domenica 19 luglio 2020

ERNESTO GUERRINI - Bayer - Garbagnate M. (Mi)

Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “L’idea del dialogo. Cultura del lavoro, contrattazione, relazioni industriali nella chimica italiana”, di Costantino Corbari, BiblioLavoro, Sesto San Giovanni (Mi), 2017

A 14 anni ho iniziato a lavorare in una panetteria dove sono rimasto tre anni e poi sono andato in un'officina, assunto come manutentore nell'ambito dell'idraulica e dell'impiantistica in generale, fino a quando sono partito per il servizio militare. Al ritorno, nel 1974, l'azienda mi ha mandato a fare un intervento su una centrale termica in Bayer e in quell'occasione mi hanno segnalato che cercavano dei manutentori per la loro officina. Io non ero molto interessato, perché il lavoro che facevo mi piaceva, guadagnavo abbastanza bene e andavo spesso in giro, ma i miei genitori hanno spinto perché facessi domanda, perché la Bayer era una grande azienda e quindi un posto sicuro. 

Così nel 1976 ho iniziato a lavorare a Garbagnate come manutentore, in un reparto che allora era composto di settanta, ottanta persone, perché tutti gli interventi erano gestiti internamente e ancora non c'erano state le esternalizzazioni delle attività.

Organizzazione del lavoro
Quando sono entrato in Bayer a Garbagnate lavoravano circa seicento persone. C'erano la parte farmaceutica, la parte agraria, la parte chimica, c'era un reparto dove facevano gli spray e uno dove si producevano alimenti per animali. Nello stesso stabilimento c'erano cinque reparti di produzione molto differenti tra di loro. Lo stabilimento è nato nel 1946 e quest'anno compie settant’anni. Si chiamava Cofa, che voleva dire Cooperativa farmaceutica, e vedeva già una prima presenza di Bayer, più avanti è stato totalmente acquisito dalla società tedesca. Non è mai stato uno stabilimento completamente farmaceutico, si sono sempre svolte diverse attività, anche se la farmaceutica ha sempre avuto un ruolo importante. Col tempo la Bayer ha trasferito a Filago, in provincia di Bergamo, la chimica e gli spray. Più avanti ancora anche la zootecnia è stata trasferita e praticamente è rimasta solo la farmaceutica, che però ha subito una profonda trasformazione. Un tempo si producevano alcuni prodotti importanti come l'aspirina effervescente, ma nel 1989, con la caduta del muro di Berlino e con l'esigenza di dare lavoro all'ex Germania dell'Est, l'aspirina effervescente ci è stata tolta. E’ stato un momento difficile, ma questo nel lungo periodo si è rivelato un fatto positivo perché l’azienda ha fatto un grosso investimento su un nuovo prodotto, la Ciprofloxacina. Si tratta di un impianto che abbiamo solo noi nel mondo, che produce un antibiotico che ci ha permesso di combattere la battaglia per la sopravvivenza dello stabilimento e di arrivare all'evoluzione degli ultimi anni, con il risultato di passare dai 35 ai 63 milioni di pezzi che abbiamo prodotto nel 2015.
Man mano che si perdeva produzione l'occupazione è calata, ma non è mai stata fatta cassa integrazione, la gestione del personale è sempre stata fatta in modo responsabile. C'è sempre stato un sistema di relazioni ottimo e questo ha permesso di gestire tutto nel modo migliore. Oggi gli occupati sono 240, numero stabile da quasi quindici anni perché ci sono state cessioni di società ma anche acquisizioni.
La produzione è realizzata su linee di due tipi: nella parte del confezionamento lavorano tre persone per ogni linea; nell’area di produzione del principio attivo, cioè delle compresse, ci sono delle macchine che nella parte inferiore assemblano i prodotti e in quella superiore li creano. Si lavora su tre turni. Negli anni in cui eravamo in difficoltà siamo stati i primi ad avere accettato non solo l'inserimento del terzo turno notturno, ma pure la possibilità che lo facessero anche le donne. È stata una battaglia molto dura e mi ricordo che siamo stati molto attaccati, ma credo che quella scelta abbia permesso di continuare ad assumere donne nello stabilimento e di fare anche una lotta di emancipazione, perché se un turno lo può fare un uomo non si capisce perché non lo debba poter fare una donna.
La manodopera si è trasformata col passare del tempo. Siamo passati da lavoratori che avevano la quinta elementare o la terza media a persone generalmente diplomate. Il personale grosso modo è suddiviso tra operai e impiegati al 50%. Il 60% è composto di uomini, il 40% di donne. Le donne sono molto presenti nell'ambito dei laboratori, ma anche nella produzione e nel confezionamento. In produzione il personale indossa una tuta con un grembiule bianco. La manodopera negli anni scorsi arrivava dai paesi intorno alla fabbrica, oggi invece abbiamo persone che vengono anche da fuori. Per le ultime generazioni la distanza non è un problema.
I processi produttivi hanno subito una spinta innovativa forte. Produciamo con norme molto restrittive che derivano dai paesi esteri con cui lavoriamo, perché siamo sottoposti ai controlli dei ministeri delle Salute dei Paesi dove esportiamo e siamo oggetto di continue ispezioni. L'ambiente di lavoro è più che pulito.
Quest'anno abbiamo in budget dieci miliardi di compresse di Cardioaspirina da esportare in Cina e l'Italia è l'unico paese che ha la licenza per produrle per il mercato cinese.

Sindacato
Mi sono iscritto al sindacato un paio d'anni dopo essere stato assunto. C'era un delegato della Cisl, Roberto Donzelli, che mi ha contattato facendomi la proposta di iscrivermi. Sapevo cos'era il sindacato e ho scelto la Cisl perché ritenevo che in Cisl ci fosse maggiore democrazia, maggiore pluralismo e soprattutto contava il valore delle persone. Alle elezioni per il rinnovo del consiglio di fabbrica, nel 1979 o ’80, sono stato eletto e da lì è iniziata la mia lunghissima esperienza sindacale che prosegue ancora oggi. Eravamo una decina di delegati e un esecutivo composto di quattro persone. Ho fatto parte dell'esecutivo dopo due anni dalla prima elezione. In un periodo così lungo di impegno ho affinato molto la mia esperienza, anche sul lato umano, perché oggi le persone hanno tantissimo bisogno di sostegno, non tanto sul piano del lavoro quanto su quello personale.
I lavoratori partecipano alle iniziative sindacali. Alle assemblee sono presenti il 60, 65% degli addetti, dipende qual è l'argomento di cui si parla. Quando i temi sono di carattere generale la partecipazione è decisamente limitata. Grande partecipazione c'è stata quando abbiamo presentato Fonchim, perché si è toccato l'interesse vivo delle persone. Negli anni Settanta il clima generale era diverso e la partecipazione era certamente maggiore.
Un tempo, quando in azienda i dipendenti erano circa seicento, la Cgil aveva oltre duecento iscritti e adesso ne ha una trentina mentre la Cisl ne ha una settantina, dal centinaio che eravamo. Con la Cgil non ci sono mai stati particolari problemi. La Uil ha sempre avuto una presenza scarsa in questa azienda. Oggi la Rsu è composta quasi completamente da noi, abbiamo quattro rappresentanti della Cisl, uno della Cgil e uno della Uil. Non ci sono mai state altre presenze organizzate in fabbrica. Ci hanno provato qualche volta, ma non ci sono mai riusciti. Al contrario di quanto avvenuto a Filago, dove sono presenti Ugl e Cobas.
Fare trent'anni di sindacato in un'azienda come questa è stato certamente positivo, con un sistema di relazioni industriali altrettanto positivo e ricco di significato.

Relazioni industriali
Non siamo mai stati così bene dal punto di vista delle relazioni sindacali come in questo momento. Fin dagli anni Settanta si sono sviluppate delle relazioni positive. Se c'è un problema se ne parla, ci si riunisce intorno al tavolo, si discute e si cerca di capire come trovare le soluzioni. Abbiamo avuto l'esigenza di fare due commesse fondamentali: una di Cardioaspirina per la Cina, perché c'era stata una richiesta fuori dal normale, e una di Xarelto, che è un altro prodotto importante che ha avuto un grande successo inatteso. Naturalmente ci hanno chiesto di dare una mano. Noi abbiamo fatto due accordi sindacali per realizzare il ciclo continuo, la prima volta per quattro mesi, la seconda volta per cinque. Nell'arco di due settimane abbiamo fatto incontri, assemblee e definito l'intesa. Una modalità di relazioni costruttiva, figlia di chi in questi anni ha costruito questo sistema di rapporti e questo modo di operare. Lo stabilimento di Garbagnate l’ha nel proprio Dna.
Nel 1992 la Bayer ha promosso la costituzione del primo Europa forum, un anno prima che entrasse in vigore la legge della Comunità europea che istituiva i Cae, i Comitati aziendali europei. È stata un'esperienza bellissima da una parte, ma terribile dall'altra, perché mi hanno incaricato di portare il benvenuto a nome dei lavoratori italiani ed è stata un'emozione fortissima, non so come ho fatto a leggere il testo che avevo preparato. Successivamente sono entrato nel Joint committee, che è praticamente l'esecutivo dei comitati aziendali europei, e oggi rappresento i lavoratori di Bayer Italia in questi ambiti. Sono strumenti che hanno un ruolo reale. Certo, le decisioni le prende l'azienda, ma noi abbiamo la possibilità, la responsabilità e il ruolo per dire la nostra e far cambiare, oppure far riflettere, rispetto a certe decisioni o a certe valutazioni che vengono fatte. Quando ci sono novità, cambiamenti, dopo ogni incontro nelle assemblee si fa il resoconto delle cose più importanti e i lavoratori apprezzano questa nostra azione.
Oggi stanno cambiando molto le dinamiche aziendali, cambia profondamente il ruolo del personale, c'è sempre meno potere da parte delle nostre controparti, c'è sempre più dipendenza dalle business unit, c'è sempre maggiore responsabilità sociale da parte dell'azienda, mentre noi non abbiamo più la forza che avevamo una volta. Costruire qualcosa di nuovo che riguardi tutta l'azienda è molto più complicato rispetto al passato.

Contrattazione
Questa è un'azienda che ha un'attenzione particolare al problema della sicurezza. Un aspetto prioritario, sia da parte nostra che da parte della direzione. Nell'arco degli anni abbiamo avuto dei problemi, ma li abbiamo sempre gestiti in un confronto quotidiano. Questo stabilimento, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, ha avuto un grave problema di inquinamento chimico e l'azienda ha deciso di fare una serie di interventi con gli investimenti necessari per mettere tutto in sicurezza.
In termini di orari flessibili in Bayer abbiamo fatto di tutto, da quest'anno nei calendari abbiamo inserito anche un orario flessibile di mezz'ora per chi lo richiede, in particolare per le donne che devono ad esempio portare i figli a scuola o all'asilo. Abbiamo sperimentato ciclo continuo, 3×5, sabati lavorativi, orari anticipati e posticipati e altro ancora. Questo sulla base di richieste aziendali, ma anche di nostre proposte. Se l'azienda fa una richiesta, noi facciamo delle controproposte per trovare il giusto equilibrio. Abbiamo fatto tre mesi lavorando il sabato su due turni, e trovare di sabato lavoratori disponibili per il secondo turno non è stata una cosa semplice, ma siamo riusciti a farlo.
Di fronte alle richieste aziendali di fare orari aggiuntivi noi, con degli accordi aziendali, chiediamo di far assumere delle persone, anche con contratti a termine, perché questo deve essere l'elemento forte che caratterizza la nostra azione, inoltre vogliamo la distribuzione della redditività del risultato che portiamo a casa. Considerando sempre l’elemento della presenza, perché ritengo che sia giusto premiare chi dà di più.
Abbiamo un premio di partecipazione da quando è stato costituito nell'ambito del contratto nazionale di lavoro. Sono anni che raggiungiamo il 100% del premio, con l'ultimo accordo fatto la media è stata sopra i duemila euro.
Per quanto riguarda l'inquadramento si seguono le regole del contratto nazionale. I livelli non vengono regalati, ma non sono nemmeno occasione di scontro. Quando si è verificata qualche situazione di un lavoratore che chiedeva di essere inquadrato a un livello superiore, una volta verificata la situazione, la direzione ha sempre posto rimedio in tempi brevi. L'azienda, peraltro, ha una politica di una tantum abbastanza corpose che coinvolge molte persone.
Nel 1981 siamo stati i primi a fare un accordo sindacale nel quale abbiamo sostenuto che per mantenere l'occupazione eravamo disponibili a discutere di mobilità tra stabilimenti. L'accordo prevedeva che se c'erano problemi in uno stabilimento i lavoratori potevano spostarsi in un altro in base alle necessità. È stato un accordo molto innovativo che ha aperto la strada ad altre intese, non solo in Bayer.
Quando ci sono state delle dismissioni o esternalizzazioni siamo sempre intervenuti, facendo accordi sindacali a tutela dei lavoratori che uscivano dalla Bayer, di modo che fossero mantenuti inquadramento, professionalità e salario. Non abbiamo mai avuto l'impressione che l'azienda facesse queste scelte semplicemente per liberarsi di manodopera e quindi abbiamo sempre affrontato il problema, discusso e gestito i cambiamenti. E non ci sono mai state molte persone coinvolte. In un'azienda che ha 2.500 dipendenti in Italia la possibilità di trovare soluzioni o ricollocazioni è stata tutto sommato facile da individuare. Scioperi in azienda se ne sono fatti negli anni Settanta, ma poi non ce ne sono più stati perché il rapporto di fiducia che si è instaurato nel corso degli anni, nonostante il cambiamento di diversi manager, ha consentito di gestire le difficoltà sempre in questo modo.
L'accordo più recente che abbiamo fatto è quello sulla reperibilità che riguarda tutto il gruppo in Italia e che si inserisce nell'ambito delle azioni per la sicurezza. Due anni fa abbiamo rinnovato l'accordo aziendale del quadriennio, che prosegue lungo un percorso ormai consolidato. Possiamo dire che le cose vanno abbastanza bene, chiaro che in una multinazionale bisogna sempre stare attenti perché le condizioni economiche internazionali non sono certo facili in questo momento.

Welfare aziendale
La bilateralità è sempre stata una condizione fondamentale, magari prima era molto a parole e adesso è più nei fatti, e nel rinnovo per il quadriennio abbiamo individuato delle proposte specifiche sul welfare. Esiste un portale dal titolo “We welfare” di Bayer Italia dove i lavoratori trovano una parte dedicata alla famiglia, di sostegno sul piano economico, una seconda dedicata ai servizi e una terza parte dedicata agli acquisti con sconti del 20, 25% pagati dall'azienda. Sicuramente ci sono aziende che hanno fatto molto di più sul piano del welfare rispetto a noi, ma dobbiamo tenere conto che questa è un'azienda che sui problemi delle persone è sempre presente.
Abbiamo un cral aziendale gestito sostanzialmente da ex dipendenti, organizza molte cose, le gite, le iniziative per i bambini. C'è una biblioteca.
Abbiamo Fonchim e Faschim. La Bayer aveva un fondo pensioni che nel 1994 è stato trasformato con degli accordi sindacali eccezionali, innovativi, e abbiamo costruito un nuovo fondo pensioni che successivamente è confluito in Fonchim. E’ stata un'esperienza molto sentita e molto condivisa, gestita per la parte aziendale dal dottor Luigi Roveda e per la parte sindacale dal professor Guido Baglioni.