giovedì 29 dicembre 2022

Teresio Ferraroni (2): i raggi bianchi

Conversazioni con Mons. Ferraroni. Interviste fatte in occasione della realizzazione del libro "Lo sciopero di Giacomo" (1995) e del video per i 50 anni della Cisl di Lecco "Vietato calpestare le idee" (2000).

Fascismo. Guerra. Resistenza. Liberazione. Lecco, con le sue fabbriche e i suoi lavoratori, visse quei momenti con intensità, ma anche con una certa pacatezza. Negli anni '40 era un borgo che si avviava a diventare città. Era stata definita tale, anche se in realtà era un agglomerato di rioni. Anche nel linguaggio era così: si andava al Castello, ad Acquate, ad Olate o Maggianico. Quelli venivano a Lecco. Un posto vivibile, anche bello se vogliamo, classica città di provincia dove nulla di grande c'era. Anche le passioni politiche risentivano di questo clima. Ne entusiasta del fascismo, ne presa da una rivoluzionaria volontà antifascista, si era avviata al cambiamento con discreta tranquillità.
Nel 1940 a Lecco era arrivato un giovane sacerdote. Pensava di essere di passaggio e invece vi rimase fino al 1958. Nato nel 1913, a Gaggiano, nella periferia milanese, era stato ordinato prete il 6 giugno del '36. Anno d'oro del fascismo. L'anno dell'impero.
Don Teresio era stato mandato a Roma a laurearsi in diritto canonico e, finiti gli esami a metà giugno, era arrivato in città pensando a un breve intermezzo, convinto di essere destinato a un'altra storia. Invece si fermò diciotto anni.

Pochi giorni prima degli esami, il 10 giugno, bigiando la scuola, era stato in Piazza Venezia ad ascoltare il Duce. Era solo curiosità la sua, non adesione. In quegli anni trascorsi a Roma, all'Università Gregoriana, attraverso il racconto di giovani sacerdoti stranieri aveva avuto modo di conoscere le vicende dei movimenti operi nei Paesi europei. I suoi amici gli passavano riviste dell'Azione cattolica operaia, della Jeunesse ouvrier catholique. Leggeva con interesse di problemi sociali dei quali, in quell'epoca, in Italia non se ne parlava neppure nei seminari diocesani: a poco a poco se ne appassionò.

Dal Collegio Volta, dove trovò sistemazione, vedeva la città da un punto di vista un po' borghese. Gli alunni del Collegio, la scuola tecnica di ragionieri e geometri, dove insegnava religione. Piccoli gruppi di universitari. Vedeva una città tranquilla, operosa, con una sua vivacità rionale, ma che non aveva una grossa unità, anche nel suo mondo cattolico.

Don Teresio viveva chiuso nel collegio, senza contatto con le parrocchie. Ma un prete giovane, laureato alla Gregoriana, appena giunto da Roma, suscitava interesse, e i parroci cominciarono a chiamarlo per le predicazioni: quaresimali, quarant'ore, festività erano occasioni per andare a sentire quel bravo preticello. Ed erano sempre in tanti ad ascoltare le sue prediche, perché parlavano di temi nuovi per la provincia lecchese. Si ritrovò così a sta­bilire un buon rapporto con le parrocchie del circondario e a sentirsi coinvolto nei loro problemi: quasi senza che se ne accorgesse si ritrovò nel movimento operaio.

Quando, con la caduta del fascismo nel luglio del '43, nacquero le prime speranze, crebbe in lui il desiderio, il bisogno di interessarsi dei lavoratori. Rinacque in lui quella sorta di passione, di vocazione che aveva avuto negli anni dello studio. Cominciò in quel periodo il lavo­ro organico e capillare dei "raggi".

Il raggio era una espressione dell'Azione cattolica attenta al problema del lavoro. Nasceva nelle fabbriche di una certa dimensione per iniziativa di un piccolo gruppo di persone. Centro motore dell'attività dei raggi era l'Azione cattolica e il pensiero sociale cristiano che andava prendendo piede. Durante il fascismo se ne era parlato poco, ma con la guerra iniziò a diffondersi e a mettere radici. Si alimentava anche dei discorsi natalizi di Pio XII che per don Teresio erano fascinosi, facevano vedere qualcosa da lontano.

Il giovane sacerdote era a contatto con diversi raggi e ne coordinava l'attività. Erano una presenza cristiana nel mondo del lavoro, avevano una qualificazione etico religiosa e non politica. Ma non vivevano fuori dal mondo: sollecitati dagli avvenimenti che spaccavano il Paese, i gruppi di lavoratori che si ritrovavano nei raggi cominciarono a interrogarsi su quanto stava avvenendo intorno a loro. Si parlava di libertà, di democrazia, di sindacato.

Si riunivano per fare meditazione, per capire il significato religioso del lavoro, del suo contributo alla creazione, alla redenzione. Immancabilmente, prima che finisse ogni incontro, qualcuno domandava: e adesso? cosa facciamo?

I raggi erano organizzati in quasi tutte le grandi fabbriche: Badoni, Fiocchi bottoni, Fiocchi munizioni, Metalgraf, Caleotto, Arlenico, File. Fuori Lecco era difficile arrivare. L'unico mezzo di trasporto di don Teresio era la bicicletta, ma gruppi erano attivi alla Moto Guzzi di Mandello, a Valmadrera, alle Officine di Costamasnaga.

I discorsi ascoltati ai raggi venivano riportati nelle parrocchie e i lavoratori scoprivano che operai di altre fabbriche pensavano allo stesso modo, parlavano degli stessi problemi. Si creava così quell'unità dei cattolici che l'indipendenza e l'isolamento dei parroci aveva impedito.

Ci fu poco tempo per cominciare a organizzarsi e affrontare concretamente i problemi sociali e politici, solo 45 giorni. Nel settembre del '43 fu di nuovo oppressione, ancora più feroce. Ma ormai si capiva che la guerra sarebbe stata persa, che la Repubblica sociale non sarebbe sopravvissuta e, in quel periodo buio, ci si preparava al domani.

I lavoratori cattolici vivevano con intensità e passione ogni momento, ma non sempre si rendevano conto dove puntasse il loro impegno. Giorno per giorno era una scoperta anche per loro.

Racconta Egidio che alle Officine di Costamasnaga, lui, nei raggi bianchi ci era entrato perché iscritto all'Azione cattolica. Gli avevano dato anche una tessera, però si doveva chiamare pagella, perché di tessera ce n'era una sola: quella fascista. Era talmente ubbidiente al suo par­roco che non si chiese nemmeno il perché. La sua era una presenza ecclesiale. Che quella fosse anche una forma per evitare il controllo dei fascisti, allora non se ne rese conto.

Ma dentro il raggio si stava preparando il 25 aprile. Lì sarebbero nate la Democrazia Cristiana e la corrente cristiana del futuro sindacato unitario. Prima che finisse la guerra Egidio faceva parte del Comitato di liberazione nazionale aziendale e fece anche qualche epurazione.