Sono nato a Vobarno il
26.9.1930 dove abito ancora oggi. Ho lavorato alla Falck del mio paese per 36
anni consecutivi. Sono entrato il primo settembre del ‘47 attraverso la scuola professionale dell'azienda dove ho
fatto un corso di disegnatore e aggiustatore meccanico. Eravamo in quaranta
allievi poi, anche grazie all'intervento della commissione interna, che era
composta da commissari vecchio stampo usciti dalla resistenza, siamo entrati
tre, quattro ragazzi al mese. Ho lasciano la Falck nell'agosto dell'83.
Ho sempre fatto l'aggiustatore
meccanico e quando sono andato in pensione ero operaio di quinto livello.
Anche mio nonno ha lavorato
in Falck ed è stato capo sezione in trafileria.
Ero impegnato nell'Azione
cattolica e nelle Acli, c'era un prete che ci ha preparati quando ancora eravamo
ragazzini, ci parlava della resistenza, ci spiegava che la storia che
studiavamo a scuola non era vera. Così appena entrato in fabbrica mi hanno
immediatamente proposto di entrare in lista con la Lcgil e sono stato eletto e
da allora sono sempre stato rieletto. Quando sono nati i primi consigli dei
delegati, noi commissari abbiamo continuato ad operare, anche non avevamo più
la titolarità della contrattazione aziendale, ma ci si limitava a verificare
l'applicazione del contratto nazionale. Poi sono stato eletto delegato,
praticamente fino alla fine del mio rapporto di lavoro. In quel periodo la
Falck aveva 17mila dipendenti distribuiti in dodici stabilimenti e così abbiamo
costituito il coordinamento sindacale di gruppo. La maggiore concentrazione di
lavoratori era a Sesto San Giovanni con gli stabilimenti Unione e Vittoria.
Altre fabbriche erano a Milano Porta Romana, Arcore, Zogno, Dongo, Bolzano e
Novate Mezzola.
La stagione più esaltante è
stata quella dei diritti: diritto d'assemblea, possibilità di ingresso in
azienda dei sindacalisti. Si facevano assemblee di gruppo omogeneo. In quelle
riunioni anche la gente che di solito ascoltava e non parlava mai, gradualmente
si è formata. E' stato un grosso supporto al sindacato che non poteva, con il limitato
numero di dirigenti che aveva in quel tempo, assistere una provincia vasta come
la nostra.
Facevo parte del direttivo
della Fim di Brescia e la mia esperienza sindacale è legata soprattutto alla
mia partecipazione al coordinamento del gruppo Falck e all'esecutivo del
coordinamento - che era composto da nove persone - come rappresentante dello
stabilimento di Vobarno fino a quando sono andato in pensione.
La filosofia forte che
caratterizzava l'azione sindacale alla Falck era l'armonizzazione dei salari.
C'era il centro siderurgico che aveva una differenza di paga che sfiorava il
30% a parità di mansioni. C'è stato un grandissimo sforzo per armonizzare un
po' tutti.
Quando è sorto il primo
consiglio di fabbrica c'erano solo Fim e Fiom, la Uilm era poco presente, siamo
sempre andati d'accordo. Il senso di responsabilità cui eravamo stati abituati
da Castrezzati ci ha guidato nella gestione dei problemi. Forse perché avevo
una forte personalità, ma quando dovevamo affrontare i problemi di reparto io
non chiamavo mai il sindacalista, mentre i delegati della Fiom chiamavano
sempre "la mamma" sindacalista.
In azienda con la Fiom ho
sempre cercato il colloquio e mai lo scontro e la Falck fino al momento della
mia uscita non ha mai avuti grandi problemi. “Sui problemi veri della gente,
sulla contrattazione in fabbrica, anche se abbiamo visioni diverse, possiamo
metterci insieme, non pensare alle divisioni ideologiche. Quando il mio
problema è quello di avere condizioni di lavoro migliori, questo è un problema
comune, non è solo un mio problema”. Su questa impostazione siamo sempre andati
d'accordo e c'erano motivi per fare una unità d'azione.
L'azienda mi ha creato
problemi la prima volta che sono stato eletto in commissione interna a 18 anni.
Era l'epoca del paternalismo: c'erano l'asilo e la scuola Enrico Falck,
l'azienda faceva delle donazioni e il parroco era succube di queste logiche.
Appena eletto in commissione interna furono proclamate due ore di sciopero
provinciali per la crisi dell'occupazione a fine turno. Allora il direttore,
che era uno che gridava come un matto, mi mandò a chiamare e se la prese con me
e altri cattolici. Questo è stato il mio primo impatto con la direzione. Alle
sue urla io guardavo i miei compagni chiedendomi che cosa avesse da urlare in
quel modo. Riteneva che dei cattolici non dovessero fare sciopero visto il
rapporto che avevano con la parrocchia. Infatti a quel tempo c'erano anche i
papà che rinunciavano alla liquidazione pur di vedere assumere i loro figli e
quei soldi non li teneva la Falck ma li dava all'asilo.
Una volta entrando
all'asilo, dove avevano appena pavimentato il corridoio, c'era una suorina e io
ho detto “ma che bel pavimento, lo abbiamo pagato noi con i soldi che la Falck
ci toglie dalla busta paga”. La suorina era dubbiosa ma la madre superiora è
subito intervenuta: ma no, non è vero, non è vero.
Nonostante la sfuriata del
direttore noi abbiamo fatto sciopero e anche la direzione della Falck ha capito
che bisognava cambiare. Negli anni più recenti c'era un capo del personale che
mi diceva: ma perché si mette con quelli che sono comunisti? E io rispondevo,
ma guardi che è lei che ci mette insieme. Ma la Falck è sempre stata signora e
ha rispettato anche la Fiom.
Nell'81, in occasione di un
periodo di crisi della Fim, mi hanno chiesto se potevo fare il segretario e ho
fatto una piccola esperienza nella segreteria provinciale di Brescia. L'ho
fatto solamente per il bene del sindacato, ma mi sono creato anche delle
inimicizie. Segretario generale era Marino Gamba. Sono stato fuori per quasi
cinque mesi e poi sono rientrato in azienda. In segreteria cerano anche Armando
Scotuzzi e altri due. A me le vicende interne alla Fim hanno sempre creato
problemi, come la vicenda di Franco
Castrezzati a suo tempo.
Lui aveva sempre insistito
molto sulla formazione e questo mi ha aiutato molto, mi ha sempre dato la
massima fiducia. Ogni volta che tornavo dalle riunioni del coordinamento del
gruppo passavo dalla sede provinciale e relazionavo su quello che si era detto.
E' stato per me un maestro. L'impressione è che oggi manchino figure come lui.
Lui lasciava lavorare la gente e in questo modo la faceva crescere e le persone
potevano diventare anche futuri dirigenti. Per me e per la Fim di Vobarno è
stato un propulsore forte. Io non ho mai cercato gli incarichi sindacali, ma
lui mi ha sempre sostenuto e io mi trovavo a mio agio seguendo lo stabilimento
di Vobarno.
Sono stato anche nel
consiglio nazionale della Fim e nel Consiglio generale della Cisl di Brescia.
Quando sono nati i
comprensori sono stato anche nella segreteria della Fim del Comprensorio del
Garda, per tutto il periodo della sua durata. Era una segreteria a tre e
seguivo la Val Sabbia. I comprensori erano nati con l'idea di avvicinare il
sindacato ai lavoratori e ai cittadini e la provincia di Brescia era stata
divisa in tre: Brescia, Garda, Valcamonica. Ma la cosa è durata lo spazio di un
mattino, noi avevamo sostenuto questa scelta e ci siamo impegnati per
rafforzare la presenza della Fim. Ma poi il Comprensorio è stato sciolto e il
sindacato è arretrato.
Il giorno di Piazza della
Loggia ero a Roma, alla Domus Mariae, ad una riunione unitaria dei tre consigli
nazionali dei metalmeccanici. C'erano Carniti e Benvenuto. Carniti sapeva che
ero in sala e quando ha avuto la notizia mi ha chiamato. La riunione è stata
immediatamente sospesa.
Ogni tanto mia moglie si
lamentava perché ero sempre fuori casa, soprattutto quando i figli erano
piccoli. Allora parlavo con Castrezzati e si decideva di uscire a cena tutti
insieme e lui diceva alle moglie che avrebbero dovute essere contente di avere
dei mariti così e per un anno si andava avanti.
Ho giocato a calcio per
dieci anni nella squadra della Falck, in promozione e poi è passata in quarta
serie.
Mi sono impegnato anche come
presidente del consiglio d'istituto quando avevo i due figli a scuola, ho fatto
il presidente di una cooperativa edilizia che ha costruito 47 appartamenti.
A partire dal 1983 e fino al
1987 ho fatto parte del Comitato Inps di Brescia e per la prima volta la
presidenza del Comitato venne affidata alla Cisl, prima era sempre stata della
Cgil. E' stata una bella esperienza e quando sono andato in pensione mi sono
messo a fare anche il patronato a Vobarno.
Sono stato consigliere
comunale fino a quando è stata introdotta l'incompatibilità con l'impegno
sindacale e io ho scelto il sindacato.
Il venerdì 17 novembre 1995
sono stato eletto presidente della casa di riposo di Vobarno e sono ancora
presidente e in un'occasione mi sono trovato il sindacato dei pensionati come
controparte e ora non sono più iscritto alla Cisl.