Si chiama contratto di solidarietà. E' la formula salvaposti inventata per allontanare i licenziamenti. Meno orario e meno salario. Aspettando la ripresa
Corriere Lavoro, Corriere della sera, Anno 1, numero 9, 8.4.1994
Che cosa sono e come funzionano i contratti anticrisi
La ricetta salvaposti è la solidarietà
Salvare posti di lavoro, garantirsi la professionalità del personale, ridurre i costi. Sono le opportunità offerte a dipendenti e imprese dai contratti di solidarietà. Sempre più sfruttate. Le aziende che vi hanno fatto ricorso sono oltre 400. Le persone coinvolte quasi 50 mila.
La formula è piuttosto semplice. Si tratta di ridurre l'orario di lavoro con conseguente riduzione percentuale del salario a un certo numero di lavoratori, per salvare una quota di posti di lavoro aspettando la ripresa. Il tutto sancito da accordo sindacale.
Nati nel 1984 per affrontare i massicci processi di ristrutturazione avviati in quegli anni dall’industria italiana, ebbero un’accoglienza piuttosto fredda. Per le imprese non erano previsti incentivi e il sindacato stava vivendo una stagione di profonda divisione. Alcune intese furono firmate, particolarmente nel tessile, ma senza l’intervento delle associazioni imprenditoriali e con scarso entusiasmo. Ben presto i contratti di solidarietà furono dimenticati.
Ebbero però un merito. Si dimostrò allora che la formula un po’ semplice del «lavorare meno per lavorare tutti» poteva essere più di uno slogan. Con la legge n. 863/84 era stata tracciata una strada che l’esplodere della crisi attuale ha fatto riemergere. Alla ricerca di strumenti adatti per tentare di arginare la pesante caduta dell’occupazione, i contratti di solidarietà sono stati riscoperti, rielaborati e resi più appetibili per le aziende.
Sindacato unito, associazioni imprenditoriali disponibili, governo più impegnato hanno riportato al centro delle trattative la solidarietà. Riduzione di orario con riduzione parziale di salario e costi distribuiti tra azienda, lavoratore e Stato.
Il meccanismo adottato con la recente legge n. 236/93 è relativamente semplice. Alle imprese che sottoscrivono un accordo sindacale viene concesso uno sgravio contributivo del 25%, se la riduzione dell’orario concordata è superiore al 20%. Se le ore non lavorate superano il 30%, lo sconto sale al 35%. Per le aree di crisi riconosciute dall’Unione europea, il risparmio sui contributi può giungere al tetto del 45%. Inoltre, lo Stato finanzia le aziende con una somma pari al 25% delle retribuzioni non dovute in seguito alla riduzione d’orario. Il restante 75% della retribuzione persa viene versata dalle casse pubbliche ai lavoratori.
Per ottenere i contributi, le parti, attraverso l’Ufficio regionale del lavoro, devono presentare l’accordo aziendale al ministero, il quale dovrà emanare un apposito decreto. Fino a oggi per la verità nessun contributo pubblico è stato erogato, anche se questo non ha avuto ripercussioni sui dipendenti interessati ai contratti di solidarietà; in aggiunta, i finanziamenti stanziati sono considerati largamente insufficienti a coprire tutte le intese. C’è però un impegno esplicito del ministro del Lavoro uscente, Gino Giugni, a trovare le risorse necessarie, e finora né imprese né sindacati hanno espresso particolari preoccupazioni.
L’accordo Fiat, di cui molto si è parlato nelle scorse settimane, è solo l’ultimo di una lunga serie di contratti che hanno utilizzato la solidarietà. I posti di lavoro complessivamente salvati sono circa 17 mila. Mediamente, per mantenere un posto vengono coinvolti tre lavoratori. La maggior parte delle intese è stata siglata al Nord (83%), particolarmente in Lombardia, dove sono stati evitati 6.500 licenziamenti. Il 66% degli accordi riguarda le piccole imprese, dove è più semplice riorganizzare il processo produttivo. Peraltro, i contratti di solidarietà sono stati introdotti in grandi aziende come Italtel (8.400), Alenia (4.100), Olivetti (2.060), Aermacchi (1.284), Corneliani (657).
Riduzione dell’orario e flessibilità sono una caratteristica dell’industria tessile che ben si sposa con i contratti di solidarietà. Numerosi sono infatti gli accordi firmati nel settore: oltre 160, con il coinvolgimento di 13 mila addetti e circa 3.200 posti di lavoro salvati.