Sono nato il 8.11.1936
a Lecco. Ho lavorato sempre alla Sae di Lecco.
Azienda di carpenteria
per il trasporto dell’energia elettrica, cioè pali della luce, centrali
elettriche. La maggior azienda di Lecco città, nata nel 1938, che ha toccato
una punta di 1.660 occupati. Oggi ridotta a circa 180.
La sede centrale, con
lo stabilimento più grosso, era a Lecco, un
impianto a Napoli e un Centro cantieri a Bologna, con tutti montatori. I
lavoratori specializzati che servivano partivano sempre dallo stabilimento di
Lecco. All'estero è stato fatto uno stabilimento in Turchia che poi è stato
chiuso, in India, nel Venezuela, in Brasile.
Qualche lavoratore
della Sae era sempre in giro per il mondo.
Sono entrato nel 1954
come operaio, poi ho fatto un corso serale come disegnatore tecnico, ho fatto
il militare nel '58, '59. Ero addetto al montaggio nel reparto campioni dei
pali della luce, poi sono passato al reparto tracciatori, cioè dei disegnatori
sul ferro.
Nel sindacato sono
entrato a fine del servizio militare e alle prime elezioni del '61 sono entrato
in commissione interna e ho lasciato nel 1986, quando ho cominciato tre anni di
cassa integrazione. Un trentennio di attività sindacale.
Questa azienda, come
anche la Badoni, la Forni impianti, e il Caleotto hanno fatto scuola sul piano
sindacale. Noi ci siamo organizzati bene sul piano sindacale. Nel 1960, 61.
Alla Sae imperava il
paternalismo della direzione. Abbiamo sempre ottenuto tutto quello che
chiedevamo senza difficoltà. La proprietà era Brown Boveri, Marelli e Falck.
Primo inquadramento unico alla Sae.
Lecco è stata un po’ l'università per tutte le nuove forme di contrattazione.
Partendo insieme a Badoni e Forni impianti, tre aziende di carpenteria, seppur
diversa, abbiamo fatto la cosiddetta tabella dei punteggi. 12 punti per avere
la categoria. Nel periodo tra il contratto dei metalmeccanici del '66 e quello
del '69.
Il contratto nazionale
del '69, quello firmato dopo la bomba di Piazza Fontana, accoglieva e
generalizzava l'inquadramento unico sperimentato a Lecco.
Una volta siamo andati ad una riunione
sindacale a Milano dove abbiamo illustrato il nostro accordo e i lavoratori delle
altre aziende sgranavano gli
occhi e quasi non ci volevano credere.
Noi
siamo partiti da un concetto della contrattazione sul premio di produzione (P
su H) in cui dicevamo che ci sono le
categorie diverse ma i premi di produzione devono essere uguali per tutti,
invece erano differenti. Il premio era superiore per gli impiegati che non per
gli operai, noi invece abbiamo cominciato a dire: è vero che ci vuole
l'impiegato, ma per fare la produzione ci vuole anche l'operaio della
zincheria, un lavoro nocivo con le vasche
dell'acido, e abbiamo cominciato a teorizzare che almeno il premio di
produzione deve essere in cifra ugnale per tutti. Nell'accordo aziendale del
1964 abbiamo definito il premio di produzione di l00mila lire uguale per tutti
con grandi discussioni all'interno dell'azienda. Quando abbiamo pensato a
questo abbiamo discusso prima nella commissione interna e poi tra i lavoratori,
con contrasti di alcuni lavoratori che prendevano di più Allora le assemblee si
tenevano fuori dalla fabbrica. Il P su H si faceva produzione diviso per le ore
lavorate. Era una cosa prevista nel contratto nazionale del ‘63 e che poi doveva
essere contrattato a livello aziendale.
L'accordo è stato
firmato senza scioperi.
Con l'avvento di acciai
sempre più resistenti e quindi meno pesanti ci siamo trovati che il P su H non
funzionava più per noi e quindi, non potendo continuamente adeguarlo al
miglioramento della qualità degli acciai, abbiamo cambiato sistema. Noi
volevamo cambiare e l'azienda voleva mantenerlo.
Con una grossa vertenza
- siamo stati una settimana al ministero del Lavoro - nel 1973 abbiamo cambiato
il premio di produzione e abbiamo stabilito una cifra fissa, indipendentemente
dalla produzione. Questa volta abbiamo dovuto scioperare. Dal ministero siamo
venuti via senza l'accordo. Dopo l'abbiamo fatto qua con l'intervento del
sindaco Guido Puccio e la firma in Comune.
Dopo l'esperienza della
prima contrattazione sul premio di produzione abbiamo cominciato a discutere di
inquadramento, con la stessa logica: ci vogliono tante competenze diverse, ma
una serie di lavori possono essere valutati allo stesso modo e quindi inquadrati
in una stessa categoria.
Oggi le tecnologie
hanno modificato tutto, ma negli anni '60 su una linea lavoravano diverse
persone, con mansioni sostanzialmente simili, pur essendo inquadrate con
categorie diverse e quando si discuteva con la direzione si chiedeva magari un
passaggio di categoria in base alla posizione sulla macchina "io sono
davanti", "io sono dietro" e con un sacco di discussioni. Allora
abbiamo cominciato a studiare la tabellina dei punteggi per superare questa
situazione.
Se tu fai un periodo di
tempo su una macchina, un altro su un'altra macchina fino a raggiungere i 12
punti avevi diritto al passaggio di
categoria.
L'azienda ha sempre
mantenuto un livello di discrezionalità sulle categorie degli impiegati. Noi
abbiamo sempre contrattato le categorie degli operai. C'è stato un periodo che
grazie a questo sistema nelle categorie inferiori dei manovali semplici, e
anche dei manovali specializzati, non c'era più nessuno. La categoria più
bassa, alla Sae, era quella dell'operaio qualificato.
La
direzione si era mostrata disponibile a capire e ad accettare questa
impostazione, poi la cosa è cambiata ed è cominciata a diventare difficile
quando è cominciata ad uscire la Marelli (intorno al '73) ed il suo terzo è
stato assorbito da Falck e Boveri. Quando è uscita anche la Falck le cose sono
cominciate a cambiare.
Nell’85
(era solo BB) abbiamo fatto una grossa vertenza con 387 lettere di
licenziamento. Non perché era in crisi l'azienda, ma perché le tecnologie
riducevano la manodopera necessaria. Però tutti quelli che hanno lasciato la
fabbrica sono usciti con i soldi, come minimo erano 10 milioni oltre la
liquidazione. Quell'anno abbiamo fatto una catena della solidarietà intorno a
Lecco con i lavoratori di altre fabbriche lecchesi. Si puntava a coinvolgere la
città per richiamare l'attenzione sui nostri problemi interni.
Dall'85 in avanti, con
un accordo, la cassa integrazione veniva anticipata dall'azienda.
L'azienda leader era la
Badoni. Nella Sae si facevano buonissimi accordi senza fare un'ora di sciopero.
Nel lecchese la maggiore era la Vismara. A Lecco era la Sae.
Nardini e Viganò
andavano d'accordo. Alla Sae all'inizio erano più gli impiegati iscritti alla
Cisl, poi con il passare del tempo la situazione è cambiata fino a 50% Fim e
50% Fiom. In azienda si lavorava bene insieme. Alcuni da una parte e dall'altra,
quando c'era la tessera Flm, non la volevano assolutamente, per non correre il
rischio di essere confusi con quelli dell'altra parte e volevano quella di
organizzazione.
Negli anni '60 alla
Commissione interna veniva data la tessera del Lecco Calcio per andare gratis
allo stadio. Quando in commissione interna è entrato Antonio Gilardi e si è
visto consegnare la tessera ha chiesto il perché e saputo che veniva data a
tutti i membri della commissione interna l'ha rifiutata e ha sollevato il
problema, anche con momenti di tensione, di modo che da allora più nessuno ebbe
la tessera per lo stadio.
Ci saranno state cinque
donne in tutta la fabbrica.
Giulio Foi, seguiva i trasporti della
Cgil. Era lo sciopero dell'azienda dei trasporti. Tutti i lavoratori sono
usciti dalle fabbriche e siamo andati fuori dalla prigione e con una trattativa
l'hanno liberato e dopo l'abbiamo messo in spalla, siamo tornati a Lecco e
abbiamo fatto un corteo.