Ho lasciato gli studi di ragioneria per entrare alla Sincat, azienda del gruppo Edison, a Priolo, una frazione di Siracusa. Ho fatto un corso di sei mesi all'interno della fabbrica e sono stato assunto nel 1960 come analista chimico. Per tre anni ho fatto un po' di laboratorio di ricerca. Nel 1965 sono stato eletto segretario della Sas e nel 1966, dopo aver fatto il campo scuola della Cisl a Ortisei, sono andato al Centro studi di Firenze. Al rientro sono entrato in segreteria della Federchimici come operatore.
Dal 1969 al 1977 sono stato segretario generale della Federchimici di Siracusa fino a che, nel 1977, sono entrato in segreteria nazionale e nel 1996 sono diventato segretario generale, carica che ho ricoperto fino al maggio del 2001. Dal 2001 a giugno 2005 sono stato presidente della Femca con il compito di favorire l'integrazione tra le due sigle, con la responsabilità delle politiche internazionali.Mentre lavoravo in fabbrica sono stato presidente di un gruppo sportivo
molto frequentato da giovani e in quel periodo facemmo un giornalino che si
chiamava “Orizzonti”, testata che ho portato in Flerica. E’ stata un'esperienza
che mi è servita nel mio lavoro di sindacalista.
In azienda
Nel gruppo Edison abbiamo fatto la contrattazione del premio di
produttività e abbiamo fatto l'accordo dopo due giorni di sciopero proclamato
solo dalla Cgil per motivi politici. Dopo l'accordo abbiamo avuto un notevole
incremento di iscritti, anche di attivisti provenienti dalla Cgil che non
condividevano quella forma di lotta, e siamo diventati la prima organizzazione anche
perché durante la vertenza, oltre ai volantini, informavamo con regolarità con
una lettera a casa tutti gli iscritti. Il premio era collegato alla produzione
di etilene, acido solforico e ammoniaca e, siccome era una fase di crescita,
abbiamo concordato un limite oltre il quale non si poteva andare. Nell'accordo
abbiamo inserito anche la norma che prevedeva una progressiva parificazione con
i premi che venivano erogati nelle fabbriche del Nord, in particolare a
Marghera.
La seconda esperienza significativa di quel periodo fu quella di
anticipare il superamento delle gabbie salariali, con il primo sciopero su
questa questione che è partito dalla zona industriale, e quindi dai chimici,
che poi si allargò a tutta la provincia.
Nel 1968 ho vissuto i fatti di Avola, quando durante lo sciopero dei
braccianti agricoli ci furono due morti e cinque feriti. Io ero tra gli
operatori della Cisl che presidiavano la manifestazione.
Dopo il 1968, anticipando lo Statuto dei lavoratori, vennero costituite
le commissioni comunali di collocamento e io fui eletto presidente. In quel
periodo abbiamo avviato al lavoro al Petrolchimico di Priolo più di 1.500
persone, che è arrivato ad avere circa 6.800 addetti. Nel frattempo è diventato
Montedison unendo due impianti Edison (Sincat e Celene) e uno di Montecatini, e
a livello nazionale sono stati fatti degli accordi di armonizzazione. Nella
fusione non ci sono stati esuberi perché si era nella fase di sviluppo, si
avviavano nuovi impianti, in particolare nella raffinazione. Successivamente
c'è stata invece qualche riduzione di personale quando cominciava a venire meno
la parte fertilizzanti, perché c'erano problemi ambientali grossi, ma sono state
tutte gestite senza espulsioni.
Le relazioni sindacali, in particolare dopo l'accordo sul premio di
produttività e successivamente alla fusione, erano buone, tant'è che nel 1969,
in occasione del rinnovo del contratto nazionale, mentre facevamo degli
scioperi abbastanza duri e fermavamo lo stabilimento, riuscimmo a fare un
accordo per tenere gli impianti più importanti al cosiddetto minimo tecnico. Lo
facemmo in Prefettura e si quantificava esattamente la perdita di produzione
che ci sarebbe stata se l'impianto fosse stato completamente fermo. Durante gli
scioperi una squadra di lavoratori presidiava gli impianti e questi venivano
pagati, ma una parte della retribuzione di quelle ore di lavoro andavano in un
fondo di solidarietà gestito dalle organizzazioni di fabbrica. Una modalità di
lotta che successivamente sarà recepita nel contratto nazionale.
Segretario generale
Negli
anni della mia segreteria generale sono state emanate diverse normative europee
sul tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Io ho iniziato
quando nel contratto nazionale era prevista l'indennità di nocività che nel
corso del tempo è stata eliminata e mantenuta come indennità aggiuntiva solo
per coloro che erano direttamente coinvolti. Siamo passati dal pagare la
nocività a intervenire sulla prevenzione e il risanamento, per eliminare le
cause. Grazie alla normativa prevista dal contratto abbiamo fatto un'azione per
impegnare le commissioni e i rappresentanti aziendali per la sicurezza nel
lavoro di prevenzione. Il problema della difesa della salute dei lavoratori era
ben presente, mentre quello della difesa del territorio non ha ancora trovato
una vera soluzione neppure oggi. Gli impianti dismessi ancora non sono stati
smantellati e probabilmente molti luoghi che non sono stati bonificati sono
ancora a rischio.
Sul
tema dell'orario e della flessibilità c'è tutta una normativa che è cresciuta
fino ad arrivare a una delle cose più rilevanti che considero essere stata
fatta nelle fasi in cui ero segretario generale. Siamo nel 1998, nel periodo
dal governo Prodi in cui Bertinotti lancia la proposta delle 35 ore di lavoro,
e c'è una rottura totale nelle relazioni industriali tra le organizzazione
sindacali e le associazioni imprenditoriali. Noi siamo impegnati nel rinnovo
del contratto nazionale che normalmente abbiamo rinnovato in anticipo sulla
scadenza, con risultati positivi. Presidente di Federchimica è Giorgio Squinzi
ed è una delle poche volte in cui il rinnovo del contratto si è prolungato nel
tempo con il tentativo di Confindustria di bloccarlo, ma Federchimica è riuscita
a superare il veto e a firmare il contratto. Confindustria sconfessò quel
contratto, con posizioni esplicite e nette. Il contratto firmato istituisce la
flessibilità degli orari in certe situazioni e la formazione del “conto ore”,
prevede orari di lavoro da 28 a 48 ore, venendo incontro alle esigenze di
stagionalità, e affronta anche il tema della possibilità nel Mezzogiorno di
ridimensionare l'orario di lavoro fino a 32 ore pagate 32 per i nuovi assunti.
Per il lavoratore che fa lavoro straordinario c'è la possibilità di accantonare
le ore e di utilizzarle successivamente anche per esigenze individuali.
Contrariamente alla proposta di 35 ore uguali per tutti noi abbiamo affrontato
il tema dell'orario complessivamente, collegandolo anche all'occupazione, con
la verifica delle necessità di eventuali adeguamenti degli organici, portando
tutto in capo alla contrattazione aziendale di secondo livello.
Il
premio di risultato è stato affrontato sottolineando l'aspetto della
partecipazione dei lavoratori alle scelte di crescita delle imprese,
riconoscendo alle Rsu la possibilità di intervenire periodicamente per
verificare esattamente le possibilità di sviluppo e, nel caso ci siano
difficoltà, come affrontarle. Il contratto indica anche una serie di parametri
con cui si determinano i premi di partecipazione.
Quando
c'è stato il blocco dei rinnovi contrattuali perché c'era la revisione del
sistema di scala mobile, noi abbiamo rinnovato il contratto costruendo l'Arc,
aumento retributivo complessivo, che era la precostituzione di quella che
sarebbe stata l'inflazione, tenendo insieme l'aumento salariale e la
contingenza nei quattro anni, affrontando la questione della certezza dei costi
per le imprese.
Abbiamo
costruito un sistema che in qualche modo anticipava i temi della
contrattazione. S'incrociavano sicuramente esigenze diverse. Si faceva una
conferenza nazionale che poi è diventata l'Osservatorio cui partecipavano le
segreterie nazionali, gli esecutivi, ma anche i delegati delle fabbriche e i
rappresentanti delle imprese, in cui si affrontavano le tematiche emergenti che
consentivano di individuare possibili soluzioni contrattuali. L'esperienza del
settore chimico, ma anche dell'energia, delle ceramiche è caratterizzata dal
fatto che i rinnovi contrattuali erano fisiologici, salvo momenti in cui
c'erano interferenze esterne, perché si riusciva, con il nostro sistema di
relazioni industriali, ad affrontare per tempo i problemi che intervenivano.
Il
sistema delle relazioni industriali ha segnato una svolta anche sul piano dei
rapporti con il governo. La chimica periodicamente ha avuto fasi di
riconversione e negli anni in cui c'era il governo Prodi con Federchimica e
anche con Farmindustria abbiamo realizzato un Osservatorio chimico nazionale,
che non era quello del contratto, che stava presso il ministero dell'Industria.
L'Osservatorio venne costruito con un decreto del governo, con l'obiettivo di
affrontare le problematiche della politica industriale del settore nella fase
di trasformazione. In questo osservatorio c'erano Squinzi, Guido Venturini e i
segretari generali del sindacato chimici di Cgil Cisl Uil. L'Osservatorio era
coordinato da Gianfranco Borghini e successivamente sono stati costituiti
Osservatori a livello territoriale.
Nella
mia esperienza nell'ambito dell'organizzazione internazionale del sindacato dei
chimici sono entrato in contatto con l'organizzazione dei paesi ex comunisti
organizzando la formazione dei quadri dei nuovi sindacati, in particolare di
quelli ungheresi, al Centro studi di Firenze. Abbiamo avviato relazioni con il
sindacato egiziano, con i sindacati cileni e brasiliani oltre che con tutte le
organizzazioni europee. In particolare, abbiamo costruito un rapporto con i
sindacati francesi e spagnoli e, insieme, con le rispettive controparti. Due
volte all'anno si facevano delle riunioni nelle quali si affrontavano dei temi
specifici, spostandoci di volta in volta in un Paese diverso. Abbiamo fatto
degli accordi bilaterali e siamo stati gli iniziatori di un dialogo sociale europeo.
Anche questo ci abituava a stare insieme, a conoscersi, a ragionare e a
condividere le riflessioni alimentando anche così relazioni sindacali
costruttive.
Welfare aziendale
Nell'esperienza
di Federchimici c'erano i settori e ogni settore aveva la sua segreteria e il
consiglio nazionale di settore per la federazione era la delegazione trattante
e nel 1969 ho partecipato alla trattativa per il rinnovo del contratto
nazionale a palazzo Venezia. Noi non scegliemmo, al contrario dei
metalmeccanici, il tema della malattia perché già in molte aziende chimiche
c'erano sistemi di assistenza sanitaria aziendale. Il lavoratore aveva pagate
dal fondo le prime tre giornate di assenza dal lavoro, aveva contributi per
eventuali interventi. In Montedison c'era il Fopiam. Fino a poco tempo fa
nell'Eni c'era il Fis.
Nel
mio periodo di segreteria generale abbiamo costruito i due fondi pensione
Fonchim e Fondenergia, i primi due fondi pensione integrativi, salvo Fiprem che
esisteva già. L'accordo formalmente non è stato fatto durante un rinnovo
contrattuale, abbiamo fatto una trattativa specifica nella sede di Federchimica
a Milano, con un confronto lunghissimo, che è durato un giorno e una notte, ma
abbiamo rischiato di non firmare perché noi chiedevamo che ci fosse anche una
sorta di reversibilità per il coniuge in caso di morte. Ormai la nascita del
fondo era stata annunciata, la stampa era fuori dalla stanza ad aspettare la
conferma e abbiamo sottoscritto l'accordo con Benito Benedini senza che la
parte richiesta da noi fosse inserita, ma con l'impegno verbale che sarebbe
stata integrata successivamente. E così è avvenuto, con la destinazione di uno
0,2% a carico delle imprese per affrontare questi casi. Anche questo dimostra
qual era il livello delle relazioni tra di noi, del rapporto di fiducia che
c'era.