lunedì 27 luglio 2020

MIRELLA GUGLIELMI - Snam - San Donato Milanese (Mi)

Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “L’idea del dialogo. Cultura del lavoro, contrattazione, relazioni industriali nella chimica italiana”, di Costantino Corbari, BiblioLavoro, Sesto San Giovanni (Mi), 2017

Ho studiato fino alla terza media inferiore e dopo ho partecipato ad alcuni corsi di formazione per contabile e altre iniziative di aggiornamento all'interno dell'azienda. Appena finite le medie ho fatto tre mesi di lavoro come commessa, poi ho frequentato un corso di contabilità e a sedici anni sono stata assunta come impiegata in un'azienda di sementi a Casalpusterlengo dove abitavo e dove sono rimasta per tre anni e mezzo. Una buona gavetta, se non altro per il rapporto con il responsabile, e infine sono stata assunta alla Snam come impiegata. Sono sempre stata occupata nel settore trasporti marittimi e sono rimasta alla Snam fino al 1995, quando sono andata in pensione con sei mesi di prepensionamento a cinquant'anni.

Ero in un ufficio tecnico con quindici persone e mi sono sempre trovata bene. L'intero settore trasporto marittimo aveva circa cinquanta, sessanta addetti. In quel momento la Snam aveva circa duemila occupati. La parte prevalente era quella dei gasdotti, mentre noi eravamo un settore un po' a parte che si diceva dovesse essere trasferito a Genova, ma è sempre rimasto a Milano. I lavoratori erano in maggior parte impiegati e tecnici. A livello basso gli impiegati erano quasi tutte donne, mentre salendo di livello di donne non ce n'erano più, salvo qualche raro caso nell'ufficio personale.

Sindacato

La formazione cattolica mi spingeva all'impegno e mi ha portato a iscrivermi al sindacato, poi in azienda c'erano persone che si riconoscevano nell'area democristiana, in particolare Giuseppe Bianchi, che era un trascinatore ed era il riferimento della Cisl. Per me l'iscrizione al sindacato è stata un fatto normale, frutto di una mia convinzione, ovviamente la scelta era per la Cisl che si contrapponeva alla Cgil. All'interno dell'azienda c'era anche un gruppo della San Vincenzo. Sono stata eletta delegata di reparto, sono entrata nell'esecutivo del consiglio di fabbrica e più avanti sono stata nominata presidente del Fondo sociale della Snam. Ero in fabbrica quando è stato ammazzato Moro. In quegli anni abbiamo fatto grossi scioperi.

I lavoratori intervenivano alle assemblee, ma l'adesione agli scioperi era scarsa. Gli impiegati, quando c’è stato il ciclo delle lotte, inizialmente erano restii a partecipare, ma poi anche la loro partecipazione è cresciuta.

Il rapporto con la Cgil non è mai stato facile, il loro modo di fare non era una gran meraviglia. La Cgil in azienda secondo me ha sempre avuto posizioni molto di retroguardia. Erano sempre per il no e ponevano soprattutto questioni di tipo salariale. Quando c'è capitato qualche caso di fannulloni o di assenteisti loro li difendevano per principio e noi non eravamo d'accordo. La Uil faceva un po' da mediatore. Noi avevamo più iscritti e l'azienda ascoltava più noi, anche se le vicende interne e le vertenze sono sempre state gestite unitariamente.

In azienda c'erano lavoratori legati all'estrema sinistra e anche alle Brigate rosse. Uno di costoro è morto in uno scontro con la Polizia. Per me non è stato un periodo facile, anche se queste posizioni di estremismo radicale erano condivise da pochi. Alcuni però erano dei trascinatori e pur non avendo seguito facevano azione di disturbo contro l'iniziativa sindacale, in particolare nelle assemblee, anche se poi nelle trattative con l'azienda non erano presenti. Una volta durante uno sciopero hanno buttato dei documenti dentro la vasca che c’era davanti agli uffici.

Il nostro contratto nazionale di lavoro era quello dell'energia e più avanti è diventato quello chimico. Io partecipavo alle riunioni del sindacato, ma per quanto riguardava le vicende interne abbiamo sempre gestito noi direttamente. Anche con le altre aziende del gruppo Eni presenti a San Donato non abbiamo mai avuto grandi rapporti.

L'esperienza sindacale per me è stata bella e utile, di arricchimento individuale.

Contrattazione

I problemi di cui mi sono occupata come delegata sono stati quelli dei salari, dell'orario di lavoro, la tutela dei lavoratori degli appalti, l'applicazione del nuovo inquadramento. Sull'orario di lavoro abbiamo ottenuto una maggiore flessibilità per l'intervallo di mezzogiorno e per l'entrata e l'uscita e su questo abbiamo sviluppato una trattativa.

Non ci sono mai stati licenziamenti, solo qualche prepensionamento nell'ultimo periodo in cui sono rimasta in Snam.

Relazioni industriali

L'atteggiamento dell'azienda di fronte alle nostre richieste era generalmente di ascolto, anche se il comportamento cambiava da persona a persona, forse c'era più prevenzione da parte del sindacato nei confronti dei dirigenti che non loro nei nostri confronti. Complessivamente le relazioni sindacali erano buone, se mai c'è stato qualche tentativo di coinvolgimento del sindacato su alcune scelte con rischio di strumentalizzazione dello stesso. Raramente siamo stati costretti allo sciopero per ottenere ciò che chiedevamo.

Welfare aziendale

Il Fondo sociale aveva un compito di solidarietà, di aiuto alle persone che erano in difficoltà e interveniva per tutti i lavoratori della Snam di tutte le sedi in Italia. Le richieste delle persone erano mediate dal delegato di reparto a cui il lavoratore si rivolgeva. Nell'ambito del Fondo sociale è stato creato anche un fondo sanitario che dopo un po' di tempo è stato passato a un'assicurazione. Il Fondo sociale era sostenuto in gran parte dall'azienda, però anche il lavoratore contribuiva con una piccola parte, trattenuta sulla busta paga. Le quote erano frutto di una trattativa e la gestione era tutta sindacale. L'azione del Fondo sociale era tenuta in considerazione dal sindacato anche se l'organizzazione era forse eccessiva e il consiglio che lo gestiva era diventato un po' un gruppo d'élite. Forse abbiamo fatto qualche viaggio di troppo in giro per l'Italia.

Inizialmente c'erano le colonie per i figli dei dipendenti, c'erano i villaggi vacanze come in tutto il gruppo Eni. Si faceva domanda e c'era una commissione che valutava le richieste. C'era una settimana di permesso per le cure termali. Quando sono entrata c'era anche il pacco aziendale, ma poi rapidamente è stato tolto. Queste attività non erano vissute come un fatto di paternalismo, ma erano dei benefici che si erano consolidati negli anni. C'erano le case aziendali e i primi anni anche dei pensionati, però solo per le donne.

Era attivo un cral aziendale, c'erano gli impianti sportivi e il sindacato partecipava con una sorta di controllo delle attività. Facevamo le squadre di calcio, di nuoto. Io ho fatto parte della squadra di nuoto. In azienda ho fatto i corsi di informatica e l'uso del computer, perché era un'esigenza di lavoro, ma anche dei corsi di inglese perché interessava a me, c'era quest'opportunità e ne ho approfittato. E questo si faceva durante l'orario di lavoro.