Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Non serve stare sui tetti. Il sindacato della contrattazione e della responsabilità”, di Costantino Corbari, BiblioLavoro, Sesto San Giovanni (Mi), 2014
“Ma
perché tu sei ribelle? Perché voglio il
mondo in Elle. Elle Lubiam, per natura, dello stile è la misura”. Una vecchia
pubblicità trasmessa a Carosello negli anni '60, ormai mitico appuntamento
della Rai, ricorda un'epoca che ha visto l'azienda di abbigliamento maschile di
qualità collocarsi tra i marchi della moda tra i più noti. Un’attività cresciuta
anche grazie a significativi investimenti in pubblicità: dalla televisione alla
carta stampata, ai grandi avvenimenti sportivi. Il figlio del fondatore, l'
industriale Edgardo Bianchi, rimasto al suo posto in azienda per 70 anni, si
ispirò ad Henry Ford per produrre abiti in serie e portò le donne in azienda
“perché gli uomini erano in guerra”. Si faceva vanto di non aver mai licenziato
nessuno.
Marzia
Bianchi Monelli è moglie di Giuliano, figlio di Edgardo, e madre di Edgardo
junior e Giovanni, rispettivamente presidente e amministratori delegati della
Lubiam, storico marchio di Mantova. Ha altri due figli: Giulia e Gabriele.
Riccardo e Giovanni, uno laureato alla Bocconi e l'altro in ingegneria al
Politecnico, sono stati un elemento importantissimo di innovazione e hanno
saputo ridare vigore ad un nome che col tempo si era un poco appannato. Il
padre ha saputo fare un passo indietro lasciando loro spazio. Uno si occupa
dell'amministrazione e l'altro dello stile. Anche il terzo figlio Gabriele, il
più giovane, è in azienda, è un agronomo e – a sentire la madre - con la moda
non ha un grande feeling, però si occupa dei problemi tecnici, scatta le
fotografie per le campagne promozionali, ma è anche colui che tiene il primo
colloquio di base per le nuove assunzioni. In azienda sta per arrivare la
quarta figlia, laureata in designer di moda come il fratello maggiore Giovanni,
ha fatto un'esperienza di due anni presso Jil Sander, e ora rientra in famiglia.
Il
nome Lubiam deriva da Luigi Bianchi Mantova che è stato il fondatore, il nonno
di Giuliano. Luigi aveva fatto esperienza a Torino, la sartoria inizialmente
era nata realizzando sia abbigliamento maschile che femminile, poi Edgardo, cui
si deve la trasformazione in azienda industriale, ha privilegiato l'abito
maschile e da allora è sempre rimasta in questo ambito.
L'azienda
ufficialmente è stata fondata nel 1911, in realtà le sue origini sono ancora
più lontane, perché in precedenza esisteva già una sartoria testimoniata da un
documento del 1905, con tutte le informazioni dei pagamenti fatti dalla moglie
di Luigi alle lavoranti. Prima del 1905 ci sono state due generazioni di sarti
barbieri, che giravano con il carretto e le stoffe da vendere. Una tradizione
che viene da molto lontano.
L'azienda
è in Mantova città, perché quando è stata costruita si trovava in periferia, ma
col passare del tempo è stata inglobata nella struttura cittadina. Il gruppo è
costituito da diverse società che fanno tutte capo alla famiglia: c'è l'azienda
madre, che è sempre rimasta nel capoluogo virgiliano, è molto radicata nel
territorio e conta circa 300 dipendenti, compresi anche alcuni interinali, e poi
ci sono alcune unità produttive all'estero. I dipendenti dell'azienda arrivano
anche da molto lontano, con grandi sacrifici. L'85% dei lavoratori è donna.
La
Lubiam, grazie alla iniziativa di Marzia Bianchi, alla qualità delle produzioni
affianca innovative politiche di conciliazione che riprendono una tradizione e
una sensibilità che nasce dalla visione imprenditoriale di Edgardo senior, che
si era ispirato ai modelli americani poi portati in Italia da Olivetti. Una
strada inizialmente ripresa con qualche perplessità da parte degli uomini di
famiglia, ma ora apprezzata e sostenuta grazie ai positivi risultati raggiunti.
“Mio
suocero ha apprezzato molto quel modo di fare impresa e l'ha fatto proprio -
racconta Marzia Bianchi Monelli -. Ha costruito un quartiere intorno alla
fabbrica perché i suoi dipendenti non avessero il disagio dello spostamento,
soprattutto le donne. Inizialmente sono state realizzate alcune abitazioni, ma
negli anni ‘60 è nato un intero villaggio, dato che a suo tempo Edgardo aveva
acquistato tutto il terreno intorno alla fabbrica che allora era campagna. Io
sono nata lì, c'erano poche villette e poi solo prato. Oltre a dare la casa ai
dipendenti a condizioni di favore è stato il primo nel territorio provinciale
ad aprire una mensa aziendale, una infermeria, una biblioteca, a promuovere le
vacanze per i dipendenti a prezzi di favore. Tutto un sistema di welfare che ha
fatto sì che Lubiam più che una fabbrica diventasse una grande famiglia. Mi
ricordo che quando mi sono sposata negli anni ‘70 c'erano ancora le gite
aziendali e si andava tutti insieme, poi tutto questo è finito perché veniva
considerato paternalismo”.
L'azienda
allora si è ritirata e per circa trent'anni non c'è stato più nulla, anche se è
continuata la consuetudine di assumere i figli dei vecchi dipendenti.
Marzia
Bianchi è nata a Mantova nel 1950. “Ho iniziato a lavorare in pratica quando le
mie amiche sono andate in pensione – racconta di sé - perché avendo avuto
quattro figli li ho cresciuti e mi sono sempre occupata della famiglia. Mi pare
di aver fatto un discreto lavoro perché sono tutti bravi ragazzi. Ad un certo
punto, non piacendomi perdere tempo al gioco del Burraco o dall'estetista, ho
deciso di dedicarmi al volontariato”.
Poi
sono iniziate le iniziative sul tema della conciliazione.
“In
qualità di presidente del Centro aiuto alla vita sono componente da più di
dieci anni della Commissione pari opportunità della Provincia. In questo ambito
ho avuto modo di conoscere una consigliera di parità che veniva da Milano, Grazia
Cotti Porro, dalla quale per la prima volta ho sentito parlare di
conciliazione. Eravamo insieme ad un tavolo e lei mi ha detto ‘perché non fate
qualche iniziativa in Lubiam dove avete così tante donne?’. Sono andata a casa
e ne ho parlato con i miei, spiegando che c'erano dei progetti sui quali si
potevano avere dei finanziamenti per fare delle iniziative a favore dei
dipendenti, in particolare delle donne.
Abbiamo
fatto delle grandi discussioni a cena in famiglia, ma la prima risposta è stata
‘lascia perdere, se costruiamo dei progetti che poi vengono bocciati abbiamo
creato delle aspettative nei dipendenti che non realizzandosi producono un
effetto boomerang, così invece di attivare qualcosa di positivo ci troviamo con
delle conseguenze negative”’. Ma la Cotti Porro ha insistito, io ne ho
riparlato a casa e alla fine li ho convinti. Così mi hanno detto ‘se proprio
vuoi proviamo, però mi raccomando, stai attenta’. E siamo partiti”.
Il
primo è stato di un progetto ministeriale molto complesso, che prevedeva una
durata biennale e un finanziamento importante di 230mila euro, tutto a
vantaggio dei dipendenti. Approvato nel 2006, è stato attivo nel 2007 e 2008.
Per la sua realizzazione è stata coinvolta un'agenzia esterna, Variazioni, una
struttura di Mantova che è cresciuta con questo intervento e successivamente si
è affermata a livello regionale grazie alla palestra che ha fatto con Lubiam.
Il progetto ha portato a una crescita notevole del part-time, che è arrivato al
35%, ha consentito l’introduzione della flessibilità in entrata e in uscita per
tutti gli impiegati, ha previsto l’attivazione dello sportello family friendly
al quale tutti i dipendenti potevano rivolgersi per qualunque problema, ad
esempio se avevano bisogno del commercialista piuttosto che del medico o di un
legale e le prestazioni erano gratuite. Tutta una serie di servizi molto
apprezzati, ma il progetto ha fatto fatica ad essere compreso, accettato e
sfruttato a pieno dai dipendenti.
Il
perché lo spiega ancora Marzia Bianchi: “Il progetto è nato esclusivamente come
iniziativa aziendale, calato dall'alto e proprio per questo c'è stata una certa
resistenza che nasceva dalla diffidenza. Abbiamo così capito che in azioni di
questo genere è fondamentale la comunicazione, spiegando prima che cosa si
vuole fare e realizzando la collaborazione con le rappresentanze sindacali”.
Però
la politica di conciliazione non si è fermata lì, una volta avviata non poteva
interrompersi.
“Questo
primo progetto, a conclusione delle iniziative dei due anni, rendeva possibile
non proseguire e addirittura prevedeva la possibilità di revocare il part-time.
Nessun part-time è stato revocato – sottolinea la signora Bianchi -. Tutti i
benefici del progetto sono stati mantenuti, tranne lo sportello, che aveva dei costi
importanti ed è stato chiuso. Nel corso degli anni successivi è stato più volte
evocato e richiesto.
Sollecitati
dalle dipendenti, la prima cosa che abbiamo realizzato è quello che noi abbiamo
chiamato Baby Lubiam: durante le vacanze di Natale, di Pasqua e ad agosto le
donne lavorano, ma i loro figli sono a casa da scuola e così abbiamo cercato di
dare risposta a questo problema. Mio marito mi ha dato due stanze, le abbiamo
attrezzate dignitosamente con tavolini, colori, matite, Lego e uno schermo per
le proiezioni, dando la possibilità ai dipendenti di mandarci i loro figli dai
cinque ai dodici anni. Due o tre insegnanti di asilo, che in quel periodo sono
in vacanza, vengono a svolgere questo compito. Un'esperienza che dura ormai da
cinque anni, tutta a carico dell'azienda. In questo caso non c'è un progetto,
ma è solo una facilitazione che l'azienda offre ai propri dipendenti e
mediamente ospita da 20 a 25 bambini ogni giorno. Mangiano in mensa con i
genitori, scorrazzano per tutta la Lubiam e devo dire portano anche molta allegria.
Da
lì è sorta subito la richiesta realizzare un asilo nido, ma quando ci siamo
mossi i contributi per i nidi aziendali ormai non c'erano più e in famiglia non
è che ci fosse tutto questo entusiasmo, perché la gestione di un nido costa.
Caso ha voluto che nel 2011 scadesse il centenario dell'azienda nonché della
nascita di mio suocero, che era appunto del 1911. Abbiamo cominciato a
interrogarci su come dovevamo celebrare quell'anniversario, qualcuno pensava a
una donazione a qualche iniziativa di volontariato o sociale, io ho spinto
dicendo ‘guardiamo in casa, cerchiamo di fare qualcosa per i nostri
dipendenti’. La proposta è passata e mio marito, con suo fratello e sua
sorella, che sono fuori dall'azienda, hanno pensato di creare una nuova
struttura a spese della famiglia, che oggi funziona bene ed è particolarmente
apprezzata”.
Si
tratta di un asilo nido aziendale con diciotto posti, otto riservati ai figli
dei dipendenti e dieci agli esterni. L'azienda rinuncia all'affitto e i
lavoratori hanno uno sconto di 150 euro mensili sulla retta. Tra i dieci
piccoli esterni ci sono anche i nipotini dei titolari che però pagano la retta
intera. La gestione è affidata alla cooperativa “L'isola dei bimbi”, che nel
mantovano gestisce l’asilo nido “Le coccole” e una ludoteca molto frequentata.
La
presidente della cooperativa era la maestra d'asilo dei figli della signora
Bianchi e, conoscendola, hanno deciso di affidare a lei la gestione. Finora
tutto si è svolto nel migliore dei modi e c’è sempre una lista d'attesa.
“Un
altro progetto che abbiamo realizzato, più teorico forse che concreto, è stato
quello di affiancamento alle mamme al rientro dalla maternità – prosegue nel
suo racconto Bianchi Monelli -. Poi sono ritornati i finanziamenti, con qualche
piccola possibilità di realizzare dei progetti che rappresentano un aiuto
concreto per le famiglie, anche per quelle che un lavoro ce l'hanno, ma che in
questo periodo di crisi hanno maggiori difficoltà. In azienda più di una volta
mi è capitato di sentire che alcune lavoratrici, magari con due bambini, non
riuscivano ad andare dal medico, posticipando una visita oppure rinunciando ad
acquistare un abito nuovo, ci sono donne sposate il cui marito ha perso il
lavoro e così via, con situazioni diverse. Così abbiamo cercato di dare una
mano a queste famiglie perché arrivino a fine mese con qualche ansia in meno”.
Un
primo intervento è stato realizzato con il contributo di diecimila euro da
parte della Provincia, con la necessità però di doverli utilizzare nel giro di
cinque, sei mesi, entro maggio 2014. Lubiam cofinanzia con dodicimila euro. Il
progetto si chiama “Salute in azienda” e prevede il ricorso a forme di
prevenzione a favore dei dipendenti. E’ stata coinvolta la presidente
dell'Associazione delle mogli dei medici italiani, associazione che è nata a
Mantova e che ora è presente un po' in tutta Italia. La presidente, Antonella
Filippini, ha diffuso l'idea e tantissimi medici hanno risposto positivamente,
tra l'altro medici di qualità molto conosciuti a Mantova, primari ed ex primari
che si sono messi a disposizione, molti gratuitamente. La tariffa massima per
le prestazioni è di cinquanta euro, pagata dal progetto.
Il
bando prevedeva la messa in rete di un'azienda e di associazioni di
volontariato, allora Bianchi ha giocato un po' in casa inserendo il Centro
aiuto per la vita e affidandogli la progettazione e il coordinamento, mentre
l'azienda ci mette due o tre persone che guidano le varie attività e
l'amministrazione. Nel giro di dieci giorni sono arrivate la disponibilità di
una quindicina di medici e sessanta visite prenotate. Alcune visite verranno
effettuate nella piccola infermeria aziendale, perché non tutti questi medici
hanno un ambulatorio proprio, negli altri casi i lavoratori si recheranno negli
studi privati. La prima richiesta è stata per la ginecologia, data la forte
presenza di donne e i costi che normalmente si devono sostenere per questo tipo
di visite, ma ovviamente il servizio è aperto a tutti e ci sono l’allergologo,
il nutrizionista, il pediatra, il chirurgo, l’ortopedico, l’oculista, il
dentista.
Il
bando della Provincia metteva a disposizione trentamila euro per tre progetti,
diecimila ciascuno. Quello della Lubiam si è aggiudicato il primo posto, il
secondo è stato assegnato alla Piscine Castiglioni e il terzo alla Cooperativa
Isidora.
Un
altro importante progetto, realizzato con il contributo della Regione,
prevedeva una rete di più aziende, almeno due piccole, una media e una grande.
“È stato difficilissimo mettere insieme le diverse aziende e si è rischiato di
non riuscire a farlo – precisa Marzia Bianchi -. In verità avrei voluto farlo
da sola, ma non era possibile, così abbiamo chiamato Variazioni, che ci aveva
aiutato in precedenza, e loro sono riusciti a mettere insieme con noi due
piccole cooperative: Charta e Pantacon”. In questo caso si è puntato
soprattutto sui servizi alle famiglie, quelle con bambini. Sono previste visite
e consulenze, ma ci sono anche servizi di accompagnamento per anziani, di
baby-sitting, di Cred (Centro ricreativo estivo diurno) che rappresentano
sempre un grosso problema. Il Centro di aiuto alla vita ha dato vita alla
Cooperativa Mater che fornisce babysitter tagesmutter. Con questo progetto
l’associazione ha vinto anche il premio regionale ‘Famiglia e lavoro’.
Nella
realizzazione dei nuovi progetti sono state coinvolte le rappresentanze
sindacali fin dall'inizio. “Da parte di mio marito c'era una certa resistenza –
racconta ancora la moglie del presidente -, ma poi le obiezioni sono state
superate e abbiamo fatto anche una sorta di questionario per capire esattamente
quali erano le richieste dei lavoratori. Abbiamo presentato un elenco di circa
quindici possibili servizi e le cose più gettonate, oltre alle visite mediche,
sono i Cred estivi e i buoni libri. Il rapporto è con le rappresentanze
sindacali, ma in realtà la mia relazione è essenzialmente con la rappresentante
della Cisl, la signora Amadasi, che comprende il valore di queste iniziative e
poi le trasmette ai lavoratori secondo le modalità che ritiene più corrette”.
All'inizio
in Lubiam sono stati tutti abbastanza prevenuti sui progetti. Essendo una iniziativa partita
dalla proprietà, i lavoratori erano dubbiosi e pensavano che sotto potesse
esserci una fregatura. In azienda sono rappresentate la Cisl e la Cgil, la Uil
non c'è, e la Cgil, che è in maggioranza, non ha mai sostenuto con convinzione
le iniziative. Nel 2006 il primo progetto è partito solo con la firma della
Cisl perché la Cgil non ha sottoscritto l'accordo.
Superati
i primi dubbi, però, col tempo i progetti sono stati generalmente apprezzati.
“Ora tutti mi conoscono – aggiunge Marzia Bianchi - e quando vado nei reparti
alcuni mi sorridono, qualcuno mi ha anche detto che è orgoglioso di lavorare in
un'azienda come la nostra, ma l'assenteismo non è che sia crollato e non tutti
gradiscono queste iniziative. Come in tutte le situazioni c'è chi ci crede di
più e chi di meno. D'altronde le critiche in azienda sono presenti e i ruoli
tra imprenditore e dipendenti sono diversi. Questo però non inficia il valore
di una filosofia aziendale che ha sempre caratterizzato la Lubiam fin dalla sua
origine.
L'attaccamento
all'azienda c'è, il personale è di altissima qualità, il clima complessivo è
positivo e questo è utile anche per i risultati dell'azienda.
Per
il futuro, in tema di conciliazione, mio marito, vedendo la risposta che c'è
stata al progetto ‘Benessere in azienda’, mi ha già detto che sarebbe il caso
di continuare indipendentemente dai finanziamenti. Il Baby Lubiam e l'asilo
nido proseguono, ma è la politica di conciliazione che, nonostante i costi che
l'azienda sostiene, deve continuare. Certo, mentre c'è gente che perde il
lavoro pensare alla conciliazione sembra quasi un lusso, però sono convinta che
l'attuale momento favorevole di Lubiam dipenda anche da questo. Anche dal punto
di vista dell'immagine Lubiam ha avuto un ritorno enorme”.
Le
prospettive per questo anno 2014 sono buone. L'inizio è stato molto
incoraggiante e dopo Pitti uomo ci sono state risposte molto positive. Oggi
l'azienda è leader in Italia per il “tinto in capo” e quando in questo settore
si è leader in Italia di fatto si è leader nel mondo. La partenza è stata
certamente brillante, tutti sperano che l'anno continui così. Lo slancio che ha
favorito la ripresa dell'azienda è stato sostenuto dalla creazione della linea
casual Lbm, perché fino a quel momento l'azienda si era mossa nel settore capo
spalla, l'abito elegante che con la crisi ha subito forti contraccolpi
negativi. È stata lanciata la nuova linea Giozubon,
che significa “i pantaloni di Giovanni”, pensata per il Giappone dove in questo
momento il prodotto Lubiam è molto apprezzato.
“I
risultati positivi sono dovuti anche alla capacità della manodopera e in questi
momenti – assicura Marzia Bianchi - è facile trovare persone di qualità, perché
con la crisi ce ne sono diverse che hanno perso il lavoro in altre aziende e
oggi Lubiam ha un'immagine giovane, è condotta da giovani e molti lavoratori
sono giovani”.