venerdì 22 maggio 2020

MICHELE RUFFINI - Rsu Gruppo Marcegaglia - Gazoldo degli Ippoliti (Mn)

Intervista realizzata in occasione della pubblicazione del libro “Angeli senza ali. Morti bianche e sicurezza sul lavoro. Il caso Lombardia”, a cura di Costantino Corbari e Angelico Corti, Edizioni Lavoro, Roma, 2008 

Cambiare la mentalità dei lavoratori 
L'intesa del 20 settembre 2007 porta anche la firma delle Rsu, le Rappresentanze sindacali unitarie. Michele Ruffini spiega come si è sviluppata l’azione sindacale che ha portato al signi­ficativo risultato, sottolineandone gli aspetti più innovativi, ma evidenziando anche come i rischi di infortuni gravi siano sem­pre presenti per i lavoratori. 

Quanto è importante per voi l’accordo sulla prevenzione e la sicurezza firmato in Marcegaglia? 
Questa è un’azienda dove un tempo gli incidenti accadevano sovente. Negli ultimi anni la situazione è migliorata, perché si è iniziato a intervenire sugli impianti. Mentre prima erano carenti in fatto di protezione dei lavoratori, negli ultimi dieci, do­dici anni le macchine sono state messe a posto. Ma non è sufficiente. Con un accordo di questo tipo si cominciano a condividere alcune esperienze da parte dei lavoratori e si colloquia con la direzione. Anche la Marcegaglia probabilmente sta pensando che i soli interventi sulle macchine non sono un’azione decisiva per la sicurezza. Bisogna cercare soluzioni insieme, una cosa difficile per entrambe le parti, perché il modo di lavorare non è definito da accordi ma è tramandato dalle generazioni precedenti. Anche se la macchina non è cambiata nell’arco di quarant’anni, certamente dovrà avere applicazioni diverse in fatto di sicurezza. L’azienda deve convincersi che la gestione dell’antinfortunistica non è legata solamente ai ripari fisici e visivi, ma anche all’insegnamento di una modalità di lavoro e di un tipo di approccio alle macchine. Bisogna cambiare anche la mentalità dei lavoratori. Se mi istruisce un vecchio operaio, devo essere consapevole che il procedimento per non farmi del male è diverso da quello in uso al suo tempo. 

E il primo accordo che fate sulla sicurezza? 
Per le modalità con cui è stato preparato è sicuramente il primo, e ha migliorato il rapporto. Anche l’azienda ha presentato diverse innovazioni, condivisibili o meno non importa, ma utili al confronto. È una strada che si può percorrere. 

E una novità o il risultato di un percorso avviato in precedenza? 
La nostra azione è partita qualche anno fa, istituendo il coordinamento sindacale del gruppo Marcegaglia. Le differenze esistenti tra i vari stabilimenti che sono stati assorbiti nel corso degli anni erano molte. Vi era una notevole diversità nelle tipologie di lavoro e tra i salari. Abbiamo però capito che un punto che interessava tutti gli stabilimenti era quello della sicurezza. Anche se le situazioni erano diverse, tutti hanno compreso che una prerogativa dell’azione del coordinamento era intervenire su questo piano. Da lì è nato tutto il processo, negli ultimi anni portato avanti specialmente dalla Firn, per arrivare a costruire un percorso di lavoro con l’azienda. 

Quali sono gli aspetti più importanti dell’accordo? 
Penso sia un ottimo risultato la possibilità di trovarci ogni sei mesi, o almeno una volta all’anno, a parlare del problema della sicurezza in tutto il gruppo Marcegaglia. Inoltre, l’aver spinto l’azienda a produrre innovazioni sul piano formativo dei lavoratori e a preparare i nuovi assunti. 

Quanto è importante la formazione? 
Secondo me è un aspetto cruciale dell’intesa. Leggendo i rapporti sugli infortuni all’interno dello stabilimento di Gazoldo ho notato che calano quelli derivati dall’approccio alla macchina. ma restano invariati quelli legati all’ambiente di lavoro. Per cui sappiamo che la sicurezza non è legata solamente alle macchine, ma dipende anche dalla logistica e dall’approccio al lavoro. 

Si sono avuti molti incidenti gravi in azienda? 
A Gazoldo abbiamo avuto tre morti dal 1960 a oggi. L’ultimo e stato un camionista esterno che è rimasto schiacciato da un nostro mezzo. Incidenti gravi, seppure senza morti, sfortunatamente ne succedono ogni tanto. 

Voi parlate di tasso di infortuni zero. E uno slogan o un obiettivo che può essere raggiunto concretamente? 
Non è uno slogan e deve essere l’effettivo risultato. Se non fosse un obiettivo concreto vuol dire che dobbiamo mettere in conto che in ogni gruppo di lavoratori c’è qualcuno destinato a farsi male. E quando qualcuno si fa male, può essere un infortunio lieve, che si risolve con pochi giorni di riposo, ma anche un incidente grave che lascia il segno. E siccome non voglio accada a me, come non voglio che le vittime siano altri, l’indicazione infortuni zero non può essere solo uno slogan. 

I cambiamenti delle tecnologie hanno ridotto il rischio o, al contrario, lo aumentano? 
In merito alle tecnologie occorre tenere conto di situazioni diverse. All’interno di Marcegaglia ci sono stati dei rifacimenti di impianti vecchi che sono stati potenziati, hanno velocizzato le macchine mantenendo la stessa tipologia, invece in altri reparti sono stati introdotti impianti nuovi. È difficile sostenere che la tecnologia abbia portato dei miglioramenti per quanto riguarda la sicurezza antinfortunistica. Le macchine nuove hanno più protezioni rispetto a quelle vecchie, ma se qualcuno bypassa le protezioni, la macchina nuova può diventare più pericolosa. Ricordo che quando hanno introdotto i nuovi impianti di zincatura mancavano le soglie di contenimento dello zinco e un operaio ci ha messo dentro un piede. Eppure quando lo hanno installato era stato presentato come un fiore all’occhiello per la nostra azienda. 

Com’è la situazione della manutenzione? 
Esiste una squadra interna che effettua la manutenzione sulle macchine e queste persone si occupano anche dei congegni antinfortunistici. Solitamente ci sono aree assegnate ai manutentori in modo che questi abbiano una buona conoscenza delle macchine e dei reparti dove intervengono. 

Cosa succede in tema di sicurezza nelle aziende straniere del gruppo? 
Purtroppo non abbiamo rapporti e quindi non so cosa avviene in quegli stabilimenti