devono essere spese in investimenti, infrastrutture, innovazione.
“Non si deve sprecare nemmeno un euro delle risorse arrivate dall’Europa – insiste la leader cislina -, tutti i 209 miliardi devono essere ben spesi, perché il Paese torni a crescere e con esso anche il lavoro. Quei miliardi non devono diventare debito aggiuntivo fine a se stesso, perché non dobbiamo lasciare in eredità ai nostri giovani solo il debito pubblico ma un paese produttivo”. “La vera emergenza è oggi la crisi economica e le scelte del governo per superarla. Ecco perché – conclude la segretaria Cisl – ci aspettiamo l’apertura di un confronto vero a Palazzo Chigi con il Presidente del consiglio sulle priorità e sui progetti su cui destinare le ingenti risorse del Recovery Fund, utilizzando senza indugi, per rafforzare la sanità pubblica, anche le risorse europee del Mes”.
Mentre ci si avvia verso un inverno carico di incognite, con il virus che si diffonde su tutto il territorio nazionale con numeri in crescita, la segretaria della Cisl richiama ancora una volta ad una responsabilità diffusa e condivisa: “La pandemia ha insegnato tante cose. Non disperdiamo in breve tempo la memoria di quello che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo”.