martedì 26 maggio 2020

MAURILIO PEREGO - Vismara - Casatenovo (Lc)

Testimonianza (bozza) raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Affettato misto. La storia di Giorgio, operaio e sindacalista alla Vismara”, di Costantino Corbari, BiblioLavoro, Sesto San Giovanni (Mi), 2008

Sono stato assunto nel 1955, come operaio. Lavoravo già da un anno in un’officina meccanica quando una domenica mattina, all’uscita di messa insieme ad un gruppo di ragazzi compagni di lavoro, ci ha visto il signor Vincenzo e ci ha chiesto se lavoravamo già. Noi abbiamo risposto di si spiegando dove eravamo occupati. Allora lui ha detto che essendo di Casatenovo era giusto che andassimo a lavorare da lui. Quando l’ho detto a mia mamma, lei mi ha detto di andarci subito. 

Allora la Vismara era un posto sicuro, c’era da mangiare. Il lunedì mattina mi sono presentato all’ingresso insieme ad altri sei o sette ragazzi e siamo stati assunti. Io ero preoccupato di lasciare un posto dove ero trattato bene e non sapevo come dirlo, ma il signor Vincenzo ha detto che ci avrebbe pensato lui, e così è stato. Io sono stato inserito nel reparto che produceva la Bologna.
Dopo un po’, siccome qualcuno aveva visto che avevo una bella calligrafia e in negozio avevano bisogno di uno che facesse le bollette di uscita delle merci, il mio capo mi ha detto che avrei dovuto cambiare lavoro.
Sono rimasto alcuni mesi nel nuovo posto, poi la signora Vismara, moglie del sig. Luigi, mi ha chiesto se volevo andare a lavorare in ufficio. A me dispiaceva lasciare quel posto, allora mi ha detto che mi avrebbe passato impiegato. Ovviamente a quel punto ho detto di si e ho iniziato la nuova attività.
Ho imparato a scrivere a macchina frequentando dei corsi serali in parrocchia. Erano quasi tutte ragazze, ma io mi sono trovato bene e mi piaceva.
Gli impiegati in quel periodo non avevano dei propri rappresentanti sindacali. Io ero vicesegretario della Dc insieme a Gino Villa, anni ‘59/’60. In oratorio ero responsabile della squadra di calcio. La squadra era finanziata dalla Vismara. Il figlio mi chiese di occuparmene proprio perché era sostenuta dall’azienda su richiesta del parroco. A fine anno facevo i conti di quanto avevo speso e lui mi dava i soldi. Se c’era da pagare un pullman o quando avevo bisogno lui mi anticipava quello che mi serviva. Sono andato avanti fino al 1972. All’inizio avevo solo sette ragazzi, quando ho lasciato erano più di duecento. Abbiamo vinto tre campionati.

Nel ’68 mi sono impegnato nel sindacato e sono stato eletto delegato per gli impiegati e, siccome non ce n’erano altri, sono entrato immediatamente nell’esecutivo, fino al ’90 quando sono andato in pensione.
Quando sono entrato in Vismara io non sapevo neppure cosa fosse il sindacato e mi sono trovato immediatamente con la tessera della Cisl in tasca. Fosse stata della Cgil non l’avrei voluta. Una volta sono andato a un corso estivo del sindacato in Trentino pagato dall’azienda.
Ho fatto sempre poche tessere, ero l’unico a fare sciopero tra gli impiegati.
Il signor Vincenzo non mi ha mai detto niente per la mia scelta. Mi diceva solamente che l’importante era che non facessi perdere tempo agli impiegati, poi io potevo fare quello che volevo.
Lui era contento quando si faceva il contratto. Poi anche i figli hanno capito che anche per loro era un vantaggio avere qualcuno dentro il sindacato con cui potere dialogare. I comunisti non mi vedevano molto bene e mi chiamavano “demoni-cristiani”.
Non c’era orario di lavoro. Si entrava al mattino e si usciva la sera.
Gli impiegati non andavano a mangiare nella mensa degli operai e ne avevano una propria. Io però andavo a mangiare a casa.
Nella mensa degli operai non si distribuiva ne vino, ne frutta. Un giorno Mario Brusadelli, un delegato impegnato nell’operazione Mato Grosso, ha comperato le mele per tutti pagandole di tasca propria. Gli operai lo hanno apprezzato e lui, dopo averlo fatto un paio di volte, è andato dal signor Vincenzo dicendo che ormai gli operai si erano abituati a mangiare la frutta e che ora doveva pagarla l’azienda. E così è stato.
Quando nel ’69 si decise di unire le due mense, le impiegate non volevano andare a mangiare con gli operai perché dicevano che le prendevano in giro. Qualche battuta in effetti all’inizio ci fu, e la cosa venne discussa nell’esecutivo del consiglio di fabbrica, poi la cosa rientrò nella normalità. 
La Cisl aveva l’84% delle tessere e le idee nuove venivano dalla Cisl, anche se la Cgil era più pronta alla mobilitazione. All’inizio degli anni ’70 non avevano più di 50 tessere.
In azienda il paternalismo era ben presente. Anch’io ne ho approfittato per chi ne aveva bisogno. Quando qualcuno veniva da me, io mi rivolgevo al signor Vincenzo, poi, quando è arrivato Quatela, andavo da lui. Spesso era per far assumere qualcuno, il signor Vincenzo mi chiedeva solamente se erano brave persone, poi si fidava.
Quatela ha tentato di impostare relazioni industriali moderne. Era stato chiamato proprio per quello. In azienda non c’era nessuno all’altezza di gestire la contrattazione aziendale. La Vismara era la maggiore azienda del settore e il signor Francesco non ce la faceva a seguire tutto. Aveva grande pazienza e una forte dialettica. Era il direttore del personale. A volte nel confronto sindacale era duro. Peraltro ho chiesto anche a lui di assumere delle persone, in particolare tre giovani ragionieri, e lui li ha assunti. La differenza era che lui li vagliava prima di assumerli. Accettava le segnalazioni, ma il criterio di selezione era diverso.
Quando le mamme si rivolgevano al signor Vincenzo, lui gli rispondeva che non c’entrava più e che a decidere era Quatela.

Ho partecipato ai ritiri spirituali che si facevano la domenica, pagato dall’azienda. Si stava insieme, si mangiava in compagnia, mi piaceva. I preti erano dehoniani ed erano molto vicini al sindacato. Avevo studiato poco e per me erano occasioni per leggere, studiare, imparare cose nuove. Eppoi era il figlio del padrone che ci chiedeva di andare. Questo però non mi ha dato particolari vantaggi in Vismara.
Il rapporto tra la Vismara e il mondo cattolico locale era stretto. La parola di un parroco per il signor Vincenzo contava. Se lui diceva che era un bravo ragazzo questo veniva assunto. Anche tutti i comunisti furono assunti grazie ai parroci, che evidentemente non conoscevano così bene quei ragazzi. “I bolscevichi mi hanno fregato” diceva il signor Vincenzo.
L’asilo di Casatenovo è un dono della Vismara. L’oratorio, la Casa del giovane sono tutte opere realizzate dalla Vismara. Non solo a Casatenovo, quando un parroco si rivolgeva a loro, loro intervenivano sempre. Vincenzo faceva beneficenza in quel modo. Scomparso il signor Vincenzo è finito tutto. Alla scuola materna mandava continuamente cose da mangiare, pagava il riscaldamento, ogni cosa servisse alle suore lui provvedeva.
Uberto, figlio di Vincenzo, è morto giovane di un tumore. Era del ’25. Era vicino ai partigiani delle brigate verdi e quando nel ’58 abbiamo fatto la prima fiaccolata al Ghisallo in memoria della Resistenza, lui ha voluto partecipare.
All’inizio degli anni ’60 ha lasciato l’azienda di famiglia per mettersi in proprio.