Sono
arrivato al sindacato a tempo pieno nel febbraio "64. Qualche mese dopo ho
sostituito Appiani che andava militare, a seguire i poligrafici e
l'abbigliamento. Storicamente a Lecco le aziende dell'abbigliamento e quelle
poligrafiche erano concentrate nella zona di Merate e chi seguiva un settore si
occupava anche dell'altro. L'abbigliamento allora non era nella categoria dei
tessili, ma era a se stante. Noi avevamo a Paderno d'Adda la Imec che occupava
circa 1.200 lavoratori, una delle maggiori fabbriche del settore, leader nel
settore della biancheria intima e della corsetteria.
Quando sono
arrivato io, c'era una situazione strana, alla Imec era stato fatto un accordo
aziendale ma sottoscritto dal segretario nazionale di categoria della Cisl.
Accordo che era sotto accusa all'interno del sindacato per due ragioni: uno per
il metodo con cui era stato raggiunto che era stato considerato un metodo da
sindacato giallo; secondo perché era un accordo sui cottimi e il tempista che
avrebbe dovuto controllarli i tempi era un dipendente della categoria nazionale
della Cisl abbigliamento. La cosa non era molto pulita, dal punto di vista dei
rapporti politici interni e c'era abbastanza guerra interna in casa della
categoria Cisl, guerra di linea politica, di atteggiamento. La Cgil era
completamente assente. In sede locale, tra l'altro, io mi trovavo in un
direttivo di categoria provinciale in cui erano praticamente tutti della Imec,
salvo un rappresentante della Diana di Merate. Durante gli scioperi per i
rinnovi dei contratti nazionali questi non partecipavano. L'allora segretaria della
sas era il capo del personale, con una aggravante formale. In busta paga, per
la trattenuta sindacale, non c'era scritto sindacato ma Cisl. La Cgil era
esclusa. Abbiamo avuto notevoli contrasti tra
struttura sindacale esterna e gruppo dirigente sindacale interno. I lavoratori
erano tenuti in disparte, perché li regnava il terrore. Se io andavo a parlare
con alcuni lavoratori, dopo un po’ mi sono
accorto che se volevo che qualcuno parlasse non dovevo farmi vedere fuori dalla
fabbrica. Per cui siamo arrivati a fare riunioni di nascosto, carbonare, con qualcuno interno iscritto alla Cisl che
voleva cambiare la situazione.
Nell'ambito
del congresso nazionale di categoria avevano tentato di tagliarmi fuori.
Coll'andar del tempo, con un po’ di gente che ero
riuscito a recuperare, un po’ che la gente
all'interno cominciava a non sopportare più questa situazione in cui non si
capiva più bene chi era il sindacato e chi era il padrone, la cosa si è
modificata.
Il momento
in cui c'è stato il cambio è stato quando la Imec decise il trasferimento a
Carvico, in provincia di Bergamo.
Prima,
quando cominciava a incrinarsi il fronte interno, come era ovvio cominciava ad
organizzarsi una certa presenza della Cgil. Un po’ per
reazione, un po’ perché altre idee erano presenti in
azienda, ma non avevano mai potuto esprimersi. Anche a livello provinciale la
situazione stava cambiando, c'era stata l'unificazione coi tessili e quindi
avevano perso la loro egemonia all'interno della categoria. Quando c'è stato il
trasferimento la presenza Cgil non era ancora ben consolidata, anche se ormai
cominciavano dentro il sindacato le iniziative unitarie,
si era deciso di andare a fare una verifica del tesseramento rispetto alla
effettiva volontà dei lavoratori. A quel pianto, però, intervenne un contrasto
tra la Filta di Lecco e quella di Bergamo, perché mentre io sostenevo che
sarebbe stato utile e opportuno fare questa verifica il più presto possibile,
loro nicchiavano perché si vedevano arrivare in casa una bella fetta di
iscritti.
Fu un trasferimento
quasi totale degli operai. A Paderno rimasero gli uffici e poco altro. Con il
trasferimento la Imec divenne una fabbrica normale.
Prima era
una fabbrica dove bisognava fare i picchetti quando c'erano gli scioperi, con
qualche difficoltà in più rispetto alle altre perché le operaie arrivavano con
i pullman dell'azienda che fermavano sul piazzale per farle
scendere ma nei giorni di sciopero i pullman
entravano e noi con la macchina a fare la gimcana per impedirgli di entrare.
Era un bello spettacolo, assai spettacolare.
Questa
situazione si era creata perché questa era un'azienda che si buttava sul
mercato, aveva attenzione all'immagine e quindi puntava a presentarsi, anche
dal punto di vista sindacale, come una fabbrica moderna, dove non si facevano
scioperi, dove si stava bene, dove c'erano le tre gemelle. Quindi un sindacato
di quel tipo gli andava bene.
Tutte
donne. Anche la commissione interna era fatta da tutte donne, salvo due uomini
tra gli impiegati.
Imec = Colnaghi.
Le paghe
erano buone. Siamo brava gente, attenti ai problemi dei lavoratori.
Tutta la Cisl lecchese è stata coinvolta
in questa vicenda. Allora il collante Cisl era più forte di adesso.
Allora uno era della Cisl, poi era metalmeccanico, tessile, ecc.
Mi ricordo anche dimostrazioni plateali, nel
corso del consiglio generale
Cisl, arriva la segretaria della sas, capo del personale
della Imec, che si alza e va a sbattere sul tavolo
il pacco dei contributi
delle tessere per dire "pesiamo".
Sono proprio due i fatti che hanno contribuito a creare il cambiamento: in
qualche modo qualcosa
che siamo riusciti a creare all'interno e l'altro l'unificazione coi tessili, con la conseguente perdita
di ruolo nella categoria.
Prima ho
lavorato in una azienda metalmeccanica di Mandello, la Cemb, costruzioni
elettromeccaniche ing. Buzzi.