Trascrizione testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Lo sciopero di Giacomo. Un secolo di solidarietà operaia a Lecco e nel suo territorio”, di Costantino Corbari, Periplo Edizioni, Lecco, 1995
Sono nato il 6.5.1934 a Lecco. Ho cominciato a lavorare nel dicembre 1946 nell'acciaieria del Caleotto, dove ho sempre lavorato fino all'età della pensione, salvo gli ultimi 4 anni in cui ho lavorato come distaccato al sindacato.
Il Caleotto, azienda siderurgica, comprendeva il laminatoio, l'acciaieria. All'Arlenico c'era il catenificio, la forgia, la trafila, le catene a freddo.
Il catenificio, dove c'era la saldatura elettrica, era prevalentemente composto da donne, salvo i manutentori. Fin da allora alcune erano impegnate sindacalmente.
Ho cominciato come apprendista tornitore per cilindri dei laminatoi. Sono stato iscritto al sindacato fin dall'inizio, dopo qualche mese dall'ingresso in azienda.
Da semplice iscritto sono diventato collettore delle quote sindacali.
Io lavoravo a giornata e nell'ora e mezzo di intervallo avvicinavo gli iscritti per raccogliere le quote, sia quelli che stavano pranzando che quelli che lavoravano, perché lavoravano su turni. Lo facevamo in po’ di nascosto, senza dar molto nell'occhio.
Ero un militante aclista e per noi l'impegno nel sindacato aveva anche un valore morale di testimonianza cristiana in fabbrica. Per noi il sindacato era il mezzo di difesa del lavoratore e anche uno strumento di giustizia.
L'attentato a Togliatti, con i lunghi scioperi che si fecero per più di una settimana dentro al Caleotto, per me che ero un ragazzo, fu uno shock. Dopo la scissione sindacale la libera Cgil ha vissuto un periodo difficile. La maggioranza nella commissione interna del Caleotto Arlenico è sempre stata della Cgil, almeno fino agli anni '80.
Fra i due sindacati ci sono state difficoltà di rapporti, in particolare sugli scioperi politici, ai quali la Cisl normalmente non aderiva.
In occasione dello sciopero per Togliatti la corrente cristiana della Cgil aderì, perché tutti ritenevano che era una cosa giusta, anche se si capiva che oltre un certo limite la questione era diventava più politica che sindacale. Infatti ad un certo punto una parte dei lavoratori ha interrotto lo sciopero e ha cominciato a lavorare. Successivamente è stato fatto un lungo lavoro per avvicinare le due organizzazioni e costruire il sindacato unitario, la Flm, negli anni 70, una grande speranza. I lavoratori della Firn, che pure avevano fatto un congresso di scioglimento, hanno provato un grande senso di delusione, perché il sindacato unitario non è stato realizzato. Incompatibilità tra cariche sindacali e cariche politiche. E' stata una battaglia che ha avuto un grande valore.
Nel 1969 abbiamo fatto 40 giorni di sciopero per rinnovare il contratto nazionale dei metalmeccanici.
Quando si affrontavano temi di interesse generale, il Caleotto ed altre due o tre aziende suonavano le sirene e tutti si fermavano e partecipavano alle manifestazioni.
C'è stato anche un grosso sciopero generale quando un industriale aveva picchiato un sindacalista, al mollificio Codega, sindacalista Bizzatti (?) della Cgil negli anni 50.
Avevamo realizzato un buon accordo sui provvedimenti disciplinari in cui l'azienda prima di applicare il provvedimento doveva contestarlo al lavoratore, avvisare i membri dell'esecutivo del consiglio di fabbrica e addirittura il delegato poteva esprimere un suo parere sul verbale del caporeparto.
Accordo in caso di riduzione di organico per innovazioni tecnologiche per evitare che la direzione procedesse unilateralmente. Era previsto un periodo di sperimentazione delle nuove tecniche che prevedevano personale in meno, si concordava un periodo di 15/20 giorni e si valutavano le difficoltà che si venivano a creare con la riduzione .dell'organico e alla fine si concordavano le soluzioni definitive.
Una conquista fu il superamento totale degli straordinari alla Caleotto Arlenico che non si era verificato in nessun'altra azienda. Noi raramente facevamo lavoro straordinario, perché se bisognava fare manutenzione il sabato e la domenica, si concordavano prima i giorni di riposo; dove di lavorava con turni programmati si faceva lo scorrimento o il recupero. Scorrimento vuol dire lavoro al sabato e a casa lunedì, poi martedì, e così via o si recuperava in settimana. Superamento dei vecchi cottimi e accordo sul premio di produzione.
Il più significativo degli accordi è sicuramente l'inquadramento unico e si può dire che qui si è preceduto tutti gli accordi nazionali. Nel 1972 abbiamo fatto l'accordo con grosse difficoltà, tant'è vero che l'azienda lo "teneva in cassaforte" perché non voleva che si divulgasse.
Noi avevamo studiato questa possibilità con una azienda di Brescia che aveva già applicato questo inquadramento; però non si poteva trasferirlo così com'era nella nostra azienda perché le nostre lavorazioni erano più arretrate, poco meccanizzate. Al Caleotto c'erano una miriade di paghe, quasi ad personam, e noi siamo riusciti a superare questa situazione realizzando un inquadramento unico che comprendeva anche gli impiegati. Il contratto nazionale ha accolto .questa impostazione due anni dopo.
Il Caleotto, negli anni '70, era l'azienda pilota, insieme alla Sae, anche nel sostenere alcune linee sindacali. Ciò che si realizzava nella nostra azienda siderurgica era difficilmente adattabile alle altre fabbriche metalmeccaniche, ma noi ci impegnavamo a far conoscere i risultati raggiunti con la contrattazione.
In azienda non ho mai avuto grossi difficoltà nel rapporto con la Fiom, con la nascita dei consigli le questioni venivano smussate all'interno dei delegati e quando di andava dai lavoratori non c'erano grandi differenza. I lavoratori partecipavano alle assemblee e il rapporto tra noi è sempre stato costruttivo.
Vedere una fabbrica dove si è lavorato per quarant'anni, dove erano occupate forse 1500 persone e vederla ridotta a 200 è un po’ una delusione. Ogni volta che si passa e si vede cosa è rimasto nasce dentro un senso di amarezza.
Foi. Avviso in portineria. Riunione delle persone più rappresentative e quindi si decideva la fermata, solitamente avvisando la direzione. Con l'azienda i rapporti erano corretti e di rispetto e questo stile in alcuni momenti ci ha aiutato a superare situazioni difficili. A Lecco non ci sono stati grandi disordini, salvo forse la volta dello sciopero dei trasporti.
In occasione della contrattazione aziendale sul premio di produttività, sulla famosa formula del P su H, c'è voluto uno sciopero molto lungo prima di farlo assumere dall'azienda. Noi avevamo i cottimi e l'azienda voleva mantenerli. Il risultato non fu un vero e proprio premio di produttività, perché era difficile controllare i risultati delle squadre. Si fecero scioperi duri, articolati di 15 minuti in 15 minuti. Tra il 66 e il 69.
Sciopero in occasione del rapimento di Moro. E' stata una cosa improvvisa e appena si è saputo siamo scesi tutti in piazza e abbiamo fatto un presidio in piazza Garibaldi.