Trascrizione testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Lo sciopero di Giacomo. Un secolo di solidarietà operaia a Lecco e nel suo territorio”, di Costantino Corbari, Periplo Edizioni, Lecco, 1995
Nato a Casatenovo il 19 agosto
del 1927 e li residente. Sono entrato in Vismara il 2 settembre del 1946 e mi
sono iscritto subito al sindacato. Sono stato assunto come impiegato
nell'ufficio personale. Nel 1955 ho dovuto lasciare l'ufficio personale per
incompatibilità con l'attività sindacale e sono stato trasferito alla Vister,
Vismara terapeutici. Dopo 40 anni di Vismara sono andato in pensione a fine
1985.
Quelli più anziani di me
raccontavano dei raggi che esistevano durante la guerra, ma quando io sono
entrato non c'erano più. Il sindacato era già una presenza strutturata.
All'inizio la maggioranza era comunista, poi i rapporti si sono completamente
modificati e la corrente cristiana aveva una grande maggioranza nella
commissione interna. Nella seconda metà degli anni cinquanta in commissione
interna eravamo 7 della Cisl e 2 della Cgil.
Nel 1948, in occasione
dell'attentato a Togliatti, c'è stato uno sciopero abbastanza violento e poi
siamo arrivati alla rottura dell'unità sindacale.
La prima settimana di settembre
del '48 sono capitato in ferie nella casa delle Acli in Val Formazza. Proprio
in quei giorni sono arrivati li i leader della corrente sindacale cristiana di
Milano: Morelli, Barai, Erasmo Peracchi, Vittorino
Colombo.
Dopo la rottura ho partecipato al
primo congresso di fondazione del sindacato del settore alimentare della libera
Cgil, alla fine del '48, e sono entrato subito nell'esecutivo nazionale della
federazione degli alimentaristi, anche se avevo solo 21 anni. Eravamo circa 200
delegati.
Le ri-unioni sindacali le
facevamo la sera oppure al sabato pomeriggio, perché al mattino si lavorava, e
quando si andava a discutere del contratto nazionale di lavoro si andava
utilizzando giorni di ferie, perché fino al '70, con la legge 300, non c'erano
permessi sindacali. La Vismara ha sempre rispettato i sindacalisti, anche se un
paio di volte sono stato minacciato di licenziamento perché facevo attività
sindacale.
Alla Vismara la trattenuta
sindacale veniva fatta direttamente dall'azienda, mentre per le altre categorie
esistevano i collettori nelle aziende. I collettori della Cisl ci accusavano di
essere succubi del padrone per questo sistema che avevamo, adesso invece si
litiga per il contrario. Poi un poco alla volta anche le altre categorie hanno
adottato lo stesso criterio.
La scissione era già nell'aria
prima del 14 luglio 1948, il primo maggio di quell'anno la corrente cristiana
non aveva partecipato alle manifestazioni. Anche tra noi lavoratori c'era già
una divisione netta. Con la scissione c'è stato uno scontro notevole tra gli
operai. Tra gli impiegati questo invece non si è sentito perché erano
pochissimi gli iscritti al sindacato. Gli operai erano in gran parte iscritti
al sindacato. La corrente cristiana era sempre accusata di essere succube del
padrone. Comunque erano i fatti nazionali, dopo le elezioni del 18 aprile, che
si riversavano in fabbrica, più che i contrasti legati a particolari situazioni
aziendali.
Ho fatto parte di commissioni
sindacali della Cisl lecchese che avevano il compito di individuare il modo di
fare economia al massimo e in alcuni momenti siamo arrivati a decidere di non
pagare i contributi ai sindacalisti a tempo pieno perché non c'erano soldi.
La Vismara è sempre stata
un'azienda malsana. Quando ero all'ufficio personale si fece un licenziamento,
solo formale, di tutti i dipendenti e ho visto che quelli con sessant'anni
erano pochissimi, perché il freddo, il caldo, l'umidità regnavano sovrani.
Tant'è vero che uno dei primi problemi che abbiamo sollevato è stato quello
dell'indennità di disagio. Andare in cella a 18 gradi sotto zero, oppure
lavorare sempre a 1 grado sotto zero, stare tutta la giornata nell'umidità, il
caldo dei maiali, il vapore nel macello. Praticamente morivano tutti prima di
arrivare a sessant'anni. Forse questa è una frase un po’ forte, ma questa è la
verità, pochissimi riuscivano ad andare in pensione. Dopo, invece, la
situazione è stata migliorata tantissimo.
Alla Vismara si facevano tanti
straordinari. Non solo venivano sempre pagati, ma chi entrava alle sette del
mattino riceveva un etto di misto, chi stava li dopo le dodici e mezzo, un
altro pacchetto di misto, chi si fermava alla sera dopo le sette un altro
pacchetto di misto. A noi brianzoli, abituati a lavorare, prendere i soldi
andava bene. Nei primi anni cinquanta molti lavoratori della Vismara a
Casatenovo sono riusciti a farsi la casa con gli straordinari ed era difficile
parlare veramente di azione sindacale fino ad una certa data. I lavoratori
venivano dalla campagna e la cultura era contadina. Il paternalismo non ha però
mai impedito l'iscrizione al sindacato, l'azione sindacale, almeno fino al '63,
si. Vismara ha costruito case per gli operai, concesso prestiti. Vismara
mandava i lavoratori agli esercizi spirituali per tre giorni pagati. Io però mi
ribellavo e così non sono mai riuscito a passare di categoria come altri.
Vismara era una famiglia. Il
fondatore, era detto il "bacech", era padre dei due fratelli Vincenzo
e Luigi, con i loro figli. Francesco era il maggiore di Vincenzo. Quindici
figli in due.