Testimonianza (bozza) raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Affettato misto. La storia di Giorgio, operaio e sindacalista alla Vismara”, di Costantino Corbari, BiblioLavoro, Sesto San Giovanni (Mi), 2008
Sono entrato in
Vismara il 2 settembre 1946. Avevo studiato e sono stato assunto come
impiegato. Non so perché, ma sono passato attraverso il ragionier Isacchi, il
capo del personale, andando a casa sua per chiedergli di essere assunto. Era il
genero di Piero Scaletta, che era pretore a Lecco. Era un antifascista. Lui
durante la Resistenza, con il supporto di Vismara, aiutava i partigiani.
Ugo Zino,
segretario dei partigiani cristiani, racconta che nonostante la presenza in
fabbrica di un piccolo presidio di tre tedeschi, Vismara ha ricevuto in azienda
Mattei e alla Vismara c’era un gruppo di dipendenti, armati, legati alla
resistenza che avevano l’impegno di difendere l’azienda, facevano parte delle
brigate partigiane “con il fazzoletto
azzurro“, ed erano collegati al figlio minore Uberto Vismara.
Il dott. Pessina il 23 aprile era già in piazza, figlio del farmacista di Villa Daverio, insieme all’Uberto Vismara aveva organizzato la difesa dello stabilimento.
Anch’io faceva parte di un gruppo partigiano armato che si riuniva in casa di don Giuseppe Parenti, coadiutore dell’oratorio San Giorgio negli anni della guerra, anche se non capivo bene cosa significasse.
Sono stato
assunto all’ufficio personale. Ero molto contento di quel posto, avevo un
contatto continuo con i dipendenti. Eravamo in sei o sette, ma i lavoratori
venivano tutti da me quando c’era qualche errore in busta paga, oppure dovevano
chiedere gli assegni familiari o i congedi quando si sposavano. Moltissimi, che
nel periodo in cui sono rimasto in azienda, fino a tutti gli anni ’70, sono
arrivati ad essere 2.500, compresa la Vister, li conosco ancora il loro numero
di registrazione. Ancora oggi, quando trovo qualcuno, gli dico “tu eri il
numero ….”. Mi piaceva moltissimo il rapporto con la gente.
Mi sono iscritto
subito al sindacato. Nel 1949 facevo già parte del direttivo. Era molto
difficile fare sindacato allora. Vismara ha sempre usato un sistema
paternalistico. Io mi trovavo in una situazione più difficile rispetto ai
comunisti. Essendo cattolico, democristiano come Vismara, per me è stato
difficile. La carriera non mi interessava, però ho dovuto lasciare l’ufficio
personale perché la mia posizione di sindacalista era incompatibile con quel
lavoro. Ho lavorato 40 anni in azienda, dal ’46 all’86.
Gli operai erano
specializzati ed erano bravissimi nel loro lavoro perché facevano solo quello.
C’erano diversi
reparti dove le condizioni di lavoro erano difficili sia per il freddo, sia per
l’umidità, sia per il caldo. Allora attraverso l’iniziativa sindacale è stata
introdotta l’indennità di disagio mentre non è passata la tesi di lavorare
meno. E’ stata comunque una conquista perché prima non c’era niente. Alla
Vismara ci sono stati scioperi duri.
Nei primi tempi
della Vister, nel ’48, ’49 si pensava di applicare in quello stabilimento il
contratto dei chimici perché offriva condizioni migliori, ma si finì per fare
un contratto aziendale unico.
Per il settore
agroalimentare c’era un contratto unico, noi abbiamo sostenuto che era meglio
dividerlo. Perché si potevano ottenere risultati migliori sfruttando la
stagionalità di molti prodotti e quindi la possibilità di essere più forti nei
momenti in cui maggiore erano le richieste del mercato. In base a questa
impostazione abbiamo fatto i contratti e la nostra richiesta è stata accolta. I
contratti venivano rinnovati ogni due anni. Sul finire degli anni Sessanta, in
due tornate contrattuali si fece il percorso inverso passando da 17 contratti
di settore, prima a tre raggruppamenti e poi al contratto unico degli
alimentaristi.
Il contratto
nazionale del settore alimentare si faceva alla Vismara, poi veniva
ufficializzato a Roma. Negli anni ’50 ero a Roma per discutere di un rinnovo
contrattuale, ma non si riusciva a trovare l’intesa. Così il sottoscritto,
insieme a Francesco Vismara, Panzeri e Bianchi, segretario nazionale della
Fulpia, ci siamo trovati al ristante “Il Griso” a mangiare e poi abbiamo
discusso fino alle tre di notte e abbiamo fatto il contratto. Poi siamo andati
a Roma e Ettore Calvi, che allora era sottosegretario al lavoro, si è
arrabbiato moltissimo perché il contratto era già stato fatto senza la sua
mediazione.
In Vismara,
mentre gli altri faticavano per raccogliere i bollini mensili di iscrizioni al
sindacato, noi abbiamo ottenuto che si facesse la trattenuta direttamente in
busta paga. Cosa che poi venne generalizzata a tutto il mondo del lavoro. Per
questo siamo stati criticati moltissimo dalla Cisl di Lecco, perché in
particolare i metalmeccanici non erano d’accordo. Però noi con quel sistema, e
con i nostri 1.300 iscritti e più, siamo stati in grado di finanziare la Cisl
di Lecco e anche il sindacato Fulpia nazionale.
Paternalismo
voleva dire che Vincenzo Vismara faceva moltissimo per gli altri. Se una
persona aveva bisogno di un’automobile per andare a trovare un ammalato o
un’altra necessità, lui metteva a disposizione gratuitamente l’auto aziendale
con l’autista. Tra le cose più significative che ha fatto c’era l’assunzione di
persone con problemi fisici o psichici anche se non era obbligato, perché per
lui era una grande opera sociale.
Il suo rapporto
con il paese è sempre stato molto stretto. Luigi Vismara è stato vicesindaco.
Numerose le iniziative a favore di Casatenovo. Dopo la guerra, ad esempio,
siccome non c’era l’acqua potabile ci ha pensato lui a farla arrivare
dall’azienda. Ha finanziato la costruzione dell’asilo. Ha sostenuto moltissime
opere sociali di tutti i tipi.
Io, però, sono
sempre stato profondamente contrario a queste cose, perché avevo letto su
Aggiornamenti Sociali un articolo che diceva che il paternalismo poteva essere
una cosa buona per chi lo attua, ma non per chi lo subisce. Sono stato
assessore provinciale della Dc, segretario della Cisl di Lecco, ma non ho mai
raccomandato nessuno perché credevo che non era giusto privilegiare qualcuno,
perché questo toglieva un diritto ad altri.
In azienda il
metodo della raccomandazione era molto forte e utilizzato da qualcuno della mia
parte, ma io non lo condividevo. Questo metodo influiva anche sull’azione
sindacale. Veniva applicato anche nelle decisioni di aumentare la paga a
qualcuno.
I Vismara erano
cattolici convinti. Vincenzo ha dato soldi e sostegno a numerosi ordini
religiosi. Don Carlo Vismara, rettore del collegio di Desio, fratello di Luigi
e Vincenzo, ha ristrutturato l’intero collegio a spese della Vismara. Per anni,
7 o 8 muratori a libro paga della Vismara andavano a lavorare al collegio.
Lui ha aiutato
tutti, la chiesa innanzitutto, ma anche altri. Ha finanziato la costruzione
dell’asilo, è intervenuto nell’acquisto della casa di riposo Monzino.
Per la
costruzione delle chiese nelle nuove parrocchie a Valaperta e Rogoredo i
lavoratori che volevano versavano una giornata al mese e Vismara raddoppiava
quei soldi. In questo modo ha contribuito con cifre notevoli.
Tutte le
domeniche per molti anni Vincenzo Vismara a tutti coloro che si presentavano
davanti al cancello della fabbrica distribuiva un sacchetto con dentro un
salamino, dei ritagli e altro da mangiare. Arrivavano da tutte le parti, non
meno di duecento, trecento persone tutte le domeniche. Lo distribuiva
personalmente dopo la messa, davanti al suo stabilimento. A volte distribuiva
anche dei soldi. Normalmente era gente che veniva da fuori, anche perché tutti
quelli di Casatenovo erano stati assunti in azienda.
Indubbiamente
questo paternalismo portava a far si che in fabbrica chi era dichiaratamente
comunista non venisse assunto, anche se in azienda ce n’erano e col tempo la
loro presenza è andata crescendo. Anche se occorre considerare che tutti i 70,
80 comuni della zona erano tutti amministrati dalla Dc e quindi la presenza dei
comunisti era decisamente scarsa.
Colonie marine e
montane. In un primo tempo erano organizzate dalle Acli.
Esercizi
spirituali. Molti lavoratori ci andavano e l’azienda pagava la giornata come
fossero al lavoro. Io non sono mai andato. Duravano tre giorni. C’era il
trasporto organizzato dall’azienda.
Centro culturale
brianteo. Riuscivano a fare le prove qui di spettacoli importanti. Io non sono
mai andato. Anche questo faceva parte del paternalismo. Durante un contratto,
una serata i lavoratori inscenarono una manifestazione prima dello spettacolo e
quindi l’iniziativa venne poi sospesa.
Il villaggio
Vismara è stato costruito dall’azienda per i suoi dipendenti più bisognosi nei
primi anni Cinquanta. 50 famiglie che pagavano un affitto molto modesto. Ora le
hanno vendute a coloro che le abitavano. Il merito indiretto è di mons. Ettore
Pozzoni, che era il parroco di Casatenovo dal 1945 al 1955, che ha fatto
moltissimo come suggeritore. Il territorio era quasi tutto contadino e gli
operai abitavano nelle cascine della Brianza e c’era bisogno di case. Non è
piano Fanfani. Per il piano Fanfani vennero costruite 16 appartamenti, non
tutti della Vismara, ma anche di altre aziende.
Reparto donne.
La “madona” aveva sposato un dipendente Vismara che veniva chiamato “ul
madona”. Poi è rimasta vedova ed ha eredito il posto di lavoro e anche il
soprannome dal marito. Si chiamava Elisa Gagliani. Io andavo spesso in quel
reparto e le donne non alzavano neppure la testa dal loro posto di lavoro.
Forse semplicemente perché ero un uomo. Non so. Era molto severa con le donne.
Mentre lavoravano tutti i pomeriggi recitavano il rosario. Nessuno
chiacchierava in quel reparto. Non per esigenze produttive. Questo si faceva
anche nel reparto salami dove a guidarlo c’era il cavalier Corbetta.
Questo clima si
respirava in tutto lo stabilimento. L’ambiente era molto chiuso. Il signor
Vincenzo era molto religioso, andava tutti i giorni a messa. Il signor Luigi
era più liberale e lei andava più d’accodo con Vincenzo.
La “madona” alla
Vismara era un’istituzione. Per i suoi modi era criticata, ma quando si è
ammalata c’era la fila delle donne che andavano a trovarla.
Anche alla
Vister, probabilmente adottando lo steso modello, c’era un reparto simile di
donne addette al confezionamento, guidato dalla Maria Brambilla.
Perlasca,
veterinario di Como, parente del famoso Perlasca. Poi è diventato dipendente
dell’azienda non facendo più il veterinario. Lui è quello che ha messo in piedi
la produzione dei wurstel che Vismara non aveva.
Quatela, una
persona capace. Con lui è cambiato il rapporto con il personale. Il sig.
Vincenzo è morto e amministratore delegato è diventato il figlio Francesco che
aveva una visione più moderna della gestione dell’azienda.
Citterio Carlo,
di Montesiro, era direttore dello stabilimento. Era un lavoratore instancabile
e diceva agli operai che la domenica sera dovevano andare a casa presto perché
l’indomani avrebbero dovuto andare a lavorare. Comprava i maiali. Si
macellavano mille maiali al giorno per cinque giorni alla settimana.
Nell’ultima fase erano 1.200 su tre giorni.
Anche la
gestione degli straordinari è cambiata. Prima succedeva che a chi entrava prima
delle 7 veniva dato un pacchetto di misto di un etto, chi stava in reparto fino
alle 12 e mezzo riceveva un altro pacchetto di misto, chi rimaneva fino a dopo
le 7 di sera un altro pacchetto ancora. A volte glielo portavano in ufficio,
altre lo trovava all’uscita. Ma il pacchetto veniva consegnato ogni giorno.
C’erano delle persone addette a questo che li preparavano e li distribuivano.
Era tutta roba buona. Ogni giorno. Mia moglie, che era impiegata in Vismara,
con il pacchetto contrattuale e quelli che riceveva perché lavorava al sabato o
anche la domenica mattina dava da mangiare a tutta la sua famiglia. E’ stata
una manna per loro.
Bisogna
ricordare che fino alla guerra i contadini non avevano la stufa per scaldarsi,
la zona era molto povera. Vismara ha cambiato la zona, ha creato sviluppo.
Anche se si è trattato di una monocultura e non hanno potuto svilupparsi altre
attività perché lui ha assorbito tutta la manodopera.
Occorre anche
ricordare che un pacchetto veniva dato anche a chi non scioperava. Costoro
ricevevano anche un chilo di burro.
A volte questo
modo paternalistico di gestire il rapporto con il personale generava anche
reazioni forti, come quando un operaio che riteneva di avere diritto al premio
se lo vide rifiutare mente i suoi compagni lo ricevettero. Ma il sig. Vincenzo
riteneva giusto premiare i lavoratori che secondo lui lo meritavano, erano più
disponibili, in qualche modo premiava il merito, ma a sua totale discrezione.
Lui andava alla
cassa a ritirare pacchi di 500 lire, poi passava nei reparti a distribuirli
secondo il suo personale criterio. Proprio per questo sia qualcuno in paese che
una parte degli stessi operai non riconoscono ai Vismara il valore di ciò che
hanno fatto di buono. Visto globalmente hanno fatto cose buone, ma poi hanno
usato criteri molto personali, aiutando coloro che avevano bisogno, ma dal loro
punto di vista. Dicendo di no ad altri che comunque avevano bisogno.
Tutto questo è
finito con la vendita dell’azienda.
Il Vismara
Vincenzo era alpino e insieme all’Associazione alpini di Casatenovo hanno fatto
costruire una grande statua della Madonna, finanziata da lui, che è stata
esposta per alcuni giorni sul piazzale della Chiesa e poi trasportata all’Alpe
Motta.