giovedì 23 aprile 2020

GINO VILLA 1 - Vismara - Casatenovo (Lc)

Trascrizione testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Lo sciopero di Giacomo. Un secolo di solidarietà operaia a Lecco e nel suo territorio”, di Costantino Corbari, Periplo Edizioni, Lecco, 1995

Nato a Casatenovo il 19 agosto del 1927 e li residente. Sono entrato in Vismara il 2 settembre del 1946 e mi sono iscritto subito al sindacato. Sono stato assunto come impiegato nell'ufficio personale. Nel 1955 ho dovuto lasciare l'ufficio personale per incompatibilità con l'attività sindacale e sono stato trasferito alla Vister, Vismara terapeutici. Dopo 40 anni di Vismara sono andato in pensione a fine 1985.
Quelli più anziani di me raccontavano dei raggi che esistevano durante la guerra, ma quando io sono entrato non c'erano più. Il sindacato era già una presenza strutturata. All'inizio la maggioranza era comunista, poi i rapporti si sono completamente modificati e la corrente cristiana aveva una grande maggioranza nella commissione interna. Nella seconda metà degli anni cinquanta in commissione interna eravamo 7 della Cisl e 2 della Cgil.

Nel 1948, in occasione dell'attentato a Togliatti, c'è stato uno sciopero abbastanza violento e poi siamo arrivati alla rottura dell'unità sindacale.
La prima settimana di settembre del '48 sono capitato in ferie nella casa delle Acli in Val Formazza. Proprio in quei giorni sono arrivati li i leader della corrente sindacale cristiana di Milano: Morelli, Barai, Erasmo Peracchi, Vittorino Colombo.
Dopo la rottura ho partecipato al primo congresso di fondazione del sindacato del settore alimentare della libera Cgil, alla fine del '48, e sono entrato subito nell'esecutivo nazionale della federazione degli alimentaristi, anche se avevo solo 21 anni. Eravamo circa 200 delegati.
Le ri-unioni sindacali le facevamo la sera oppure al sabato pomeriggio, perché al mattino si lavorava, e quando si andava a discutere del contratto nazionale di lavoro si andava utilizzando giorni di ferie, perché fino al '70, con la legge 300, non c'erano permessi sindacali. La Vismara ha sempre rispettato i sindacalisti, anche se un paio di volte sono stato minacciato di licenziamento perché facevo attività sindacale.
Alla Vismara la trattenuta sindacale veniva fatta direttamente dall'azienda, mentre per le altre categorie esistevano i collettori nelle aziende. I collettori della Cisl ci accusavano di essere succubi del padrone per questo sistema che avevamo, adesso invece si litiga per il contrario. Poi un poco alla volta anche le altre categorie hanno adottato lo stesso criterio.
La scissione era già nell'aria prima del 14 luglio 1948, il primo maggio di quell'anno la corrente cristiana non aveva partecipato alle manifestazioni. Anche tra noi lavoratori c'era già una divisione netta. Con la scissione c'è stato uno scontro notevole tra gli operai. Tra gli impiegati questo invece non si è sentito perché erano pochissimi gli iscritti al sindacato. Gli operai erano in gran parte iscritti al sindacato. La corrente cristiana era sempre accusata di essere succube del padrone. Comunque erano i fatti nazionali, dopo le elezioni del 18 aprile, che si riversavano in fabbrica, più che i contrasti legati a particolari situazioni aziendali.
Ho fatto parte di commissioni sindacali della Cisl lecchese che avevano il compito di individuare il modo di fare economia al massimo e in alcuni momenti siamo arrivati a decidere di non pagare i contributi ai sindacalisti a tempo pieno perché non c'erano soldi.
La Vismara è sempre stata un'azienda malsana. Quando ero all'ufficio personale si fece un licenziamento, solo formale, di tutti i dipendenti e ho visto che quelli con sessant'anni erano pochissimi, perché il freddo, il caldo, l'umidità regnavano sovrani. Tant'è vero che uno dei primi problemi che abbiamo sollevato è stato quello dell'indennità di disagio. Andare in cella a 18 gradi sotto zero, oppure lavorare sempre a 1 grado sotto zero, stare tutta la giornata nell'umidità, il caldo dei maiali, il vapore nel macello. Praticamente morivano tutti prima di arrivare a sessant'anni. Forse questa è una frase un po’ forte, ma questa è la verità, pochissimi riuscivano ad andare in pensione. Dopo, invece, la situazione è stata migliorata tantissimo.
Alla Vismara si facevano tanti straordinari. Non solo venivano sempre pagati, ma chi entrava alle sette del mattino riceveva un etto di misto, chi stava li dopo le dodici e mezzo, un altro pacchetto di misto, chi si fermava alla sera dopo le sette un altro pacchetto di misto. A noi brianzoli, abituati a lavorare, prendere i soldi andava bene. Nei primi anni cinquanta molti lavoratori della Vismara a Casatenovo sono riusciti a farsi la casa con gli straordinari ed era difficile parlare veramente di azione sindacale fino ad una certa data. I lavoratori venivano dalla campagna e la cultura era contadina. Il paternalismo non ha però mai impedito l'iscrizione al sindacato, l'azione sindacale, almeno fino al '63, si. Vismara ha costruito case per gli operai, concesso prestiti. Vismara mandava i lavoratori agli esercizi spirituali per tre giorni pagati. Io però mi ribellavo e così non sono mai riuscito a passare di categoria come altri.
Vismara era una famiglia. Il fondatore, era detto il "bacech", era padre dei due fratelli Vincenzo e Luigi, con i loro figli. Francesco era il maggiore di Vincenzo. Quindici figli in due.