giovedì 15 ottobre 2020

Una favola che dura ancora

"Gli Otp. Ovvero, analisi semiseria di duemila anni di storia sindacale". Saggio pubblicato sui Quaderni dell'Osservatorio sindacale, Milano, 1997

C'erano una volta,... 

e ci sono ancora, uomini e donne che ad un certo punto della loro esistenza si accorgono che le condizioni in cui vivono non gli vanno più bene e decidono di cambiarle. Per cambiare, però, non partono per Puerto Escondido, non aprono una birreria sulle rive del Topomac, non si convertono al pensiero del Sai Baba. No, non sono tipi di questo genere, a loro piace organizzarsi, mettersi alla testa, lottare, cambiare insieme, insomma: amano farlo in gruppo, in bella compagnia! 

Chi sono? Innanzitutto non ci si deve fare ingannare dalle apparenze, non dobbiamo pensare a chissà quali mostri strani. In realtà, scorrendo il loro identikit, scopriamo che sono simili a molti altri piccoli borghesi che incontriamo nelle code lungo le strade, sulla Mi-Ve, Mi-To, Mi-Laghi, Tangenziale Est, Tangenzialina, Peduncolo, traffico sfrenato, caotico, incasinato. E sì, perché loro sono sempre in macchina. E quando non sono in coda li troviamo al ristorante (tutti esperti di cibi, vini e locali giusti), in riunione, al telefono e ... sono sempre occupati. 

Ma vediamoli da vicino. Eccoli: maschi, di età compresa tra i 36 e i 50 anni, lombardi di nascita, sposati con prole, vivono insieme alla cara consorte nella bella casa di proprietà. Qual è il lavoro del coniuge? Facile: l'insegnante o l'impiegata. 

Il quadro non è dei più entusiasmanti. Eppure questi signori e signore hanno un passato degno di essere raccontato, un pedigree che affonda le radici nell'antichità. 

Ricordate la storia dei tribuni della plebe? Nell’antica Roma i patrizi godevano dei frutti del lavoro di artigiani, contadini e commercianti, ma non concedevano loro alcun diritto. I plebei - cioè la piccola borghesia romana - erano stufi di essere sbeffeggiati dai nobili e un bel giorno decisero di organizzarsi, di mettersi insieme, di protestare per le loro condizioni e di impegnarsi per cambiarle. Tra i più scalmanati, o i più intelligenti, furono scelti dei "tribuni", con il compito di trattare con la controparte. Ottennero buoni risultati, anche se qualcuno fece una brutta fine. Tra i più noti: Tiberio venne ammazzato sulla piazza del Campidoglio, mentre il fratello Caio si fece infilzare da un suo fedele schiavo. 

Più o meno nello stesso periodo, anche altri lavoratori si organizzarono per cambiare le loro condizioni. Certo erano operai un po' speciali: i loro attrezzi erano spade e lance e la loro occupazione principale consisteva nel far buchi nella pelle degli altri. Anche tra loro, un bel giorno, un tipo si disse che voleva cambiare vita, ma invece di andarsene da solo pensò bene di mettersi alla guida dei suoi colleghi. E fu un casino. 

Certo quel primo capopopolo - di nome Spartaco - non andava troppo per il sottile, e nemmeno le sue controparti scherzavano molto, visto che marciavano a ranghi compatti sotto le insegne dei triunviri romani. I seimila sopravvissuti allo scontro con le legioni di Crasso finirono crocefissi ad abbellire la strada tra Capua e Roma. 

Col trascorrere dei secoli le vicende umane non sono cambiate poi molto. Certo, mutano gli scenari, gli ambienti e le armi utilizzate, ma c’è sempre qualcuno che, ad un certo punto, decide che occorre cambiare le cose e subito si mette a cercare compagnia: perché insieme è bello e se si è in tanti, ancor di più. 

Ciuto Brandini e Michele di Landò hanno due belle storie da raccontare. Qui si parla di operai, quelli veri. Brandini lavora in un lanificio e guadagna abbastanza per mandare avanti la famiglia, ma un bel giorno un paio di banche dichiarano fallimento, trascinandosi dietro anche la fabbrica di Ciuto. Lui non ci sta a pagare le conseguenze della crisi, organizza lo sciopero dei tintori e li porta tutti in piazza a manifestare contro gli speculatori. Intanto cerca anche di dar vita ad un sindacato. Purtroppo finisce male, le manifestazioni e gli scioperi sono repressi con la forza. 

Qualche anno più tardi ci prova un altro operaio, sempre dell'industria laniera, ma di un altro reparto: la cardatura. Stavolta le lotte hanno maggiore successo e gli operai, stringendo alleanze con altre categorie di lavoratori, riescono ad imporre l'eliminazione delle misure repressive che erano state introdotte e a costruire ben tre nuove organizzazioni. Sull'onda del successo il Di Landò arriva addirittura al governo. Forse il primo operaio che la storia ricordi ad assumere un ruolo così importante. Ma i lavoratori si dividono, le tre "sigle" litigano tra di loro e Michele di Landò - il venduto - finisce per schierarsi contro i suoi vecchi compagni. Nel giro di poco tempo tutto torna come prima: le organizzazioni vengono sciolte, le conquiste cancellate. 

Storie vere, lotte dure e, per i tempi in cui sono avvenute, decisamente all'avanguardia: siamo, infatti, a metà dell'anno 1300, a Firenze. Non fatevi impressionare dalla fine dei nostri eroi: Ciuto venne impiccato sulla pubblica piazza e Michele, più opportunista, se la cavò con l'esilio. Forse erano un po’ troppo avanti per i loro tempi. 

Le vicende di Michele di Landò sono ricordate sui libri di storia con il nome di “tumulto dei Ciompi”, che erano, appunto, gli operai addetti alla cardatura della lana. 

Ma chi li ha spinti sulla scena quei due? 

Per vedere l'entrata nella storia delle grandi masse operaie occorre fare un nuovo salto e passare dal XIV al XIX secolo. Le condizioni di vita degli operai dell'industria europea sono generalmente spaventose e alcuni "utopisti" cercano di mettersi alla loro testa, di guidarle verso il riscatto. 

Il resto lo conoscete meglio di me: sono lotte, scioperi, repressione, violenza, morti. Ma con il trascorrere del tempo, sempre più ci si organizza, spuntano persone che nonostante i rischi personali si mettono alla testa del movimento. I risultati del loro lavoro si vedono, anche se sono sempre in molti a dargli addosso. 

Sono passati giusti giusti duemila anni dalle battaglie di quei primi condottieri popolari e la domanda è sempre la stessa? Chi glielo ha fatto fare? Un tempo chiedevano pane e libertà. E oggi? Già, oggi: più o meno sono interessati alle medesime cose, anche se con alcune attenzioni in più alle esigenze personali. 

Del resto il mercato dei nuovi optional è molto sofisticato: vacanze premio e sconti sugli acquisti, auto nuova, pensione integrativa, borse di studio per i figli, diaria e rimborsi pasto, cellulare (telefono, ndr), personal computer. Tutto molto allettante per i novelli tribuni, anche se in primis continuano a desiderare solidarietà e comprensione. 

Ebbene si, ora lo sappiamo: tra l’utile, il necessario e il dilettevole, ne vale sempre la pena. E così la favola dura ancora oggi. 

E tutti continueranno a vivere felici e contenti. 

Dimenticavo, di chi stiamo parlando? Non l’avete ancora capito? Ma è ovvio, degli otp. 

GLI OTP DELLA FIM 

Figura strategica quella dell’operatore territoriale a tempo pieno della Firn lombarda: novanta giovanotti su cui il glorioso sindacato dei metalmeccanici ha capito che deve investire alla grande. “Otp”, li hanno sintetizzati, che è poco meno o poco più di una parolaccia. “Sei un otp” “Bada al tuo linguaggio: otp sarai tu”, e così via. Bisogna inoltre considerare che tra loro ci sono - seppure scarse - alcune femmine e otp suona antipaticamente neutro. 

Siccome si doveva “investirci su” ecco l’idea di una bella indagine: di questi tempi non si nega a nessuno, figuriamoci ai nostri otp, “figure - come recita la premessa - oggi come non mai sottoposte ad un aumento delle sollecitazioni al cambiamento e dei carichi di lavoro che si accompagnano ad uno status e a condizioni economico normative legate al passato”. Non avete capito bene? Forse è meglio che rileggiate una seconda volta! 

Fatto? Allora possiamo andare avanti. Dunque le condizioni dei nostri otp sono destinate a cambiare, ma come? Prima di dare una risposta precisa bisogna conoscerli a fondo, capire come se la spassano a casa, sul lavoro, ma anche al cinema e in vacanza. Dubbio: il grande fratello della Firn li vuole controllare in ogni attimo della loro esistenza? Proseguiamo. 

Non bastassero tutte le ore che vengono dedicate al lavoro, ecco anche l’impegno di dover rispondere al questionario: mezzora ciascuno, sentenziano gli esperti della Directa. 

Raccolti tutti i questionari - rigorosamente anonimi (ma sarà vero?) - i dati sono stati inseriti in un fedele calcolatore e sfornati in bella mostra, con grafici e tabelle. 

A proposito di calcolatore: e con Internet come ve la cavate, siete collegati o no? Che provider avete scelto? Meglio il nuovo Windows ‘95 o il vecchio, ma più pratico 3.1? E First Class? Siete collegati con il client della Cisl? 

Ma non facciamoci distrarre dalle novità tecnologiche. Vediamo dunque cosa ha sputato il nostro cervellone. Come sapete, le classifiche di questo tipo si possono sempre guardare da due punti di vista: mezzo pieno o mezzo vuoto? Dall’alto o dal basso? I valori medi sono banali, non fanno notizia. Chissà perché gli studiosi preferiscono proprio quelli? 

Noi abbiamo scelto la descrizione degli otp visti dal basso, una visuale decisamente più intrigante: le donne sono solo il 13 per cento, l’8 per cento sono vedovi o separati, il 14 per cento ha meno di 35 anni, il 10 per cento vive da solo, l’8 per cento ha più di tre figli, il 26 per cento non è lombardo, il 2 per cento non ha una casa in proprietà. 

Vi riconoscete? O preferite l’altra descrizione? Fate voi: sappiate che sono entrambe assolutamente vere. Così come occorre sapere che alcune risposte che non ci piacciono non sono state riprese. Tanto, come fate a controllare? 

Andiamo avanti, sempre con un punto di vista minimalista, osservando il mezzo vuoto: nessun padre degli otp è un casalingo, nessuna mamma è una dirigente, nessuna moglie o marito di otp è una/un dirigente. Allora chi sono genitori e consorti degli otp? 

Girate la bottiglia, cambiate orizzonte e scoprirete che il 64 per cento dei padri è operaio, il 75 per cento della madri sono casalinghe e il 39 per cento dei coniugi sono impiegati o insegnanti: troppo normale. Un punto di vista decisamente poco interessante. Rigiriamo la nostra bottiglia. 

Titoli di studio: il 3 per cento degli otp sono laureati, l’I per cento ha la licenza elementare, il 34 per cento non conosce alcuna lingua straniera, gli altri la conoscono male, l’I per cento conosce una lingua “altra” che non è francese, inglese, tedesco e spagnolo. Siamo tutti interessati a sapere qual è questa lingua, certamente meravigliosa, ma l’indagine non ce lo dice. Chissà perché le risposte più interessanti nei questionari di questo tipo vengono sempre messe dai ricercatori nella casella “altro”: o sono troppo difficili da interpretare, o rompono gli schemi degli esperti. 

Lavoro, triste incombenza: ma attenzione, il 9 per cento degli otp lavora solo da otto anni e il 3 per cento ha iniziato dopo i 25 anni di età. V1 per cento non ricorda da quando è nel sindacato, ma il 10 per cento vi è da oltre vent’anni. Il 10 per cento era occupato come impiegato prima di diventare otp, ma l’8 per cento prima non era ne impiegato, ne operaio ne sindacalista. Cos’era? Ancora una volta, non lo sappiamo. 

Ma oggi, com’è il rapporto con la casa madre Fim? L’1 per cento è distaccato con permessi aziendali, il 5 per cento proviene dai servizi della Cisl. Il 41 per cento è segretario! 

Quante battaglie, lotte, colpi bassi; anni e anni di gavetta per arrivare al fatidico ruolo di “segretario” per poi scoprire che in quello spazio si è in troppi. Ci si sta stretti. 

Cari otp, sapete qual è la soluzione? Qualcuno deve scendere. Si toma indietro. Niente più titolo. E qui permettetemi una osservazione: stai a vedere che il vero obiettivo dell’indagine era proprio questo? Ora è chiaro a tutti, lo dicono i numeri: i segretari sono troppi. Che vi abbiano fregati con una - forse fintamente innocua - ricerca? 

Per evitare di essere buttati giù, o per cercare di starci meglio, occorre studiare, aggiornarsi, fare formazione. L’1,6 per cento - i più sinceri - lo dicono chiaramente: la formazione dovrebbe servire per assicurare vantaggi in termini di remunerazione. Certamente questi non si ritrovano in quel 3 per cento che non sa quanti giorni abbiano a disposizione per la formazione: i nostri, quelli scrocchi, frequenterebbero corsi anche tutti i giorni pur di poter portare a casa qualche quattrino in più. Non credo si riconoscano tra quel 5 per cento di operatori che considera buono il loro stipendio. 

Forse, però, davvero la situazione degli otp è cambiata. Molti sostengono, infatti, che si fatica a rispondere alle nuove esigenze nella domanda di rappresentanza. Non tutti, però. Il 2 per cento ci dice che non è assolutamente vero. Per loro non c’è alcun problema.

Volete sapere come trascorrono il loro tempo gli otp? Eccovi accontentati: ogni cento ore, 49,2 le impegnano lavorando. Vorrebbero lavorare meno. Ma per fare che? Ovvio, per occupare altre quattro ore nelle attività politiche e sociali. Masochisti. 

E in vacanza, signori otp, dove andate in vacanza? L’indagine deve essere completa, “Loro” vogliono sapere tutto! E sanno che gli otp non si sottrarrebbero mai. L’8 per cento degli intervistati fa “altro”. Che invidia, forse sono vacanze stupende, in luoghi mai visti, ma ai ricercatori, evidentemente non piacciono, loro registrano solo se si viaggia in coda o si va in pensione a Rimini. Il 13 per cento rimane a casa (chissà se sono quelli che si lamentano per i quattrini? Ricercatori, accidenti a voi, non ci dite le cose più interessanti!), un altro 7 per cento va in un paese extraeuropeo. Pancia al sole ai Caraibi o visita ai bambini affamati dell’Africa? Ancora una volta, silenzio. 

Altri interessi fuori ufficio: il 5 per cento pratica attività sportive, il 7 per cento punta all’affermazione personale. L’autore qui dichiara la propria incapacità di interpretazione del dato: cercano un lavoro in banca? curano relazioni con una ricca ereditiera? praticano intrallazzi politici o amorazzi illeciti? 

Il lavoro stressa, e purtroppo è capitato che il 21 per cento degli otp sia finito in una corsia d’ospedale; per fortuna c’è il sostegno della famiglia, che vi è sempre vicina: il 7 per cento dei familiari è scontento del vostro lavoro, il 9 per cento semplicemente se ne frega. Ma, credo ancor peggio, il 2 per cento degli otp, dopo una giornata trascorsa tra assemblee, riunioni e telefonate, tornando a casa trovano qualcuno che li costringe a discutere degli “aspetti politico-politico sindacali” della vita. Suicidio. 

Ma cosa vogliono di più gli otp? Il 2 per cento un bel personal computer, a casa, così si portano il dischetto dall’ufficio e lavorano anche la domenica. Ma questo l’indagine non lo dice. E se giocassero con i videogames? 

Non tutti troveranno il tempo per scriversi le relazioni in cucina, perché gli impegni esterni al lavoro incalzano, la gran parte è attiva in qualche associazione: il 33 per cento in nessuna, il 2 per cento in Comunione e Liberazione. 

Torniamo all’impegno principale degli otp: l’attività sindacale. L’unità sindacale è bella, però: le relazioni professionali con la Uilm sono un disastro (2,5 per cento), e poi mica si può mettere da parte la competizione professionale con gli altri sindacalisti (2,9 per cento), anche con la Fiom non è che le cose vadano tanto bene (3,2 per cento). 

Attenzione. Domanda ambigua: chiedono i ricercatori “In vista dell’unità sindacale cosa dovrebbe cambiare (in) Firn?”. Scusate, ma chi la vede all’orizzonte l’unità sindacale? La verità è che starete ancora a lungo tutti quanti nella casa di mamma Cisl. L’importante - ci dice il 5 per cento degli otp - è non lasciarsi sopraffare dalla Cisl. PS: questo non ditelo a D’Antoni perché, pur sorridendo, si incazzerebbe di brutto. Nota per gli otp più ingenui: Sergio D’Antoni è il segretario generale della Cisl. 

Gli otp hanno richieste da avanzare anche alle altre organizzazioni. Alla Uilm (5 per cento): “assumersi più responsabilità concrete-meno slogan”. Ma dove li trovate per chiederglielo? Alla Fiom: “Non sa” (17 per cento). 

Cari otp, per chiudere, vi piace il vostro lavoro? Per niente (2 per cento), poco (5 per cento), molto (9 per cento). Bo! (9 per cento). Che cosa vi fa gioire di più? Ovvio, il ruolo dirigenziale (5 per cento). Bo (7 per cento). Di contro, che cosa vi angustia maggiormente? La Cisl: c’è poca comunicazione e scarsa discussione (5 per cento). Questi insistono! 

Onorevoli otp, quali sono le ragioni del successo della Firn? Non c’è problema, vanno bene tutte le risposte. Purtroppo, però, c’è sempre qualcuno più difficile: il 2 per cento dice “altro”, non si accontenta di tutte le possibilità messe in bella fila dagli uomini della Directa sotto la sapiente regia della segreteria regionale. Attenzione, pericolo, sovversivi! 

E se domani, mettiamo il caso, ve ne vorreste andare (o, in alternativa, vi buttassero fuori) cosa fareste? Dimentichiamoci per una volta dei “non so” e degli “altro”: il 7 per cento vuole entrare in politica. 

Visto quello che c’è in giro: “Forza otp”! 

EPILOGO 

(verso un futuro radioso) 

La pioggia scendeva fitta e sottile come accadeva ormai da lungo tempo, sullo sfondo dei capannoni bianchi il cielo grigio era squarciato da violenti lampi di luce azzurrognola. Gli argentei tubi metallici che avvolgevano tutte le strutture rilanciavano i raggi verso il cielo. 

Il veicolo correva veloce nel traffico del mattino. I vetri scuri impedivano ai lampi di colpire il volto dell’autista. Le scritte al neon rosse e verdi gli vennero incontro quasi all’improvviso. Era la prima volta che arrivava in quel quadrante, l’ostacolo inatteso lo costrinse a pigiare con forza sul pedale: il computer di guida eseguì dolcemente l’operazione di frenata e la vettura cominciò ad abbassarsi, posandosi sicura a terra. 

Era da quasi vent’anni che non si vedeva una manifestazione di protesta, i lavoratori questa volta non si erano accontentati delle lusinghe del governatore del quadrante ed erano usciti in strada. Gli striscioni luminosi, sorretti da piccoli getti ad idrogeno, danzavano alti nella pioggia, impedendo il passaggio dei veicoli. 

Le guardie cittadine erano già sul posto, ma il gruppo di persone in tuta gialla e bianca era ben deciso a non mollare. I più attivi tra loro avevano trovato nella biblioteca aziendale alcune vecchie immagini, qualche pezzo di carta ancora visibile al videolettore e avevano capito che avrebbero potuto rivolgersi al governatore tutti insieme e non uno alla volta, come raccomandavano le buone maniere in uso alla fine del XXII secolo. 

La protesta covava da tempo. Nei mesi precedenti si erano riuniti i rappresentanti dei diversi quadranti e avevano preso contatto con i settori più lontani, dove non si era persa la memoria degli antichi conflitti. Qui i lavoratori erano organizzati e avevano promesso l’invio di un esperto per dar loro una mano se avessero deciso di mettersi insieme per difendere i propri diritti. E così avevano fatto. 

Il portellone del veicolo si aprì silenziosamente ruotando di 90 gradi. I lavoratori si voltarono tutti. Ne scese un uomo abbastanza giovane, una cartella in una mano e un pacco di video-volantini sotto braccio. 

Su in alto la luce degli striscioni luminosi si mescolava ai lampi del cielo piovoso. Nel suo corto impermeabile trasparente l’otp avanzava deciso. 

Intorno a lui fu un mescolarsi di colori.