lunedì 15 giugno 2020

MARZIA BIANCHI MONELLI - Lubiam - Mantova

Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Non serve stare sui tetti. Il sindacato della contrattazione e della responsabilità”, di Costantino Corbari, BiblioLavoro, Sesto San Giovanni (Mi), 2014

Conciliare per crescere
“Ma perché tu sei ribelle?  Perché voglio il mondo in Elle. Elle Lubiam, per natura, dello stile è la misura”. Una vecchia pubblicità trasmessa a Carosello negli anni '60, ormai mitico appuntamento della Rai, ricorda un'epoca che ha visto l'azienda di abbigliamento maschile di qualità collocarsi tra i marchi della moda tra i più noti. Un’attività cresciuta anche grazie a significativi investimenti in pubblicità: dalla televisione alla carta stampata, ai grandi avvenimenti sportivi. Il figlio del fondatore, l' industriale Edgardo Bianchi, rimasto al suo posto in azienda per 70 anni, si ispirò ad Henry Ford per produrre abiti in serie e portò le donne in azienda “perché gli uomini erano in guerra”. Si faceva vanto di non aver mai licenziato nessuno.

Marzia Bianchi Monelli è moglie di Giuliano, figlio di Edgardo, e madre di Edgardo junior e Giovanni, rispettivamente presidente e amministratori delegati della Lubiam, storico marchio di Mantova. Ha altri due figli: Giulia e Gabriele. Riccardo e Giovanni, uno laureato alla Bocconi e l'altro in ingegneria al Politecnico, sono stati un elemento importantissimo di innovazione e hanno saputo ridare vigore ad un nome che col tempo si era un poco appannato. Il padre ha saputo fare un passo indietro lasciando loro spazio. Uno si occupa dell'amministrazione e l'altro dello stile. Anche il terzo figlio Gabriele, il più giovane, è in azienda, è un agronomo e – a sentire la madre - con la moda non ha un grande feeling, però si occupa dei problemi tecnici, scatta le fotografie per le campagne promozionali, ma è anche colui che tiene il primo colloquio di base per le nuove assunzioni. In azienda sta per arrivare la quarta figlia, laureata in designer di moda come il fratello maggiore Giovanni, ha fatto un'esperienza di due anni presso Jil Sander, e ora rientra in famiglia.
Il nome Lubiam deriva da Luigi Bianchi Mantova che è stato il fondatore, il nonno di Giuliano. Luigi aveva fatto esperienza a Torino, la sartoria inizialmente era nata realizzando sia abbigliamento maschile che femminile, poi Edgardo, cui si deve la trasformazione in azienda industriale, ha privilegiato l'abito maschile e da allora è sempre rimasta in questo ambito.
L'azienda ufficialmente è stata fondata nel 1911, in realtà le sue origini sono ancora più lontane, perché in precedenza esisteva già una sartoria testimoniata da un documento del 1905, con tutte le informazioni dei pagamenti fatti dalla moglie di Luigi alle lavoranti. Prima del 1905 ci sono state due generazioni di sarti barbieri, che giravano con il carretto e le stoffe da vendere. Una tradizione che viene da molto lontano.
L'azienda è in Mantova città, perché quando è stata costruita si trovava in periferia, ma col passare del tempo è stata inglobata nella struttura cittadina. Il gruppo è costituito da diverse società che fanno tutte capo alla famiglia: c'è l'azienda madre, che è sempre rimasta nel capoluogo virgiliano, è molto radicata nel territorio e conta circa 300 dipendenti, compresi anche alcuni interinali, e poi ci sono alcune unità produttive all'estero. I dipendenti dell'azienda arrivano anche da molto lontano, con grandi sacrifici. L'85% dei lavoratori è donna.
La Lubiam, grazie alla iniziativa di Marzia Bianchi, alla qualità delle produzioni affianca innovative politiche di conciliazione che riprendono una tradizione e una sensibilità che nasce dalla visione imprenditoriale di Edgardo senior, che si era ispirato ai modelli americani poi portati in Italia da Olivetti. Una strada inizialmente ripresa con qualche perplessità da parte degli uomini di famiglia, ma ora apprezzata e sostenuta grazie ai positivi risultati raggiunti.
“Mio suocero ha apprezzato molto quel modo di fare impresa e l'ha fatto proprio - racconta Marzia Bianchi Monelli -. Ha costruito un quartiere intorno alla fabbrica perché i suoi dipendenti non avessero il disagio dello spostamento, soprattutto le donne. Inizialmente sono state realizzate alcune abitazioni, ma negli anni ‘60 è nato un intero villaggio, dato che a suo tempo Edgardo aveva acquistato tutto il terreno intorno alla fabbrica che allora era campagna. Io sono nata lì, c'erano poche villette e poi solo prato. Oltre a dare la casa ai dipendenti a condizioni di favore è stato il primo nel territorio provinciale ad aprire una mensa aziendale, una infermeria, una biblioteca, a promuovere le vacanze per i dipendenti a prezzi di favore. Tutto un sistema di welfare che ha fatto sì che Lubiam più che una fabbrica diventasse una grande famiglia. Mi ricordo che quando mi sono sposata negli anni ‘70 c'erano ancora le gite aziendali e si andava tutti insieme, poi tutto questo è finito perché veniva considerato paternalismo”.
L'azienda allora si è ritirata e per circa trent'anni non c'è stato più nulla, anche se è continuata la consuetudine di assumere i figli dei vecchi dipendenti.
Marzia Bianchi è nata a Mantova nel 1950. “Ho iniziato a lavorare in pratica quando le mie amiche sono andate in pensione – racconta di sé - perché avendo avuto quattro figli li ho cresciuti e mi sono sempre occupata della famiglia. Mi pare di aver fatto un discreto lavoro perché sono tutti bravi ragazzi. Ad un certo punto, non piacendomi perdere tempo al gioco del Burraco o dall'estetista, ho deciso di dedicarmi al volontariato”.
Poi sono iniziate le iniziative sul tema della conciliazione.
“In qualità di presidente del Centro aiuto alla vita sono componente da più di dieci anni della Commissione pari opportunità della Provincia. In questo ambito ho avuto modo di conoscere una consigliera di parità che veniva da Milano, Grazia Cotti Porro, dalla quale per la prima volta ho sentito parlare di conciliazione. Eravamo insieme ad un tavolo e lei mi ha detto ‘perché non fate qualche iniziativa in Lubiam dove avete così tante donne?’. Sono andata a casa e ne ho parlato con i miei, spiegando che c'erano dei progetti sui quali si potevano avere dei finanziamenti per fare delle iniziative a favore dei dipendenti, in particolare delle donne.
Abbiamo fatto delle grandi discussioni a cena in famiglia, ma la prima risposta è stata ‘lascia perdere, se costruiamo dei progetti che poi vengono bocciati abbiamo creato delle aspettative nei dipendenti che non realizzandosi producono un effetto boomerang, così invece di attivare qualcosa di positivo ci troviamo con delle conseguenze negative”’. Ma la Cotti Porro ha insistito, io ne ho riparlato a casa e alla fine li ho convinti. Così mi hanno detto ‘se proprio vuoi proviamo, però mi raccomando, stai attenta’. E siamo partiti”.
Il primo è stato di un progetto ministeriale molto complesso, che prevedeva una durata biennale e un finanziamento importante di 230mila euro, tutto a vantaggio dei dipendenti. Approvato nel 2006, è stato attivo nel 2007 e 2008. Per la sua realizzazione è stata coinvolta un'agenzia esterna, Variazioni, una struttura di Mantova che è cresciuta con questo intervento e successivamente si è affermata a livello regionale grazie alla palestra che ha fatto con Lubiam. Il progetto ha portato a una crescita notevole del part-time, che è arrivato al 35%, ha consentito l’introduzione della flessibilità in entrata e in uscita per tutti gli impiegati, ha previsto l’attivazione dello sportello family friendly al quale tutti i dipendenti potevano rivolgersi per qualunque problema, ad esempio se avevano bisogno del commercialista piuttosto che del medico o di un legale e le prestazioni erano gratuite. Tutta una serie di servizi molto apprezzati, ma il progetto ha fatto fatica ad essere compreso, accettato e sfruttato a pieno dai dipendenti.
Il perché lo spiega ancora Marzia Bianchi: “Il progetto è nato esclusivamente come iniziativa aziendale, calato dall'alto e proprio per questo c'è stata una certa resistenza che nasceva dalla diffidenza. Abbiamo così capito che in azioni di questo genere è fondamentale la comunicazione, spiegando prima che cosa si vuole fare e realizzando la collaborazione con le rappresentanze sindacali”.
Però la politica di conciliazione non si è fermata lì, una volta avviata non poteva interrompersi.
“Questo primo progetto, a conclusione delle iniziative dei due anni, rendeva possibile non proseguire e addirittura prevedeva la possibilità di revocare il part-time. Nessun part-time è stato revocato – sottolinea la signora Bianchi -. Tutti i benefici del progetto sono stati mantenuti, tranne lo sportello, che aveva dei costi importanti ed è stato chiuso. Nel corso degli anni successivi è stato più volte evocato e richiesto.
Sollecitati dalle dipendenti, la prima cosa che abbiamo realizzato è quello che noi abbiamo chiamato Baby Lubiam: durante le vacanze di Natale, di Pasqua e ad agosto le donne lavorano, ma i loro figli sono a casa da scuola e così abbiamo cercato di dare risposta a questo problema. Mio marito mi ha dato due stanze, le abbiamo attrezzate dignitosamente con tavolini, colori, matite, Lego e uno schermo per le proiezioni, dando la possibilità ai dipendenti di mandarci i loro figli dai cinque ai dodici anni. Due o tre insegnanti di asilo, che in quel periodo sono in vacanza, vengono a svolgere questo compito. Un'esperienza che dura ormai da cinque anni, tutta a carico dell'azienda. In questo caso non c'è un progetto, ma è solo una facilitazione che l'azienda offre ai propri dipendenti e mediamente ospita da 20 a 25 bambini ogni giorno. Mangiano in mensa con i genitori, scorrazzano per tutta la Lubiam e devo dire portano anche molta allegria.
Da lì è sorta subito la richiesta realizzare un asilo nido, ma quando ci siamo mossi i contributi per i nidi aziendali ormai non c'erano più e in famiglia non è che ci fosse tutto questo entusiasmo, perché la gestione di un nido costa. Caso ha voluto che nel 2011 scadesse il centenario dell'azienda nonché della nascita di mio suocero, che era appunto del 1911. Abbiamo cominciato a interrogarci su come dovevamo celebrare quell'anniversario, qualcuno pensava a una donazione a qualche iniziativa di volontariato o sociale, io ho spinto dicendo ‘guardiamo in casa, cerchiamo di fare qualcosa per i nostri dipendenti’. La proposta è passata e mio marito, con suo fratello e sua sorella, che sono fuori dall'azienda, hanno pensato di creare una nuova struttura a spese della famiglia, che oggi funziona bene ed è particolarmente apprezzata”.
Si tratta di un asilo nido aziendale con diciotto posti, otto riservati ai figli dei dipendenti e dieci agli esterni. L'azienda rinuncia all'affitto e i lavoratori hanno uno sconto di 150 euro mensili sulla retta. Tra i dieci piccoli esterni ci sono anche i nipotini dei titolari che però pagano la retta intera. La gestione è affidata alla cooperativa “L'isola dei bimbi”, che nel mantovano gestisce l’asilo nido “Le coccole” e una ludoteca molto frequentata.
La presidente della cooperativa era la maestra d'asilo dei figli della signora Bianchi e, conoscendola, hanno deciso di affidare a lei la gestione. Finora tutto si è svolto nel migliore dei modi e c’è sempre una lista d'attesa.
“Un altro progetto che abbiamo realizzato, più teorico forse che concreto, è stato quello di affiancamento alle mamme al rientro dalla maternità – prosegue nel suo racconto Bianchi Monelli -. Poi sono ritornati i finanziamenti, con qualche piccola possibilità di realizzare dei progetti che rappresentano un aiuto concreto per le famiglie, anche per quelle che un lavoro ce l'hanno, ma che in questo periodo di crisi hanno maggiori difficoltà. In azienda più di una volta mi è capitato di sentire che alcune lavoratrici, magari con due bambini, non riuscivano ad andare dal medico, posticipando una visita oppure rinunciando ad acquistare un abito nuovo, ci sono donne sposate il cui marito ha perso il lavoro e così via, con situazioni diverse. Così abbiamo cercato di dare una mano a queste famiglie perché arrivino a fine mese con qualche ansia in meno”.
Un primo intervento è stato realizzato con il contributo di diecimila euro da parte della Provincia, con la necessità però di doverli utilizzare nel giro di cinque, sei mesi, entro maggio 2014. Lubiam cofinanzia con dodicimila euro. Il progetto si chiama “Salute in azienda” e prevede il ricorso a forme di prevenzione a favore dei dipendenti. E’ stata coinvolta la presidente dell'Associazione delle mogli dei medici italiani, associazione che è nata a Mantova e che ora è presente un po' in tutta Italia. La presidente, Antonella Filippini, ha diffuso l'idea e tantissimi medici hanno risposto positivamente, tra l'altro medici di qualità molto conosciuti a Mantova, primari ed ex primari che si sono messi a disposizione, molti gratuitamente. La tariffa massima per le prestazioni è di cinquanta euro, pagata dal progetto.
Il bando prevedeva la messa in rete di un'azienda e di associazioni di volontariato, allora Bianchi ha giocato un po' in casa inserendo il Centro aiuto per la vita e affidandogli la progettazione e il coordinamento, mentre l'azienda ci mette due o tre persone che guidano le varie attività e l'amministrazione. Nel giro di dieci giorni sono arrivate la disponibilità di una quindicina di medici e sessanta visite prenotate. Alcune visite verranno effettuate nella piccola infermeria aziendale, perché non tutti questi medici hanno un ambulatorio proprio, negli altri casi i lavoratori si recheranno negli studi privati. La prima richiesta è stata per la ginecologia, data la forte presenza di donne e i costi che normalmente si devono sostenere per questo tipo di visite, ma ovviamente il servizio è aperto a tutti e ci sono l’allergologo, il nutrizionista, il pediatra, il chirurgo, l’ortopedico, l’oculista, il dentista.
Il bando della Provincia metteva a disposizione trentamila euro per tre progetti, diecimila ciascuno. Quello della Lubiam si è aggiudicato il primo posto, il secondo è stato assegnato alla Piscine Castiglioni e il terzo alla Cooperativa Isidora.
Un altro importante progetto, realizzato con il contributo della Regione, prevedeva una rete di più aziende, almeno due piccole, una media e una grande. “È stato difficilissimo mettere insieme le diverse aziende e si è rischiato di non riuscire a farlo – precisa Marzia Bianchi -. In verità avrei voluto farlo da sola, ma non era possibile, così abbiamo chiamato Variazioni, che ci aveva aiutato in precedenza, e loro sono riusciti a mettere insieme con noi due piccole cooperative: Charta e Pantacon”. In questo caso si è puntato soprattutto sui servizi alle famiglie, quelle con bambini. Sono previste visite e consulenze, ma ci sono anche servizi di accompagnamento per anziani, di baby-sitting, di Cred (Centro ricreativo estivo diurno) che rappresentano sempre un grosso problema. Il Centro di aiuto alla vita ha dato vita alla Cooperativa Mater che fornisce babysitter tagesmutter. Con questo progetto l’associazione ha vinto anche il premio regionale ‘Famiglia e lavoro’.
Nella realizzazione dei nuovi progetti sono state coinvolte le rappresentanze sindacali fin dall'inizio. “Da parte di mio marito c'era una certa resistenza – racconta ancora la moglie del presidente -, ma poi le obiezioni sono state superate e abbiamo fatto anche una sorta di questionario per capire esattamente quali erano le richieste dei lavoratori. Abbiamo presentato un elenco di circa quindici possibili servizi e le cose più gettonate, oltre alle visite mediche, sono i Cred estivi e i buoni libri. Il rapporto è con le rappresentanze sindacali, ma in realtà la mia relazione è essenzialmente con la rappresentante della Cisl, la signora Amadasi, che comprende il valore di queste iniziative e poi le trasmette ai lavoratori secondo le modalità che ritiene più corrette”.
All'inizio in Lubiam sono stati tutti abbastanza prevenuti sui  progetti. Essendo una iniziativa partita dalla proprietà, i lavoratori erano dubbiosi e pensavano che sotto potesse esserci una fregatura. In azienda sono rappresentate la Cisl e la Cgil, la Uil non c'è, e la Cgil, che è in maggioranza, non ha mai sostenuto con convinzione le iniziative. Nel 2006 il primo progetto è partito solo con la firma della Cisl perché la Cgil non ha sottoscritto l'accordo.
Superati i primi dubbi, però, col tempo i progetti sono stati generalmente apprezzati. “Ora tutti mi conoscono – aggiunge Marzia Bianchi - e quando vado nei reparti alcuni mi sorridono, qualcuno mi ha anche detto che è orgoglioso di lavorare in un'azienda come la nostra, ma l'assenteismo non è che sia crollato e non tutti gradiscono queste iniziative. Come in tutte le situazioni c'è chi ci crede di più e chi di meno. D'altronde le critiche in azienda sono presenti e i ruoli tra imprenditore e dipendenti sono diversi. Questo però non inficia il valore di una filosofia aziendale che ha sempre caratterizzato la Lubiam fin dalla sua origine.
L'attaccamento all'azienda c'è, il personale è di altissima qualità, il clima complessivo è positivo e questo è utile anche per i risultati dell'azienda.
Per il futuro, in tema di conciliazione, mio marito, vedendo la risposta che c'è stata al progetto ‘Benessere in azienda’, mi ha già detto che sarebbe il caso di continuare indipendentemente dai finanziamenti. Il Baby Lubiam e l'asilo nido proseguono, ma è la politica di conciliazione che, nonostante i costi che l'azienda sostiene, deve continuare. Certo, mentre c'è gente che perde il lavoro pensare alla conciliazione sembra quasi un lusso, però sono convinta che l'attuale momento favorevole di Lubiam dipenda anche da questo. Anche dal punto di vista dell'immagine Lubiam ha avuto un ritorno enorme”.
Le prospettive per questo anno 2014 sono buone. L'inizio è stato molto incoraggiante e dopo Pitti uomo ci sono state risposte molto positive. Oggi l'azienda è leader in Italia per il “tinto in capo” e quando in questo settore si è leader in Italia di fatto si è leader nel mondo. La partenza è stata certamente brillante, tutti sperano che l'anno continui così. Lo slancio che ha favorito la ripresa dell'azienda è stato sostenuto dalla creazione della linea casual Lbm, perché fino a quel momento l'azienda si era mossa nel settore capo spalla, l'abito elegante che con la crisi ha subito forti contraccolpi negativi. È stata lanciata la nuova linea Giozubon, che significa “i pantaloni di Giovanni”, pensata per il Giappone dove in questo momento il prodotto Lubiam è molto apprezzato.
“I risultati positivi sono dovuti anche alla capacità della manodopera e in questi momenti – assicura Marzia Bianchi - è facile trovare persone di qualità, perché con la crisi ce ne sono diverse che hanno perso il lavoro in altre aziende e oggi Lubiam ha un'immagine giovane, è condotta da giovani e molti lavoratori sono giovani”.