giovedì 18 settembre 2025

Recuperi. Il contratto salvaposti

Si chiama contratto di solidarietà. E' la formula salvaposti inventata per allontanare i licenziamenti. Meno orario e meno salario. Aspettando la ripresa
Corriere Lavoro, Corriere della sera, Anno 1, numero 9, 8.4.1994

Che cosa sono e come funzionano i contratti anticrisi
La ricetta salvaposti è la solidarietà

Salvare posti di lavoro, garantirsi la professionalità del personale, ridurre i costi. Sono le opportunità offerte a dipendenti e imprese dai contratti di solidarietà. Sempre più sfruttate. Le aziende che vi hanno fatto ricor­so sono oltre 400. Le persone coinvolte quasi 50 mila.
La formula è piuttosto semplice. Si tratta di ridurre l'orario di lavoro con conseguente riduzione percentuale del salario a un certo numero di lavoratori, per salvare una quota di posti di lavoro aspettando la ripresa. Il tutto sancito da accordo sindacale.
Nati nel 1984 per af­frontare i massicci pro­cessi di ristrutturazione avviati in quegli anni dall’industria italiana, ebbero un’accoglienza piuttosto fredda. Per le imprese non erano pre­visti incentivi e il sinda­cato stava vivendo una stagione di profonda di­visione. Alcune intese furono firmate, partico­larmente nel tessile, ma senza l’intervento delle associazioni imprendito­riali e con scarso entu­siasmo. Ben presto i contratti di solidarietà furono dimenticati.
Ebbero però un meri­to. Si dimostrò allora che la formula un po’ semplice del «lavorare meno per lavorare tutti» poteva essere più di uno slogan. Con la legge n. 863/84 era stata tracciata una strada che l’esplode­re della crisi attuale ha fatto riemergere. Alla ricerca di stru­menti adatti per tentare di arginare la pesante caduta dell’occupazione, i contratti di solidarietà sono stati riscoperti, rie­laborati e resi più appe­tibili per le aziende.

Sindacato unito, asso­ciazioni imprenditoriali disponibili, governo più impegnato hanno ripor­tato al centro delle trat­tative la solidarietà. Ri­duzione di orario con ri­duzione parziale di sala­rio e costi distribuiti tra azienda, lavoratore e Stato.

Il meccanismo adotta­to con la recente legge n. 236/93 è relativamente semplice. Alle imprese che sottoscrivono un ac­cordo sindacale viene concesso uno sgravio contributivo del 25%, se la riduzione dell’orario concordata è superiore al 20%. Se le ore non la­vorate superano il 30%, lo sconto sale al 35%. Per le aree di crisi rico­nosciute dall’Unione eu­ropea, il risparmio sui contributi può giungere al tetto del 45%. Inoltre, lo Stato finanzia le aziende con una somma pari al 25% delle retri­buzioni non dovute in seguito alla riduzione d’orario. Il restante 75% della retribuzione persa viene versata dalle casse pub­bliche ai lavoratori.

Per ottenere i contri­buti, le parti, attraverso l’Ufficio regionale del lavoro, devono presenta­re l’accordo aziendale al ministero, il quale dovrà emanare un apposito de­creto. Fino a oggi per la verità nessun contributo pubblico è stato erogato, anche se questo non ha avuto ripercussioni sui dipendenti interessati ai contratti di solidarietà; in aggiunta, i finanzia­menti stanziati sono con­siderati largamente in­sufficienti a coprire tutte le intese. C’è però un impegno esplicito del ministro del Lavoro uscente, Gino Giugni, a trovare le risorse neces­sarie, e finora né impre­se né sindacati hanno espresso particolari preoccupazioni.

L’accordo Fiat, di cui molto si è parlato nelle scorse settimane, è solo l’ultimo di una lunga se­rie di contratti che han­no utilizzato la solida­rietà. I posti di lavoro complessivamente salva­ti sono circa 17 mila. Mediamente, per mante­nere un posto vengono coinvolti tre lavoratori. La maggior parte delle intese è stata siglata al Nord (83%), particolar­mente in Lombardia, dove sono stati evitati 6.500 licenziamenti. Il 66% degli accordi ri­guarda le piccole impre­se, dove è più semplice riorganizzare il processo produttivo. Peraltro, i contratti di solidarietà sono stati introdotti in grandi aziende come Italtel (8.400), Alenia (4.100), Olivetti (2.060), Aermacchi (1.284), Corneliani (657).

Riduzione dell’orario e flessibilità sono una caratteristica dell’indu­stria tessile che ben si sposa con i contratti di solidarietà. Numerosi sono infatti gli accordi firmati nel settore: oltre 160, con il coinvolgimen­to di 13 mila addetti e circa 3.200 posti di lavo­ro salvati.