giovedì 29 ottobre 2020

Gli anni caldi della Cisl in Lombardia 2

Pubblicazione realizzata in occasione dell'Assemblea programmatica e organizzativa della Fnp Cisl Lombardia, 20.21 ottobre 2015. Materiali preparatori del volume "Impegno e passione", Bibliolavoro, Sesto San Giovanni (Mi), 2016. In questa parte 2 (di 6): Il vento del cambiamento soffia anche in casa Cisl.  

Il vento del cambiamento soffia anche in casa Cisl

E qualcosa di nuovo si va costruendo anche dentro la Cisl. Si deve cambiare la società cam­biando se stessi, il modo di fare sindacato, innovando lo spirito che anima l'azione di ope­ratori e dirigenti. Mentre crescono le battaglie unitarie, un tema è particolarmente sentito dentro la confederazione: quello dell'autonomia e dell'incompatibilità tra cariche sindacali e cariche politiche. La Cisl in quel momento conta una nutrita componente di sindacalisti eletti in Parlamento nelle file della Democrazia Cristiana, oltre a tantissimi dirigenti con incarichi nelle amministrazioni locali e negli enti pubblici. E' tempo di dire basta a questa situazione. Il confronto dentro l'organizzazione si fa aspro. I primi a muoversi sono i giovani.

"Il congresso del '69 ha sancito definitivamente la separazione tra attività sindacale e influenze della politica. L'incompatibilità era partita ancora prima. Ricordo un episodio, pen­so fosse il '64, ci avevano invitato per un dibattito con un ragazzo della Firn e una ragazza della Fuci: siamo andati in via Conciliazione nella sede della Fuci e abbiamo fatto un volanti­no. Abbiamo finito alle cinque del mattino e alle 9.30, quando Storti doveva andare a fare il comizio per l'elezione in Parlamento, siamo andati a distribuirlo. Fu il primo caso di contesta­zione aperta. E dimostra che il discorso dell'incompatibilità tra cariche sindacali e politiche o pubbliche partì già da allora. Man mano poi si è arrivati al congresso del '69". (Corbari) 

"lo ero a favore dell'incompatibilità. Sono stato vittima di questa mia convinzione per­ché sono stato 'licenziato' da Bruno Storti insieme a Sandra Codazzi, che era responsabile femminile, Eraldo Crea, Cesare Del Piano, Rino Caviglioli, Idolo Marcone. Tutte persone che lavoravano in sede nazionale e che sostenevano l'incompatibilità e per questo sono state allontanate da Storti. Per nessuno la motivazione ufficiale era questa e tutti furono destinati ad altri incarichi, ma la ragione vera non detta era quella dell'incompatibilità, perché in quel momento si era aperta la battaglia in confederazione". (Perego) 

Le categorie dell'industria e il nord si schierano apertamente per la scelta dell'incompatibili- tà e per l'unità sindacale. La Lombardia, salvo limitate eccezioni, le sostiene con convinzione, anche in settori che a livello nazionale assumono posizioni contrarie. 

"E' stata la Lombardia che ha sostenuto con decisione l'incompatibilità tra cariche po­litiche e cariche sindacali. In Lombardia c'era un vero anelito di autonomia e io ero convinto di questo e quando incontravo sindacalisti che avevano anche ruoli politici mi interrogavo su come potessero mantenere entrambi gli incarichi". (Chianese) 

"In via Tadino ne abbiamo discusso molto perché c'era il gruppo di Lorenzo Cattaneo e Ricca - la Fisba e parte dei trasporti - che erano contrari. La Cisl era divisa, però, finite le discussioni, che pure erano molto accese, molto sentite, si riprendeva il cammino comune e i rapporti umani non si sono mai incrinati". (Alberti) 

"Il primo congresso confederale a cui ho partecipato è stato quello del 1969 a Roma, dove l'avvocato Paolo Sala, che sosteneva l'incompatibilità, si prese una sediata in testa da parte di un sindacalista di Trieste. In quel momento Bruno Storti era ancora in Parlamento, ma dopo il congresso si dimise da parlamentare. Fu una grande battaglia di civiltà. Sono con­vinto che la Cisl è cresciuta proprio perché ha saputo distinguersi dagli altri con il principio dell'incompatibilità e dell'autonomia. Una battaglia che ho condiviso fino in fondo e la mia vicinanza alla De non ha mai influito in alcun modo sulle mie scelte sindacali". (Boffi) 

"Ero favorevolissimo all'incompatibilità, chi faceva la scelta sindacale doveva fare solo quello, questa è sempre stata la mia convinzione. Sindacato e forze politiche avevano ruoli di­versi che dovevano rimanere separati. In casa Cisl su questo tema a Cremona non ci sono state grandi discussioni e anche la stessa Fisba non era su posizioni contrarie così radicali". (Galli) 

"In casa Cisl mi sono schierato per l'incompatibilità. Diverse volte è venuto Virginio Ro­gnoni, che è stato anche ministro, a propormi di entrare in lista, ma non ho mai accettato an­che perché avrei dovuto dare le dimissioni dal sindacato e io non avrei mai lasciato la Cisl per nessun motivo. Era una scelta condivisa da gran parte della Cisl di Pavia, c'era il settore della terra che non era molto d'accordo, ma accettava le scelte che erano quasi di tutti". (Spunton) 

"Quando si è iniziato a parlare di unità sindacale, i primi temi che si posero erano quelli dell'autonomia e dell'incompatibilità, lo ero decisamente favorevole, ma la situazione non era facile perché il segretario generale nazionale della categoria era un parlamentare e il se­gretario generale di Mantova un amministratore provinciale. Ero minoranza, i nuovi inseriti erano tutti sulla mia linea, ma la vecchia guardia era sulle posizioni del segretario generale. 
Ero in grave difficoltà, difficoltà che venne superata grazie alla scelta dell'incompatibilità ufficializzata nel congresso del 1969. In conseguenza di ciò Zanibelli è rimasto parlamentare lasciando la Cisl, mentre Morra ha lasciato l'incarico di amministratore ed è rimasto segreta­rio generale della Cisl mantovana diventando il più unitario degli unitari, confidando proba­bilmente sul fatto che, essendo io ancora il segretario della Fisba, pur ricoprendo tanti altri incarichi, mi ponessi sulla linea antiunitaria della categoria nazionale, ma io ho scelto l'unità. Però a quel punto ho cominciato ad essere in difficoltà con la Fisba nazionale. Devo solo alla grande amicizia con Sartori se sono riuscito a non essere espulso, anche se parte della segre­teria nazionale della Fisba era perché si nominasse un commissario a Mantova". (Iridile) 

Bruno Storti, parlamentare democristiano che fino a quel momento aveva difeso il valore della presenza dei sindacalisti in Parlamento, si rende conto che la battaglia contro l'incom­patibilità è persa e decide di cambiare. In vista del VI congresso, che si svolgerà a Roma dal 17 al 20 luglio, fa sua la posizione più radicale proponendo la fine della partecipazione dei sindacalisti cislini alle competizioni elettorali, a tutti i livelli. 

"Sono sempre stato favorevole all'incompatibilità, il gruppo del Nord e dell'industria era scatenato su questo, mentre gli altri erano freddi o contrari. Abbiamo fatto questa battaglia con qualche ambiguità perché con noi avevamo ad esempio Baldassarre Armato che un po' era favorevole e un po' no, era sempre a metà. Nell'esecutivo nazionale, prima del congresso, Storti ha fatto una proposta che ci ha superato tutti a sinistra, fissando le incompatibilità a tutti i livelli. In quel esecutivo ci fu una discussione molto forte". (Pillitteri) 

"Storti era un animale politico tra i più grandi, più di Pastore. Pastore era un passionale, Storti era un'intelligenza politica notevole. Storti, quando ha capito che il gruppo di Macario e Camiti si indirizzava verso una certa linea ha fatto il congresso "Potere contro potere" con una relazione scritta da De Panfilis che ci ha spiazzato, è andato al di là delle nostre posizio­ni". (Pillitteri) 

"Storti è stato un dirigente straordinario, ma la sua idea di "democristianizzare" la Cisl non mi ha mai convinto. Meglio la teoria di "Potere contro potere": il sindacato si fa potere non solo contro l'imprenditore, ma anche contro lo Stato". (Pagani) 

La scelta è ormai matura e viene condivisa da gran parte della Cisl. Anche Vito Scalia in quel momento è schierato a favore dell'incompatibilità. Numerosi dirigenti che ricoprono il dop­pio incarico sono chiamati ad una scelta definitiva. Nella soddisfazione di essere arrivati fi­nalmente a formalizzare quella decisione, resta però un po' di amaro in bocca. La Cgil, infatti, è arrivata prima della Cisl. 

"Ci rimasi male quando la Cgil, nel congresso del 1968, scelse l'incompatibilità prima della Cisl, che la formalizzò l'anno successivo. Era una battaglia nostra, che avevamo con­dotto noi e loro da bravi opportunisti la decisero, anche se sappiamo che nel loro caso era solo formale e non effettiva. Agostino Novella, allora segretario generale della Cgil, scelse l'incompatibilità tra mandato sindacale e mandato politico, lo mi sono arrabbiato moltissimo per questo fatto". (Regenzi)