lunedì 10 agosto 2020

ANTONINO SCALFARO - Priolo - segretario generale Flerica

Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “L’idea del dialogo. Cultura del lavoro, contrattazione, relazioni industriali nella chimica italiana”, di Costantino Corbari, BiblioLavoro, Sesto San Giovanni (Mi), 2017

Ho lasciato gli studi di ragioneria per entrare alla Sincat, azienda del gruppo Edison, a Priolo, una frazione di Siracusa. Ho fatto un corso di sei mesi all'interno della fabbrica e sono stato assunto nel 1960 come analista chimico. Per tre anni ho fatto un po' di laboratorio di ricerca. Nel 1965 sono stato eletto segretario della Sas e nel 1966, dopo aver fatto il campo scuola della Cisl a Ortisei, sono andato al Centro studi di Firenze. Al rientro sono entrato in segreteria della Federchimici come operatore.

Dal 1969 al 1977 sono stato segretario generale della Federchimici di Siracusa fino a che, nel 1977, sono entrato in segreteria nazionale e nel 1996 sono diventato segretario generale, carica che ho ricoperto fino al maggio del 2001. Dal 2001 a giugno 2005 sono stato presidente della Femca con il compito di favorire l'integrazione tra le due sigle, con la responsabilità delle politiche internazionali.

Mentre lavoravo in fabbrica sono stato presidente di un gruppo sportivo molto frequentato da giovani e in quel periodo facemmo un giornalino che si chiamava “Orizzonti”, testata che ho portato in Flerica. E’ stata un'esperienza che mi è servita nel mio lavoro di sindacalista.

In azienda

Nel gruppo Edison abbiamo fatto la contrattazione del premio di produttività e abbiamo fatto l'accordo dopo due giorni di sciopero proclamato solo dalla Cgil per motivi politici. Dopo l'accordo abbiamo avuto un notevole incremento di iscritti, anche di attivisti provenienti dalla Cgil che non condividevano quella forma di lotta, e siamo diventati la prima organizzazione anche perché durante la vertenza, oltre ai volantini, informavamo con regolarità con una lettera a casa tutti gli iscritti. Il premio era collegato alla produzione di etilene, acido solforico e ammoniaca e, siccome era una fase di crescita, abbiamo concordato un limite oltre il quale non si poteva andare. Nell'accordo abbiamo inserito anche la norma che prevedeva una progressiva parificazione con i premi che venivano erogati nelle fabbriche del Nord, in particolare a Marghera.

La seconda esperienza significativa di quel periodo fu quella di anticipare il superamento delle gabbie salariali, con il primo sciopero su questa questione che è partito dalla zona industriale, e quindi dai chimici, che poi si allargò a tutta la provincia.

Nel 1968 ho vissuto i fatti di Avola, quando durante lo sciopero dei braccianti agricoli ci furono due morti e cinque feriti. Io ero tra gli operatori della Cisl che presidiavano la manifestazione.

Dopo il 1968, anticipando lo Statuto dei lavoratori, vennero costituite le commissioni comunali di collocamento e io fui eletto presidente. In quel periodo abbiamo avviato al lavoro al Petrolchimico di Priolo più di 1.500 persone, che è arrivato ad avere circa 6.800 addetti. Nel frattempo è diventato Montedison unendo due impianti Edison (Sincat e Celene) e uno di Montecatini, e a livello nazionale sono stati fatti degli accordi di armonizzazione. Nella fusione non ci sono stati esuberi perché si era nella fase di sviluppo, si avviavano nuovi impianti, in particolare nella raffinazione. Successivamente c'è stata invece qualche riduzione di personale quando cominciava a venire meno la parte fertilizzanti, perché c'erano problemi ambientali grossi, ma sono state tutte gestite senza espulsioni.

Le relazioni sindacali, in particolare dopo l'accordo sul premio di produttività e successivamente alla fusione, erano buone, tant'è che nel 1969, in occasione del rinnovo del contratto nazionale, mentre facevamo degli scioperi abbastanza duri e fermavamo lo stabilimento, riuscimmo a fare un accordo per tenere gli impianti più importanti al cosiddetto minimo tecnico. Lo facemmo in Prefettura e si quantificava esattamente la perdita di produzione che ci sarebbe stata se l'impianto fosse stato completamente fermo. Durante gli scioperi una squadra di lavoratori presidiava gli impianti e questi venivano pagati, ma una parte della retribuzione di quelle ore di lavoro andavano in un fondo di solidarietà gestito dalle organizzazioni di fabbrica. Una modalità di lotta che successivamente sarà recepita nel contratto nazionale.

Segretario generale

Negli anni della mia segreteria generale sono state emanate diverse normative europee sul tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Io ho iniziato quando nel contratto nazionale era prevista l'indennità di nocività che nel corso del tempo è stata eliminata e mantenuta come indennità aggiuntiva solo per coloro che erano direttamente coinvolti. Siamo passati dal pagare la nocività a intervenire sulla prevenzione e il risanamento, per eliminare le cause. Grazie alla normativa prevista dal contratto abbiamo fatto un'azione per impegnare le commissioni e i rappresentanti aziendali per la sicurezza nel lavoro di prevenzione. Il problema della difesa della salute dei lavoratori era ben presente, mentre quello della difesa del territorio non ha ancora trovato una vera soluzione neppure oggi. Gli impianti dismessi ancora non sono stati smantellati e probabilmente molti luoghi che non sono stati bonificati sono ancora a rischio.

Sul tema dell'orario e della flessibilità c'è tutta una normativa che è cresciuta fino ad arrivare a una delle cose più rilevanti che considero essere stata fatta nelle fasi in cui ero segretario generale. Siamo nel 1998, nel periodo dal governo Prodi in cui Bertinotti lancia la proposta delle 35 ore di lavoro, e c'è una rottura totale nelle relazioni industriali tra le organizzazione sindacali e le associazioni imprenditoriali. Noi siamo impegnati nel rinnovo del contratto nazionale che normalmente abbiamo rinnovato in anticipo sulla scadenza, con risultati positivi. Presidente di Federchimica è Giorgio Squinzi ed è una delle poche volte in cui il rinnovo del contratto si è prolungato nel tempo con il tentativo di Confindustria di bloccarlo, ma Federchimica è riuscita a superare il veto e a firmare il contratto. Confindustria sconfessò quel contratto, con posizioni esplicite e nette. Il contratto firmato istituisce la flessibilità degli orari in certe situazioni e la formazione del “conto ore”, prevede orari di lavoro da 28 a 48 ore, venendo incontro alle esigenze di stagionalità, e affronta anche il tema della possibilità nel Mezzogiorno di ridimensionare l'orario di lavoro fino a 32 ore pagate 32 per i nuovi assunti. Per il lavoratore che fa lavoro straordinario c'è la possibilità di accantonare le ore e di utilizzarle successivamente anche per esigenze individuali. Contrariamente alla proposta di 35 ore uguali per tutti noi abbiamo affrontato il tema dell'orario complessivamente, collegandolo anche all'occupazione, con la verifica delle necessità di eventuali adeguamenti degli organici, portando tutto in capo alla contrattazione aziendale di secondo livello.

Il premio di risultato è stato affrontato sottolineando l'aspetto della partecipazione dei lavoratori alle scelte di crescita delle imprese, riconoscendo alle Rsu la possibilità di intervenire periodicamente per verificare esattamente le possibilità di sviluppo e, nel caso ci siano difficoltà, come affrontarle. Il contratto indica anche una serie di parametri con cui si determinano i premi di partecipazione.

Quando c'è stato il blocco dei rinnovi contrattuali perché c'era la revisione del sistema di scala mobile, noi abbiamo rinnovato il contratto costruendo l'Arc, aumento retributivo complessivo, che era la precostituzione di quella che sarebbe stata l'inflazione, tenendo insieme l'aumento salariale e la contingenza nei quattro anni, affrontando la questione della certezza dei costi per le imprese.

Abbiamo costruito un sistema che in qualche modo anticipava i temi della contrattazione. S'incrociavano sicuramente esigenze diverse. Si faceva una conferenza nazionale che poi è diventata l'Osservatorio cui partecipavano le segreterie nazionali, gli esecutivi, ma anche i delegati delle fabbriche e i rappresentanti delle imprese, in cui si affrontavano le tematiche emergenti che consentivano di individuare possibili soluzioni contrattuali. L'esperienza del settore chimico, ma anche dell'energia, delle ceramiche è caratterizzata dal fatto che i rinnovi contrattuali erano fisiologici, salvo momenti in cui c'erano interferenze esterne, perché si riusciva, con il nostro sistema di relazioni industriali, ad affrontare per tempo i problemi che intervenivano.

Il sistema delle relazioni industriali ha segnato una svolta anche sul piano dei rapporti con il governo. La chimica periodicamente ha avuto fasi di riconversione e negli anni in cui c'era il governo Prodi con Federchimica e anche con Farmindustria abbiamo realizzato un Osservatorio chimico nazionale, che non era quello del contratto, che stava presso il ministero dell'Industria. L'Osservatorio venne costruito con un decreto del governo, con l'obiettivo di affrontare le problematiche della politica industriale del settore nella fase di trasformazione. In questo osservatorio c'erano Squinzi, Guido Venturini e i segretari generali del sindacato chimici di Cgil Cisl Uil. L'Osservatorio era coordinato da Gianfranco Borghini e successivamente sono stati costituiti Osservatori a livello territoriale.

Nella mia esperienza nell'ambito dell'organizzazione internazionale del sindacato dei chimici sono entrato in contatto con l'organizzazione dei paesi ex comunisti organizzando la formazione dei quadri dei nuovi sindacati, in particolare di quelli ungheresi, al Centro studi di Firenze. Abbiamo avviato relazioni con il sindacato egiziano, con i sindacati cileni e brasiliani oltre che con tutte le organizzazioni europee. In particolare, abbiamo costruito un rapporto con i sindacati francesi e spagnoli e, insieme, con le rispettive controparti. Due volte all'anno si facevano delle riunioni nelle quali si affrontavano dei temi specifici, spostandoci di volta in volta in un Paese diverso. Abbiamo fatto degli accordi bilaterali e siamo stati gli iniziatori di un dialogo sociale europeo. Anche questo ci abituava a stare insieme, a conoscersi, a ragionare e a condividere le riflessioni alimentando anche così relazioni sindacali costruttive.

Welfare aziendale

Nell'esperienza di Federchimici c'erano i settori e ogni settore aveva la sua segreteria e il consiglio nazionale di settore per la federazione era la delegazione trattante e nel 1969 ho partecipato alla trattativa per il rinnovo del contratto nazionale a palazzo Venezia. Noi non scegliemmo, al contrario dei metalmeccanici, il tema della malattia perché già in molte aziende chimiche c'erano sistemi di assistenza sanitaria aziendale. Il lavoratore aveva pagate dal fondo le prime tre giornate di assenza dal lavoro, aveva contributi per eventuali interventi. In Montedison c'era il Fopiam. Fino a poco tempo fa nell'Eni c'era il Fis.

Nel mio periodo di segreteria generale abbiamo costruito i due fondi pensione Fonchim e Fondenergia, i primi due fondi pensione integrativi, salvo Fiprem che esisteva già. L'accordo formalmente non è stato fatto durante un rinnovo contrattuale, abbiamo fatto una trattativa specifica nella sede di Federchimica a Milano, con un confronto lunghissimo, che è durato un giorno e una notte, ma abbiamo rischiato di non firmare perché noi chiedevamo che ci fosse anche una sorta di reversibilità per il coniuge in caso di morte. Ormai la nascita del fondo era stata annunciata, la stampa era fuori dalla stanza ad aspettare la conferma e abbiamo sottoscritto l'accordo con Benito Benedini senza che la parte richiesta da noi fosse inserita, ma con l'impegno verbale che sarebbe stata integrata successivamente. E così è avvenuto, con la destinazione di uno 0,2% a carico delle imprese per affrontare questi casi. Anche questo dimostra qual era il livello delle relazioni tra di noi, del rapporto di fiducia che c'era.