Intervista realizzata in occasione della pubblicazione del libro “Angeli senza ali. Morti bianche e sicurezza sul lavoro. Il caso Lombardia”, a cura di Costantino Corbari e Angelico Corti, Edizioni Lavoro, Roma, 2008
L'accordo è frutto di un modello di relazioni sindacali partecipativo che si è consolidato nel corso degli anni nel gruppo Marcegaglia, azienda metallurgica leader nel mondo nel settore della trasformazione dell'acciaio.
Un’azienda costruita a immagine e somiglianza del suo fondatore, Steno Marcegaglia, presidente e amministratore delegato del gruppo, che si dimostra molto attento al problema degli infortuni e della sicurezza sul lavoro.
Anche se non nasconde i limiti di ogni azione di prevenzione «perché - sostiene - la distrazione è sempre in agguato».
Le preoccupazioni di Steno Marcegaglia
Gli incidenti sul lavoro accadono con drammatica regolarità.
E’ un problema di aziende troppo distratte sull’aspetto della sicurezza? Una
questione di poca cultura degli imprenditori o di inattenzione dei lavoratori?
Le posso assicurare che a tutti noi imprenditori medi e
grandi oggi sta a cuore la sicurezza. Facciamo il massimo degli investimenti
possibili affinché non succedano infortuni per colpa lontra a causa delle
macchine, per carenza degli impianti o dei rezzi. Purtroppo gli incidenti
accadono per distrazione. Noi .coliamo i nuovi entrati. Ma il guaio è che gli
infortuni capitano agli operai più esperti per la confidenza che hanno sul
lavoro. Gli infortuni che avvengono per carenza delle attrezzature saranno il
5%. Preoccupazione maggiore l’abbiamo per alcuni prodotti di cui realizziamo la
carpenteria e poi affidiamo il montaggio a ditte specializzate. Una cosa molto
grave, per la quale ci arrabbiamo molto, è che queste ditte danno a cottimo il
lavoro a subappaltatori e ci sono lavoratori, stranieri in particolare, che pur
di guadagnare di più lavorano senza rispettare le norme di sicurezza. Perché a
volte i sistemi di sicurezza limitano il movimento e fanno perdere tempo. Noi
scegliamo le ditte migliori, ma ci sono lavori che sono subappaltati due o tre
volte.
E il caso dell’incidente accaduto a Boltiere?
Noi non c’entriamo niente. Abbiamo
appaltato i lavori di muratura per l’ampliamento dello stabilimento a un
capomastro tra i più noti della zona, questi a sua volta li ha affidati a una
ditta subappaltatrice guidata da un albanese. Proprio il fratello di questo è
caduto nel vano dell’ascensore.
Ha picchiato la testa ed è morto. Il nostro
appaltatore è una ditta seria, con cento dipendenti in regola. Noi controlliamo
se versano i contributi, se pagano gli operai. Se vediamo che qualcuno svolge
un lavoro pericoloso non protetto lo facciamo smettere,
ma il rischio come vede è sempre presente.
L’accordo che avete fatto sui temi della sicurezza nasce dopo
questa vicenda?
L’accordo non ha niente a che
vedere con l’incidente mortale di Boltiere. Noi abbiamo un coordinamento sindacale di gruppo. Tutti i consigli di fabbrica degli stabilimenti
Marcegaglia una volta all’anno si riuniscono e
l’accordo l’abbiamo fatto in questo ambito. L’iniziativa è partita dallo
stabilimento di Forlì, dove abbiamo 400 dipendenti. A Forlì ci sono gli
operai più vivaci, più decisi e, senza un’ora di
sciopero, con la discussione abbiamo raggiunto un’intesa sulla sicurezza
nell’ambito dell'accordo integrativo aziendale. Poi questo è stato inserito nell’accordo
di gruppo.
Quindi è il risultato di un percorso.
Quali sono stati esattamente i passaggi?
Il primo contratto
integrativo aziendale di gruppo lo abbiamo fatto un anno fa, da quando esiste
il coordinamento con l’intesa che il contratto integrativo di Forlì servisse da
modello per . Abbiamo una regola con i sindacati, per cui non possiamo né di
meno né di più in nessuno stabilimento. A volte ci alcuni consigli di fabbrica
che vorrebbero fare diversamente, ma noi cerchiamo di far sì che le intese
siano valide per allo stesso modo.
Nell'accordo c’è scritto che si punta all’obiettivo di
un tasso di infortuni pari allo zero. E solo un modo
per dare un segnale o ritiene possibile raggiungerlo?
Non è possibile. Noi
lo speriamo fortemente, però una distrazione è
sempre in agguato. Abbiamo avuto degli infortuni perché in due lavoravano su una stessa macchina per essere
più sicuri, anche se avrebbe potuto esserci un solo
operaio. Uno ha staccato tutto perché doveva andare
in bagno, l’altro non immaginava che ci fosse il
collega con la mano nell'impianto, ha fatto partire
la macchina e così è avvenuto l’infortunio. Una distrazione ci potrà sempre essere. Il tasso di infortuni zero lo
vogliamo tutti. La nostra più grande
preoccupazione sono i lavoratori. Quando sono via, e
lo sono spesso perché mi occupo della cosa
essenziale cioè l’acquisto della materia prima, alla telefonata che faccio
chiedo se ci sono stati infortuni.
E’
un costo la sicurezza?
Si
è un costo, ma è una spesa che sosteniamo volentieri. Lavorando in sicurezza l’operatore rende meno. Quando c’è un cambio
di attrezzo su una macchina, perché
varia il diametro del tubo da produrre, se non si
mettono tutti i carter di protezione (che volta non si usavano), si corre
il rischio di rimanere impigliati nelle
apparecchiature. Oggi non può succedere, ma questo richiede tempo. L’attenzione è su tutto: fumo e rumore. Un
operaio ben difficilmente può infortunarsi,
neppure se lo vuole, perché abbiamo tutte le macchine «a misura di asino». Se
uno per sbaglio fa una manovra che non dovrebbe fare, la macchina si ferma. Se
lei si avvicina più di tanto, si ferma.
Quanto investite in
sicurezza?
Operare in sicurezza vuol dire ridurre
la velocità del lavoro. Non lavorando in sicurezza la manodopera renderebbe
almeno il 10% in più, ma ovviamente nemmeno ci sogniamo di farlo.
Spesso si sostiene che
le norme per la sicurezza sul lavoro siano un freno per l’impresa...
Effettivamente lo sono, però all’impresa
costa molto di più l’incidente. Oggi con la sicurezza si arriva all’assurdo che
si prescrivono due uomini in situazioni in cui si danno fastidio tra di loro.
L’ispettore del lavoro ha un potere assoluto, e tutti abbiamo il terrore
dell’infortunio. Il giudice, se lei ha la sfortuna di avere un ispettore molto
severo, che va ben oltre il buon senso, può crearle dei problemi.
Il vostro settore, la
metallurgia, è più a rischio di altri?
Rischi ci sono, ma il grande pericolo è
quando si affidano lavori ad altri, come per la costruzione dei capannoni.
L’introduzione di nuove
tecnologie ha voluto dire maggiore o minore sicurezza?
La maggiore velocità non influisce sulla
maggiore o minore sicurezza. Gli infortuni per la gran parte sono dovuti a
sviste.
Un’area a rischio è
normalmente la manutenzione. Molte aziende l’hanno esternalizzata. Voi come vi
siete regolati in questo ambito?
Noi no. Facciamo lavorare molte ditte
esterne, ma la manutenzione deve essere di pronto intervento. Lavoriamo 24 ore
su 24 e abbiamo sempre un meccanico e un elettricista di turno che sono
interni. Solo qualche volta, se serve uno specialista che non abbiamo
chiamiamo un esterno. La manutenzione ordinaria è
ratta interna. Con qualche svantaggio, perché quando un manutentore raggiunge
una certa età ha paura ad andare in alto e abitualmente lo facciamo lavorare a
terra, ma se si rompe un carro ponte in urgenza deve salire su. Noi di carri ne
abbiamo 350. dei migliori, però la possibilità di guasti è sempre in agguato.
Avete avuto molti
infortuni gravi?
Pochissimi. La grande azienda, come
percentuale di infortuni, ne ha molti meno rispetto alle piccole, pur avendo
migliaia di operai.
Come vi comportate nelle
vostre aziende all’estero in merito alla sicurezza sul lavoro? Ci sono regole
diverse o avete la stessa impostazione ovunque?
Siamo sempre molto attenti
all’antinfortunistica e, dove arriviamo, sempre molti vogliono venire a
lavorare da noi. Nel resto del mondo ognuno fa quello che vuole. Ci sono le
regole, ma nessuno va a controllare. Noi ci comportiamo allo stesso modo
ovunque. Siamo leader mondiali nella trasformazione dell’acciaio e trasferiamo
le nostre esperienze in tutti i paesi dove andiamo.
Quali sono gli obiettivi
di carattere generale che vi proponete con l’accordo sulla sicurezza appena
sottoscritto?
La manodopera è fondamentale e il
successo di molte aziende e dovuto alla qualità della manodopera, quindi ai
nostri lavoratori teniamo molto e andare d’accordo è fondamentale. A Mantova il
rapporto con i lavoratori e con il sindacato è positivo, tanti sono entrati in
Marcegaglia da ragazzi e sono cresciuti qui insieme all’azienda. Abbiamo
qualche problema con le acquisizioni più recenti, perché il rapporto è diverso,
ma stiamo cercando di modificarlo, sulla base della nostra cultura. Negli stabilimenti
che abbiamo costruito da zero il capo del personale conosce personalmente gli
operai e i sindacalisti. Io incontro tutti i lavoratori una volta all’anno e
con tutti si va a cena insieme.
Un tempo tutto ciò si
chiamava paternalismo...
Li paghiamo bene. I nostri sanno farsi
pagare bene e sono molto legati all’azienda.