giovedì 30 aprile 2020

PIERFRANCO GOZZA - Falck – Vobarno (Bs)

Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Memorie in tuta blu. Gli anni caldi dei metalmeccanici bresciani”, di Costantino Corbari, Edizioni Lavoro, Roma 2005

Sono nato a Vobarno il 26.9.1930 dove abito ancora oggi. Ho lavorato alla Falck del mio paese per 36 anni consecutivi. Sono entrato il primo settembre del ‘47 attraverso  la scuola professionale dell'azienda dove ho fatto un corso di disegnatore e aggiustatore meccanico. Eravamo in quaranta allievi poi, anche grazie all'intervento della commissione interna, che era composta da commissari vecchio stampo usciti dalla resistenza, siamo entrati tre, quattro ragazzi al mese. Ho lasciano la Falck nell'agosto dell'83.
Ho sempre fatto l'aggiustatore meccanico e quando sono andato in pensione ero operaio di quinto livello.
Anche mio nonno ha lavorato in Falck ed è stato capo sezione in trafileria.

Ero impegnato nell'Azione cattolica e nelle Acli, c'era un prete che ci ha preparati quando ancora eravamo ragazzini, ci parlava della resistenza, ci spiegava che la storia che studiavamo a scuola non era vera. Così appena entrato in fabbrica mi hanno immediatamente proposto di entrare in lista con la Lcgil e sono stato eletto e da allora sono sempre stato rieletto. Quando sono nati i primi consigli dei delegati, noi commissari abbiamo continuato ad operare, anche non avevamo più la titolarità della contrattazione aziendale, ma ci si limitava a verificare l'applicazione del contratto nazionale. Poi sono stato eletto delegato, praticamente fino alla fine del mio rapporto di lavoro. In quel periodo la Falck aveva 17mila dipendenti distribuiti in dodici stabilimenti e così abbiamo costituito il coordinamento sindacale di gruppo. La maggiore concentrazione di lavoratori era a Sesto San Giovanni con gli stabilimenti Unione e Vittoria. Altre fabbriche erano a Milano Porta Romana, Arcore, Zogno, Dongo, Bolzano e Novate Mezzola.
La stagione più esaltante è stata quella dei diritti: diritto d'assemblea, possibilità di ingresso in azienda dei sindacalisti. Si facevano assemblee di gruppo omogeneo. In quelle riunioni anche la gente che di solito ascoltava e non parlava mai, gradualmente si è formata. E' stato un grosso supporto al sindacato che non poteva, con il limitato numero di dirigenti che aveva in quel tempo, assistere una provincia vasta come la nostra.
Facevo parte del direttivo della Fim di Brescia e la mia esperienza sindacale è legata soprattutto alla mia partecipazione al coordinamento del gruppo Falck e all'esecutivo del coordinamento - che era composto da nove persone - come rappresentante dello stabilimento di Vobarno fino a quando sono andato in pensione.
La filosofia forte che caratterizzava l'azione sindacale alla Falck era l'armonizzazione dei salari. C'era il centro siderurgico che aveva una differenza di paga che sfiorava il 30% a parità di mansioni. C'è stato un grandissimo sforzo per armonizzare un po' tutti.       
Quando è sorto il primo consiglio di fabbrica c'erano solo Fim e Fiom, la Uilm era poco presente, siamo sempre andati d'accordo. Il senso di responsabilità cui eravamo stati abituati da Castrezzati ci ha guidato nella gestione dei problemi. Forse perché avevo una forte personalità, ma quando dovevamo affrontare i problemi di reparto io non chiamavo mai il sindacalista, mentre i delegati della Fiom chiamavano sempre "la mamma" sindacalista.
In azienda con la Fiom ho sempre cercato il colloquio e mai lo scontro e la Falck fino al momento della mia uscita non ha mai avuti grandi problemi. “Sui problemi veri della gente, sulla contrattazione in fabbrica, anche se abbiamo visioni diverse, possiamo metterci insieme, non pensare alle divisioni ideologiche. Quando il mio problema è quello di avere condizioni di lavoro migliori, questo è un problema comune, non è solo un mio problema”. Su questa impostazione siamo sempre andati d'accordo e c'erano motivi per fare una unità d'azione.

L'azienda mi ha creato problemi la prima volta che sono stato eletto in commissione interna a 18 anni. Era l'epoca del paternalismo: c'erano l'asilo e la scuola Enrico Falck, l'azienda faceva delle donazioni e il parroco era succube di queste logiche. Appena eletto in commissione interna furono proclamate due ore di sciopero provinciali per la crisi dell'occupazione a fine turno. Allora il direttore, che era uno che gridava come un matto, mi mandò a chiamare e se la prese con me e altri cattolici. Questo è stato il mio primo impatto con la direzione. Alle sue urla io guardavo i miei compagni chiedendomi che cosa avesse da urlare in quel modo. Riteneva che dei cattolici non dovessero fare sciopero visto il rapporto che avevano con la parrocchia. Infatti a quel tempo c'erano anche i papà che rinunciavano alla liquidazione pur di vedere assumere i loro figli e quei soldi non li teneva la Falck ma li dava all'asilo.
Una volta entrando all'asilo, dove avevano appena pavimentato il corridoio, c'era una suorina e io ho detto “ma che bel pavimento, lo abbiamo pagato noi con i soldi che la Falck ci toglie dalla busta paga”. La suorina era dubbiosa ma la madre superiora è subito intervenuta: ma no, non è vero, non è vero.
Nonostante la sfuriata del direttore noi abbiamo fatto sciopero e anche la direzione della Falck ha capito che bisognava cambiare. Negli anni più recenti c'era un capo del personale che mi diceva: ma perché si mette con quelli che sono comunisti? E io rispondevo, ma guardi che è lei che ci mette insieme. Ma la Falck è sempre stata signora e ha rispettato anche la Fiom.

Nell'81, in occasione di un periodo di crisi della Fim, mi hanno chiesto se potevo fare il segretario e ho fatto una piccola esperienza nella segreteria provinciale di Brescia. L'ho fatto solamente per il bene del sindacato, ma mi sono creato anche delle inimicizie. Segretario generale era Marino Gamba. Sono stato fuori per quasi cinque mesi e poi sono rientrato in azienda. In segreteria cerano anche Armando Scotuzzi e altri due. A me le vicende interne alla Fim hanno sempre creato problemi, come la vicenda di  Franco Castrezzati a suo tempo.
Lui aveva sempre insistito molto sulla formazione e questo mi ha aiutato molto, mi ha sempre dato la massima fiducia. Ogni volta che tornavo dalle riunioni del coordinamento del gruppo passavo dalla sede provinciale e relazionavo su quello che si era detto. E' stato per me un maestro. L'impressione è che oggi manchino figure come lui. Lui lasciava lavorare la gente e in questo modo la faceva crescere e le persone potevano diventare anche futuri dirigenti. Per me e per la Fim di Vobarno è stato un propulsore forte. Io non ho mai cercato gli incarichi sindacali, ma lui mi ha sempre sostenuto e io mi trovavo a mio agio seguendo lo stabilimento di Vobarno.
Sono stato anche nel consiglio nazionale della Fim e nel Consiglio generale della Cisl di Brescia.
Quando sono nati i comprensori sono stato anche nella segreteria della Fim del Comprensorio del Garda, per tutto il periodo della sua durata. Era una segreteria a tre e seguivo la Val Sabbia. I comprensori erano nati con l'idea di avvicinare il sindacato ai lavoratori e ai cittadini e la provincia di Brescia era stata divisa in tre: Brescia, Garda, Valcamonica. Ma la cosa è durata lo spazio di un mattino, noi avevamo sostenuto questa scelta e ci siamo impegnati per rafforzare la presenza della Fim. Ma poi il Comprensorio è stato sciolto e il sindacato è arretrato.

Il giorno di Piazza della Loggia ero a Roma, alla Domus Mariae, ad una riunione unitaria dei tre consigli nazionali dei metalmeccanici. C'erano Carniti e Benvenuto. Carniti sapeva che ero in sala e quando ha avuto la notizia mi ha chiamato. La riunione è stata immediatamente sospesa.

Ogni tanto mia moglie si lamentava perché ero sempre fuori casa, soprattutto quando i figli erano piccoli. Allora parlavo con Castrezzati e si decideva di uscire a cena tutti insieme e lui diceva alle moglie che avrebbero dovute essere contente di avere dei mariti così e per un anno si andava avanti.
Ho giocato a calcio per dieci anni nella squadra della Falck, in promozione e poi è passata in quarta serie.
Mi sono impegnato anche come presidente del consiglio d'istituto quando avevo i due figli a scuola, ho fatto il presidente di una cooperativa edilizia che ha costruito 47 appartamenti.

A partire dal 1983 e fino al 1987 ho fatto parte del Comitato Inps di Brescia e per la prima volta la presidenza del Comitato venne affidata alla Cisl, prima era sempre stata della Cgil. E' stata una bella esperienza e quando sono andato in pensione mi sono messo a fare anche il patronato a Vobarno.
Sono stato consigliere comunale fino a quando è stata introdotta l'incompatibilità con l'impegno sindacale e io ho scelto il sindacato.
Il venerdì 17 novembre 1995 sono stato eletto presidente della casa di riposo di Vobarno e sono ancora presidente e in un'occasione mi sono trovato il sindacato dei pensionati come controparte e ora non sono più iscritto alla Cisl.