venerdì 24 aprile 2020

STENO MARCEGAGLIA - Gazoldo degli Ippoliti - Mantova

Intervista realizzata in occasione della pubblicazione del libro “Angeli senza ali. Morti bianche e sicurezza sul lavoro. Il caso Lombardia”, a cura di Costantino Corbari e Angelico Corti, Edizioni Lavoro, Roma, 2008


Gruppo Marcegaglia. Progetto infortuni zero
L'accordo è frutto di un modello di relazioni sindacali partecipativo che si è consolidato nel corso degli anni nel gruppo Marcegaglia, azienda metallurgica leader nel mondo nel settore della trasformazione dell'acciaio.
Un’azienda costruita a immagine e somiglianza del suo fondatore, Steno Marcegaglia, presidente e amministratore delegato del gruppo, che si dimostra molto attento al problema degli infortuni e della sicurezza sul lavoro. 
Anche se non nasconde i limiti di ogni azione di prevenzione «perché - sostiene - la distrazione è sempre in agguato».

Le preoccupazioni di Steno Marcegaglia
Gli incidenti sul lavoro accadono con drammatica regolarità. E’ un problema di aziende troppo distratte sull’aspetto della sicurezza? Una questione di poca cultura degli imprenditori o di inattenzione dei lavoratori?
Le posso assicurare che a tutti noi imprenditori medi e grandi oggi sta a cuore la sicurezza. Facciamo il massimo degli investimenti possibili affinché non succedano infortuni per colpa lontra a causa delle macchine, per carenza degli impianti o dei rezzi. Purtroppo gli incidenti accadono per distrazione. Noi .coliamo i nuovi entrati. Ma il guaio è che gli infortuni capitano agli operai più esperti per la confidenza che hanno sul lavoro. Gli infortuni che avvengono per carenza delle attrezzature saranno il 5%. Preoccupazione maggiore l’abbiamo per alcuni prodotti di cui realizziamo la carpenteria e poi affidiamo il montaggio a ditte specializzate. Una cosa molto grave, per la quale ci arrabbiamo molto, è che queste ditte danno a cottimo il lavoro a subappaltatori e ci sono lavoratori, stranieri in particolare, che pur di guadagnare di più lavorano senza rispettare le norme di sicurezza. Perché a volte i sistemi di sicurezza limitano il movimento e fanno perdere tempo. Noi scegliamo le ditte migliori, ma ci sono lavori che sono subappaltati due o tre volte.

E il caso dell’incidente accaduto a Boltiere?
Noi non c’entriamo niente. Abbiamo appaltato i lavori di muratura per l’ampliamento dello stabilimento a un capomastro tra i più noti della zona, questi a sua volta li ha affidati a una ditta subappaltatrice guidata da un albanese. Proprio il fratello di questo è caduto nel vano dell’ascensore. Ha picchiato la testa ed è morto. Il nostro appaltatore è una ditta seria, con cento dipendenti in regola. Noi controlliamo se versano i contributi, se pagano gli operai. Se vediamo che qualcuno svolge un lavoro pericoloso non protetto lo facciamo smettere, ma il rischio come vede è sempre presente.

L’accordo che avete fatto sui temi della sicurezza nasce dopo questa vicenda?
L’accordo non ha niente a che vedere con l’incidente mortale di Boltiere. Noi abbiamo un coordinamento sindacale di gruppo. Tutti i consigli di fabbrica degli stabilimenti Marcegaglia una volta all’anno si riuniscono e l’accordo l’abbiamo fatto in questo ambito. L’iniziativa è partita dallo stabilimento di Forlì, dove abbiamo 400 dipendenti. A Forlì ci sono gli operai più vivaci, più decisi e, senza un’ora di sciopero, con la discussione abbiamo raggiunto un’intesa sulla sicurezza nell’ambito dell'accordo integrativo aziendale. Poi questo è stato inserito nell’accordo di gruppo.

Quindi è il risultato di un percorso. Quali sono stati esattamente i passaggi?
Il primo contratto integrativo aziendale di gruppo lo abbiamo fatto un anno fa, da quando esiste il coordinamento con l’intesa che il contratto integrativo di Forlì servisse da modello per . Abbiamo una regola con i sindacati, per cui non possiamo né di meno né di più in nessuno stabilimento. A volte ci alcuni consigli di fabbrica che vorrebbero fare diversamente, ma noi cerchiamo di far sì che le intese siano valide per allo stesso modo.

Nell'accordo c’è scritto che si punta all’obiettivo di un tasso di infortuni pari allo zero. E solo un modo per dare un segnale o ritiene possibile raggiungerlo?
Non è possibile. Noi lo speriamo fortemente, però una distrazione è sempre in agguato. Abbiamo avuto degli infortuni perché in due lavoravano su una stessa macchina per essere più sicuri, anche se avrebbe potuto esserci un solo operaio. Uno ha staccato tutto perché doveva andare in bagno, l’altro non immaginava che ci fosse il collega con la mano nell'impianto, ha fatto partire la macchina e così è avvenuto l’infortunio. Una distrazione ci potrà sempre essere. Il tasso di infortuni zero lo vogliamo tutti. La nostra più grande preoccupazione sono i lavoratori. Quando sono via, e lo sono spesso perché mi occupo della cosa essenziale cioè l’acquisto della materia prima, alla telefonata che faccio chiedo se ci sono stati infortuni.

E’ un costo la sicurezza?
Si è un costo, ma è una spesa che sosteniamo volentieri. Lavorando in sicurezza l’operatore rende meno. Quando c’è un cambio di attrezzo su una macchina, perché varia il diametro del tubo da produrre, se non si mettono tutti i carter di protezione (che volta non si usavano), si corre il rischio di rimanere impigliati nelle apparecchiature. Oggi non può succedere, ma questo richiede tempo. L’attenzione è su tutto: fumo e rumore. Un operaio ben difficilmente può infortunarsi, neppure se lo vuole, perché abbiamo tutte le macchine «a misura di asino». Se uno per sbaglio fa una manovra che non dovrebbe fare, la macchina si ferma. Se lei si avvicina più di tanto, si ferma.

Quanto investite in sicurezza?
Operare in sicurezza vuol dire ridurre la velocità del lavoro. Non lavorando in sicurezza la manodopera renderebbe almeno il 10% in più, ma ovviamente nemmeno ci sogniamo di farlo.

Spesso si sostiene che le norme per la sicurezza sul lavoro siano un freno per l’impresa...
Effettivamente lo sono, però all’impresa costa molto di più l’incidente. Oggi con la sicurezza si arriva all’assurdo che si prescrivono due uomini in situazioni in cui si danno fastidio tra di loro. L’ispettore del lavoro ha un potere assoluto, e tutti abbiamo il terrore dell’infortunio. Il giudice, se lei ha la sfortuna di avere un ispettore molto severo, che va ben oltre il buon senso, può crearle dei problemi.

Il vostro settore, la metallurgia, è più a rischio di altri?
Rischi ci sono, ma il grande pericolo è quando si affidano lavori ad altri, come per la costruzione dei capannoni.

L’introduzione di nuove tecnologie ha voluto dire maggiore o minore sicurezza?
La maggiore velocità non influisce sulla maggiore o minore sicurezza. Gli infortuni per la gran parte sono dovuti a sviste.

Un’area a rischio è normalmente la manutenzione. Molte aziende l’hanno esternalizzata. Voi come vi siete regolati in questo ambito?
Noi no. Facciamo lavorare molte ditte esterne, ma la manutenzione deve essere di pronto intervento. Lavoriamo 24 ore su 24 e abbiamo sempre un meccanico e un elettricista di turno che sono interni. Solo qualche volta, se serve uno specialista che non abbiamo chiamiamo un esterno. La manutenzione ordinaria è ratta interna. Con qualche svantaggio, perché quando un manutentore raggiunge una certa età ha paura ad andare in alto e abitualmente lo facciamo lavorare a terra, ma se si rompe un carro ponte in urgenza deve salire su. Noi di carri ne abbiamo 350. dei migliori, però la possibilità di guasti è sempre in agguato.

Avete avuto molti infortuni gravi?
Pochissimi. La grande azienda, come percentuale di infortuni, ne ha molti meno rispetto alle piccole, pur avendo migliaia di operai.

Come vi comportate nelle vostre aziende all’estero in merito alla sicurezza sul lavoro? Ci sono regole diverse o avete la stessa impostazione ovunque?
Siamo sempre molto attenti all’antinfortunistica e, dove arriviamo, sempre molti vogliono venire a lavorare da noi. Nel resto del mondo ognuno fa quello che vuole. Ci sono le regole, ma nessuno va a controllare. Noi ci comportiamo allo stesso modo ovunque. Siamo leader mondiali nella trasformazione dell’acciaio e trasferiamo le nostre esperienze in tutti i paesi dove andiamo.

Quali sono gli obiettivi di carattere generale che vi proponete con l’accordo sulla sicurezza appena sottoscritto?
La manodopera è fondamentale e il successo di molte aziende e dovuto alla qualità della manodopera, quindi ai nostri lavoratori teniamo molto e andare d’accordo è fondamentale. A Mantova il rapporto con i lavoratori e con il sindacato è positivo, tanti sono entrati in Marcegaglia da ragazzi e sono cresciuti qui insieme all’azienda. Abbiamo qualche problema con le acquisizioni più recenti, perché il rapporto è diverso, ma stiamo cercando di modificarlo, sulla base della nostra cultura. Negli stabilimenti che abbiamo costruito da zero il capo del personale conosce personalmente gli operai e i sindacalisti. Io incontro tutti i lavoratori una volta all’anno e con tutti si va a cena insieme.

Un tempo tutto ciò si chiamava paternalismo...
Li paghiamo bene. I nostri sanno farsi pagare bene e sono molto legati all’azienda.