Presentato al Labour Film Festival 2025 il documentario di Massimo Romagnoli e Costantino Corbari che racconta la storia del BZ 308, un quadrimotore tutto italiano costruito subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, vanto degli operai della Breda aeronautica di Sesto San Giovanni
La produzione di aerei alla Breda inizia nel primo dopoguerra e dura fino a tutta la seconda guerra mondiale, con esemplari prevalentemente destinati al settore militare. Per questo, durante il conflitto, tra il 1942 e il 1944, l’azienda viene pesantemente bombardata dagli alleati, fino a quando, il 30 aprile 1944, lo stabilimento sestese è completamente raso al suolo. Nei primi anni ’50, dopo un tentativo di ripartenza, la Breda aeronautica cessa la produzione.
Prima di gettare la spugna, però i lavoratori della Breda, nonostante le distruzioni e le enormi difficoltà a reperire sul mercato i materiali necessari, riescono a progettare e costruire un bellissimo aereo passeggeri: il Breda BZ-308.
Assai lunga la gestazione del prototipo, concepito dall’ing. Filippo Zappata nel 1942, ancora in tempo di guerra, con tutti i problemi connessi alle difficoltà del momento, tanto che l`8 settembre 1943 molto probabilmente ne era stata realizzata soltanto la fusoliera.
Nel periodo 1944-45 il lavoro viene bloccato dagli occupanti tedeschi che obbligano l’azienda a costruire aerei da caccia, ma soprattutto dalle incursioni alleate, che bombardano sistematicamente gli impianti di produzione della Breda per impedire la realizzazione di nuovi velivoli militari.
Al termine del conflitto sono gli Alleati che vietano all’Italia la continuazione di qualsiasi progetto aeronautico fino agli inizi del 1946. Soltanto allora, rimosso il divieto, riprendono i lavori sul BZ-308. L’aereo viene completato a giugno del 1946, ma a causa delle resistenze britanniche a fornire i motori necessari il primo volo avviene solo il 27 agosto 1948.
Il progetto venne concretizzato in brevissimo tempo. Zappata riprese il lavoro nel 1945, poco tempo dopo la firma della definitiva cessazione delle ostilità, e nel 1946 il velivolo era già pronto per essere portato in volo, se non fosse stato per la mancanza dei motori, i britannici Bristol Centaurus, a cui si dovette ricorrere perché la produzione italiana non era in grado di fornire motorizzazioni della potenza necessaria.
La fornitura non fu disponibile che due anni più tardi, troppo per poter diventare una concreta minaccia per le aziende estere che oramai avevano monopolizzato il mercato.
Dalla linea elegante e filante, a causa della sua somiglianza stilistica con lo statunitense Lockheed Constellation, il BZ-308 venne soprannominato dalla stampa dell'epoca il “Connie italiano”.
Dopo una serie di voli in Italia e in Gran Bretagna durante il 1952, e dopo aver fatto una “comparsata” nel film “Vacanze Romane”, il BZ-308 venne preso in carico dall'Aeronautica Militare, che lo utilizzò per alcuni anni, con i contrassegni del Reparto Volo Stato Maggiore, sulla rotta Roma-Mogadiscio per trasportare il personale dell’Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia e i loro familiari. Fino a quando un grave incidente, avvenuto il 21 febbraio 1954 sulla pista di Mogadiscio, lo danneggiò in modo irreparabile.
La chiusura della Breda e la mancanza di pezzi di ricambio lo condanneranno definitivamente.
Termina così ingloriosamente la storia dell’unico esemplare del BZ-308, primo - ed ultimo - tentativo italiano di dotarsi di un aereo di linea. Ma non ingloriosa è la storia di coloro che quel velivolo hanno costruito con fatica, dedizione e impegno totale: gli operai e i tecnici della Breda di Sesto San Giovanni.
Se durante il conflitto gli operai avevano pagato con il carcere e i campi di concentramento la lotta contro i nazifascisti, dopo la guerra quegli stessi operai si erano immediatamente messi al lavoro perché la Breda riprendesse a vivere e per assicurare il pane e un futuro alle loro famiglie. Il BZ-308 doveva essere lo strumento della rinascita. Purtroppo non fu così e i lavoratori furono costretti a gettare la spugna.
Vollero però che delle loro fatiche e della loro storia rimanesse memoria. Così, prima che il velivolo venisse consegnato all’aviazione militare, staccate le ali dell’aereo, insieme, con delle lunghe corde, orgogliosamente trascinarono l’argentea carlinga lungo le strade di Sesto San Giovanni affinché tutti ammirassero il frutto del loro lavoro e del loro desiderio di emancipazione.