lunedì 18 ottobre 2021

Cinema e lavoro ieri e oggi

Labour Film Festival
Rocca, Pro Civitate Christiana, Assisi (Pg), n. 20 15 ottobre 2021


“Il lavoro? Lo trovi al cinema!”. Un mese di film, documentari, corti d’autore interamente dedicati al tema del lavoro. Una rara opportunità per assistere alla più ricca visione proposta in Italia di materiali video capaci di suscitare forti emozioni e stimolare la riflessione. Una modalità innovativa per fare cultura sui temi sociali, ambientali e del lavoro attraverso l’uso del cinema. Un appuntamento che si ripete ogni anno con successo. E’ il Labour Film Festival, una iniziativa di Acli e Cisl Lombardia con il Cinema Rondinella di Sesto San Giovanni, una sala con una programmazione di qualità.

Il festival si svolge nella ex Stalingrado d’Italia, città delle fabbriche ormai decaduta, ma dove la cultura del lavoro è ancora forte e diffusa. Nato nel 2005 da un’idea del circolo Acli cittadino, quest’anno ha festeggiato il diciassettesimo compleanno. Un risultato che quei giorni pochi avrebbero immaginato.

Diciassette edizioni di una rassegna dedicata al cinema che racconta il lavoro inizia ad essere un traguardo significativo. Con l’ingresso nel 2010 delle Acli e della Cisl lombarde il festival ha acquistato una dimensione nazionale e oggi si qualifica come la più significativa esperienza italiana di questo genere.

La manifestazione è andata via via crescendo col passare degli anni e il maturare dell’esperienza. In occasione della VII edizione il festival si è arricchito di nuove proposte, affiancando documentari e corti alla proiezione di film, presentati rispettivamente nelle sezioni Labour doc, Labour short e Labour film. Passando dalle iniziali tre serate di proiezione a dieci, fino alle attuali diciannove.

Partecipazione di registi, critici, autori e professionisti dei diversi mestieri del cinema, convegni, reading teatrali, concerti e degustazioni abbinate ai soggetti dei film completano e arricchiscono l’offerta.

Il Labour è nato per valorizzare gli autori più attenti alle questioni sociali e per far riflettere sui problemi del lavoro attraverso il cinema. Promuovendo la visione di prodotti d’autore, pellicole di richiamo, ma anche di opere, in particolare documentari che, seppure di ottima qualità, faticano a trovare spazi e occasioni per proporsi al grande pubblico. I film sul grande schermo sono un mezzo capace di richiamare l’attenzione e di raggiungere con la forza e la suggestione delle immagini anche un pubblico poco incline a confrontarsi con questioni complesse.

Il rapporto tra cinema e lavoro non è mai stato particolarmente felice. Parlare di lavoro di questi tempi, poi, è ancora più complicato. Assai più ardua l’impresa quando si tratta di farlo sul grande schermo. Narrando storie, comunicando visioni, immaginando trame che aiutino a penetrare la complessità dell’oggi, la stratificazione e la scomposizione dei mestieri e delle professioni, le difficoltà ma anche le opportunità offerte dal mercato globale. Certamente era più semplice raccontare il lavoro nell’età industriale, quando le relazioni tra proletariato e capitale erano ben definite e ideologicamente collocabili. Basti ricordare, ad esempio, pellicole ormai classiche come i capolavori “Metropolis” di Fritz Lang, “Sciopero” di Sergej Ejzenstejn o “Tempi moderni” di Charlie Chaplin.

Ora lo scenario è profondamente mutato. Il lavoro tradizionale è diventato invisibile. I processi produttivi si sono scomposti e la classe operaia frantumata.

Così anche il cinema ha registrato la marginalizzazione del lavoro nella società, cancellandolo dalle sceneggiature. L’esperienza di questi anni ha insegnato che, nonostante la crescente disoccupazione e le molte crisi aziendali, il tema del lavoro sembra interessare sempre meno il mondo della fiction.

La lunga crisi da cui forse iniziamo ad uscire solo ora, i profondi processi di cambiamento del mondo del lavoro, le difficoltà delle organizzazioni di rappresentanza non paiono essere state sufficienti a stimolare progetti artistici di particolare valore. Senza volere generalizzare – cito solo le molte pellicole di Ken Loach - occorre dire che i titoli significativi sono purtroppo scarsi.

Il cinema rimane però uno strumento privilegiato per interpretare i mutamenti sociali e lo sguardo dei registi che si pongono dietro una macchina da presa spesso sa andare più in profondità di quanto altri media non riescano a fare. Per questo il connubio tra cinema e lavoro è importante, deve essere valorizzato e può aiutarci a riflettere sul rapporto tra impresa, lavoro, innovazione, società.

Il Labour è parte di una rete internazionale di festival dedicati a cinema e lavoro, dove più numerose sono le iniziative del mondo anglosassone. La rassegna sestese è patrocinata dal Servizio per la pastorale sociale e il lavoro della Diocesi di Milano e da Europa Cinemas, il primo network di sale cinematografiche europee.