mercoledì 12 agosto 2020

GIANCARLO VAROTTI 2 - Pirelli Sapsa e Bicocca - Milano

Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “L’idea del dialogo. Cultura del lavoro, contrattazione, relazioni industriali nella chimica italiana”, di Costantino Corbari, BiblioLavoro, Sesto San Giovanni (Mi), 2017

Ho fatto la terza media e poi ho frequentato cinque anni di corso per meccanico all'interno dell'Abbazia di Pomposa. Dormivamo nelle cellette dei frati e mangiavamo nel refettorio. Avevamo lezioni in aula il mattino e di pomeriggio facevamo pratica sui trattori mastodontici che spianavano le dune del delta padano per dare la terra ai contadini quando nel 1950 venne avviata la riforma Fanfani dell'agricoltura. C'erano gli anziani che ci insegnavano a guidare quelle grosse macchine e in officina a fare la manutenzione e le riparazioni. Finita la scuola siamo stati occupati a eliminare le dune alle dipendenze della Società bonifiche terreni ferraresi che nel 1951 è diventata Ente delta padano di cui mio papà era il direttore generale. La sede era nel castello di Mesola.

Sono rimasto lì fino al servizio militare e finito il militare, nel 1952, siccome nel frattempo era morto mio padre, sono andato a Sesto San Giovanni dove, dopo una breve esperienza in una piccola industria chimica, sono stato assunto alla Pirelli Sapsa dove si producevano i materassi. Lì sono rimasto per dodici anni e poi sono passato alla Bicocca.

Sono stato fortunato al mio arrivo a Milano. Ero ancora sul treno, tornando dalla caserma, e parlando ho detto che ero preoccupato perché non avevo un lavoro. Accanto a noi c'era un signore che leggeva il giornale e quando siamo arrivati in stazione centrale, mentre stavamo uscendo, quel signore mi ha fermato dicendomi che aveva sentito quello che avevo detto in treno e mi ha dato un biglietto da visita dicendo di andare da lui perché poteva offrirmi un lavoro. Erano le Distillerie italiane resine, un'azienda che dal petrolio produceva la bachelite per fare i dischi. Ho lavorato in quell'azienda per un anno, l'ambiente era un disastro, tra puzze e polveri, era uno stabilimento grande ma con pochi lavoratori, eravamo cinque o sei. In quel momento abitavo in casa di mio suocero. Una mattina gli ho chiesto la bicicletta, ho fatto un giro e passando davanti alla Pirelli Sapsa ho notato un pezzo di cartone appeso al cancello con scritto “cercasi operai”. In quel momento le fabbriche non stavano assumendo e mi è andata bene. Sono entrato, mi hanno fatto alcune domande poi mi hanno dato l'indirizzo dell'ambulatorio di piazzale Loreto dove facevano le visite per i dipendenti Pirelli. Dopo qualche giorno mi hanno mandato a chiamare e ho iniziato. Lavoravo in sala mescola dove si diventava tutti bianchi a causa del talco che veniva utilizzato. I prodotti erano zolfo, talco, lattice, ammoniaca e altri ma non si usavano questi nomi, ma quelli dei fiori: margherita, fiordaliso e così via. Tutti bei nomi, ma in realtà nascondevano anche delle sostanze pericolose. Io ero bravo nel mio lavoro, conoscevo tutte le ricette e le dosi a memoria.

Un bel giorno la Pirelli ha venduto la fabbrica dei materassi e quindi sono stato trasferito in Bicocca e anche lì sono andato al reparto mescole dove si facevano i battistrada degli pneumatici. Ero in contatto con il laboratorio che mi diceva le quantità dei prodotti che dovevano essere mescolati per fare le basi, l'interno gommoso degli pneumatici. Probabilmente è stata una sorta di punizione nei miei confronti per il mio impegno sindacale e perché non risparmiavo niente ai dirigenti. Quel reparto era un inferno. Era tutto nero, con temperature bestiali in estate, si usava nerofumo che buttavano dall'alto dentro cilindri roventi, soda caustica, e si lavorava con una maschera. Entravamo il mattino e dopo un'ora di lavoro non riuscivamo più neppure a vedere. Ci davano due tute bianche al giorno e tutti i giorni dovevamo fare la doccia a fine turno. Il nerofumo è volatile e si appiccica dappertutto e anche dopo fatto la doccia non eravamo mai completamente puliti. Quando mi alzavo dal letto la federa del cuscino aveva l'impronta della mia testa. Il nerofumo è carbon black macinato che viene mescolato con zolfo e talco. Il medico dell'azienda mi diceva che “solo se imbottigliamo il latte non diventiamo neri”. In quel reparto sono rimasto fino a quando sono andato in pensione.

Sindacato

Alla Sapsa facevamo i turni di notte e il giorno di paga dovevamo ritornare in fabbrica per ricevere la busta perché lo sportello veniva aperto solo dopo le nove, mentre agli impiegati la busta veniva portata direttamente sulla scrivania. Era una situazione insopportabile doversi alzarsi di nuovo dopo una notte di lavoro per andare a ritirare la busta ed era particolarmente pesante per quelli che abitavano lontano dalla ditta. Io protestavo per questa situazione e prendevo la difesa dei lavoratori anche se non ero ancora impegnato nel sindacato e una sera ho detto al capo delle guardie di dire in direzione che se l'indomani mattina non ci fosse stato qualcuno a consegnarci la busta a fine turno noi la notte non avremmo lavorato. Dato che non sono stato ascoltato, la sera successiva sono sceso in reparto e ho fermato la fabbrica e i lavoratori mi hanno seguito. Abbiamo passato la notte a giocare a carte. A fine turno sono tornato a casa e la mattina è arrivato il capo delle guardie dicendomi di partecipare all'incontro con il sindacato per il giorno successivo. Forse pensavano di potermi ammansire in questo modo, ma avevano sbagliato a capire. Abbiamo fatto l'incontro con il direttore dello stabilimento, che mi rispettava perché sapeva che i lavoratori mi seguivano mentre i rappresentanti della Cgil facevano solo battaglie ideologiche. Il giorno dopo sia a inizio che a fine turno c'era una persona allo sportello che ci consegnava la busta paga.

Dopo quella vicenda qualcuno della Cisl è venuto a chiedermi di iscrivermi, l'ho fatto e ho scelto la Cisl perché vedevo che quelli della Cgil sbraitavano e basta, facevano solo propaganda e poi accettavano tutto quello che diceva l'azienda e col tempo molti di questi hanno fatto carriera diventando dei capetti. La Uil non c'era.

Alla Sapsa succedeva che si facevano scioperi senza sapere bene perché. I comunisti spingevano per ragioni ideologiche, io invece chiedevo che prima di scioperare si dovesse discutere con l'azienda e trattare.

L'ambiente di lavoro era molto pesante e brutto e abbiamo fatto molte battaglie, ma era impossibile modificarlo più di tanto perché o si cambiava produzione o altrimenti non c'era niente da fare.

Quando abbiamo saputo che stavano trattando la vendita della Sapsa abbiamo fatto un giorno di sciopero per avere informazioni dalla Pirelli sul destino dei lavoratori, in particolare di quelli che non avevano l'età per andare in prepensionamento. Ho chiesto un incontro con il direttore generale, il dottor Castiglioni, ho chiesto garanzie per il nostro trasferimento a Bicocca, che in quel momento assumeva, e mi è stato garantito che nessuno sarebbe stato licenziato ed è stato così. Ma in Pirelli Sapsa lavoravano molte donne e in Bicocca non ci siamo trasferiti in molti.

In Bicocca sono sempre stato eletto delegato e ho fatto parte dell'esecutivo del consiglio di fabbrica insieme a Cofferati. Ho sempre avuto un buon rapporto con i lavoratori che mi ascoltavano e io ascoltavo le loro richieste, anche se qualche volta abbiamo bisticciato, ma il legame è rimasto e ancora oggi mi vedo con molti.

In Pirelli tutte le mattine, quando sono entrato, arrivavano cinque o sei pullman di lavoratori dalla Bergamasca. Eravamo circa 12mila, poi hanno dismesso tutta una serie di reparti. L'età media dei lavoratori era molto alta. Mio figlio lavora alla Pirelli a Bollate e sono meno di cinquecento persone.

Le Brigate rosse sono nate in Bicocca. C'è stato uno che ha incendiato il magazzino ed è morto soffocato dai fumi dell'incendio. Conoscevo qualcuno di questi, ma non sapevo che fossero dei terroristi. I gruppi extraparlamentari erano presenti, però non hanno mai avuto una grande forza anche se noi come sindacato abbiamo avuto degli scontri molto duri con alcuni di loro.

C'erano i Cub in azienda ed erano sempre pronti a mobilitarsi e quando noi discutevamo per fare un'iniziativa o uno sciopero loro coglievano al volo la nostra idea e si muovevano immediatamente come se fosse stata un’iniziativa loro. Erano preparati e abili nel muoversi in azienda. Abbiamo avuto discussioni ma non c'è mai stata violenza.

Ho lasciato la fabbrica nel 1990. Andato in pensione mi sono impegnato nel patronato della Cisl nella sede del sindacato in via Nota, vicino alla Pirelli, e spesso passava a salutarmi uno degli ingegneri dell'azienda che stava nel gruppo con cui noi andavamo a trattare e con cui avevamo stabilito un buon rapporto.

Relazioni industriali

L'iniziativa sindacale era unitaria. Tutti i mercoledì come esecutivo avevamo un incontro con l'azienda e discutevamo di tutti i problemi che c'erano, ma prima ne parlavamo tra di noi. Però succedeva che se c'era un problema l'azienda cercava di mettersi d'accordo prima con la Cgil. I capisquadra erano quasi tutti comunisti.

In Bicocca non ci sono mai stati licenziamenti, neanche nei periodi di crisi, e non abbiamo mai avuto grandi problemi con l'azienda perché era una fabbrica con lavoratori anziani e quindi è stato possibile ridurre il numero degli occupati attraverso i prepensionamenti e le uscite senza bisogno di altri interventi. Bisogna poi ricordare che contemporaneamente c'era anche qualche assunzione.

Welfare aziendale

In Pirelli c'erano le colonie, ma io non ho conosciuto nessuno che le utilizzava, i meridionali quando andavano in ferie d'estate si portavano tutta la famiglia al paese. Queste cose c'erano in Bicocca, ma non alla Sapsa. I lavoratori incaricati di seguire queste cose erano quasi tutti della Cgil e li sceglieva l'azienda.

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