Sono nato il 29.11.37 e sono
entrato in Vismara nell'agosto del 1953, come operaio. Ho lavorato fino al
1992. Mi sono iscritto subito al sindacato, ma sono diventato un attivista alla
fine degli anni '60 con la costituzione dei consigli di fabbrica.
All'inizio, il leader della Cisl
in Vismara era Angelo Corbetta, aveva molto credito all'interno del paese, era
un po’ come un ufficio di collocamento alla Vismara. Chi cercava un lavoro si
rivolgeva a lui. Probabilmente anche questo ha contato nel fare iscritti alla
Cisl. E' stato quello che ha portato la Cisl ad alti livelli di tesseramento.
Questo è durato fino all'inizio degli anni '60. Poi, nel '63, è nata un po’ di
contestazione in azienda nei suoi confronti e ha dovuto lasciare la commissione
interna. La Cisl è cambiata e un modo vecchio di fare sindacato è stato
abbandonato. Così nel '63 sono stati fatti i primi scioperi veri per il rinnovo
del contratto. Prima Vismara diceva "voi non fate sciopero, tanto poi
quello che decidono a Roma io ve lo do". C'era un rapporto di questo tipo,
poi sono nate le prime contestazioni. Nel '67 c'è stata anche una divisione tra
i lavoratori. C'erano i dipendenti della Vister, l'industria farmaceutica della
Vismara - c'era una sola entrata anche se erano divisi, e questi lavoratori
avevano anche loro il contratto degli alimentaristi - che durante gli scioperi
per il rinnovo del contratto nazionale entravano a lavorare, mentre gli operai
in produzione, nel salumificio, facevano sciopero. Sono nati così dei dissapori
tra i lavoratori e in occasione dell'ultimo sciopero non è rimasta fuori
nemmeno tutta la commissione interna. Poi nel ‘69 ci si è ripresi, ma il
contratto con le lotte più dure è stato quello del '71. Da li in avanti la
Vismara ha sempre aderito in massa a tutti gli scioperi nazionali, non solo
quelli per il rinnovo del contratto.
Il contratto nazionale del '71 è
stato praticamente sulle spalle della Vismara, perché Francesco Vismara era il
presidente degli industriali alimentaristi. Quindi al tavolo delle trattative
c'era lui.
In quell'occasione furono fatte
171 ore di sciopero, con blocchi totali delle merci, con presidi giorni e
notte; scioperi articolati di un quarto d'ora, anche nella macellazione. Si
decideva prima quanti dovevano essere i suini macellati, in base alla
produzione che il consiglio di fabbrica decideva dovesse essere permessa.
Programmando tutto quanto.
I contratti integrativi alla
Vismara erano superiori a tutti i contratti realizzati nelle altre aziende del
settore dell'alimentazione.
Lo sciopero dei cappellini. Fine
anni '80. Per questioni sanitarie avevano dato un cappellino ai lavoratori, ma
non era funzionale e allora abbiamo organizzato il rifiuto e nessuno lo ha
utilizzato fino a quando non è stato sostituito. L'azienda era già passata
sotto la Nestlè.
In precedenza nel '73/’74 c'è
stato uno sciopero contro il direttore di produzione. Quando lui entrava nei
reparti, tutti smettevano di lavorare. C'erano stati dei contrasti con il
consiglio di fabbrica perché aveva dato del lazzarone a un lavoratore solo
perché era membro del consiglio di fabbrica; un altro membro del consiglio di
fabbrica aveva avuto una lite con una donna fuori dall'azienda e lui aveva
preso dei provvedimenti come se la cosa fosse avvenuta in fabbrica. Noi non
potevamo accettare che lui potesse permettersi di offendere un lavoratore
impunemente mentre per un lavoratore venisse addirittura minacciato il
licenziamento per un fatto avvenuto all'esterno dell'azienda. Quindi abbiamo
deciso una nuova forma di sciopero contro il direttore.
Durante un contratto (1969)(?)
c'erano gli scioperi e si erano bloccati gli straordinari quindi alle 17,30 si
usciva e si piantava li di lavorare. Un gruppo di lavoratori era stato mandato
a Besana Brianza, alla stazione, a scaricare dei vagoni. Lì c'era il vecchio
Vismara, era già anziano, a controllare. Gli operai gli hanno detto
"guardi che alle 5 e mezzo stacchiamo e ce ne andiamo" "No, no
state qui che finiamo" e Vismara ha mandato in fabbrica il camion che
aveva portato a Besana gli operai, convinto che avrebbero comunque finito di
scaricare il treno. Questi alle 5 e mezzo sono scesi dal vagone e si sono
avviati a piedi per tornare a Casatenovo.
Questi quindici lavoratori che
venivano a piedi da Besana, e lui dietro con la macchina che li voleva caricare
per portarli in fabbrica, perché ormai aveva visto che aveva perso e gli
dispiaceva fargli fare la strada a piedi. Davanti alla fabbrica tutti i
lavoratori della Vismara li aspettavano e li applaudivano.
Dopo la firma del contratto
Vismara ha tagliato gli straordinari e questa era una perdita notevole. Vismara
si aspettava una reazione contro il sindacato, invece i lavoratori hanno capito
e la cosa è stata superata senza problemi. C'è stato solo qualche mugugno.
Gli impiegati non scioperavano e
quindi gli operai passavano dagli uffici per farli uscire.
Nel 1971 siamo andati a Cremona a
far scioperare i dipendenti della Negroni perché nel ‘69 presidente degli
industriali era Negroni e il contratto l'avevano praticamente fatto lì. Negroni
gli aveva evidentemente promesso qualcosa e loro non scioperavano. Ci fu l’intervento
della polizia.
La nocività. Inizialmente i
lavoratori erano partiti dicendo facciamo costare di più i lavori nocivi,
attraverso l'indennità di disagio, così forse questi lavori verranno
modificati. Successivamente i consigli di fabbrica hanno cambiato questo
concetto. Non chiediamo più soldi, ma facciamo modificare l'ambiente. Oggi
nelle celle frigorifere si entra pochissimo. Chi entra è protetto. Il macello è
stato meccanizzato e quindi la situazione è stata risolta. Peraltro la Vismara
era una delle situazioni migliori. Ho visitato parecchie fabbriche del settore
e ho sempre trovato condizioni peggiori.
L'aria condizionata, per chi deve
maneggiare carne fredda, è mal tollerata e quindi si è sempre discusso sulle
modalità di utilizzo e sulle temperature.
L'aria condizionata è un problema
per chi è in produzione. Il problema è d'estate. Quando si entra si passa dal
caldo a 14 gradi e lavorando roba fredda diventa un problema. Su tutti questi
problemi si è sviluppata una continua contrattazione.
Nel 1973, con un contratto
integrativo, abbiamo rivendicato alla Vismara un locale con del personale (una
persona fissa ed altre due part-time) per cercare di creare un centro di distribuzione
alternativo alla grossa distribuzione. Era una iniziativa completamente
autonoma e tutto veniva fatto da noi e quindi abbiamo creato la cooperativa.
Poi l'iniziativa è cresciuta e abbiamo ottenuto due persone fisse e tre
part-time a carico dell'azienda.
E' stata una buona iniziativa ed
ha portato grossi risparmi per i lavoratori. Per l'acquisto dei prodotti
abbiamo privilegiato inizialmente le fabbriche locali. Ora la cooperativa si è
trasformata in un vero e proprio centro di distribuzione, con un giro d'affari
di 12/13 miliardi. Quest'anno abbiamo una crescita del 36% rispetto all'anno
scorso. Si chiama Cooperativa lavoratori della Vismara ed ha livelli di
redditività che nessun supermercato raggiunge. Si sta anche espandendo. Si
ristruttura avendo acquisito tutta la mensa Vismara e raggiungerà i 1.400 mq di
vendita e sta creando anche delle sedi staccate a Besana Brianza.
Le donne in produzione erano il
30% della manodopera, ma lavoravano in reparti staccati, da sole. C'era il
reparto donne dove addirittura gli uomini non potevano entrare. Alla vita
sindacale però partecipavano anche loro anche se fino al 1963 la Vismara era
considerata il posto per la vita, gli stipendi erano buoni, il padrone era
onesto e quindi a volte erano restie a partecipare. Poi la situazione è
cambiata anche per loro.
Io ho vissuto male la divisone
degli anni '80. Sono entrato con i consigli di fabbrica in uno spirito unitario
e credevo in certe cose. Poi mi sono trovato di fronte a situazioni che mi
hanno fatto capire che forse ero ingenuo io, perché qualcuno lavorava in modo
diverso. La divisione ha portato tra i lavoratori un rifiuto del sindacato. Il
problema maggiore è stato quello dell'autonomia dai partiti, per cui non ci si
capiva con la Cgil.
Abbiamo anche organizzato forme
di sostegno attivo a fabbriche in difficoltà della nostra zona. Il consiglio di
fabbrica organizzava raccolte di fondi per aiutare i lavoratori che rischiavano
di perdere il lavoro. Era un po’ un centro di riferimento per tutte le fabbriche
della zona. Si andava nelle fabbriche della zona a farli uscire. Alla Molteni
di Peregallo, nel ’64 è arrivata la Celere e non scherzavano, ci hanno fatto
scappare.