Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Impegno e passione. Gli anni caldi della Cisl in Lombardia”, di Costantino Corbari, BiblioLavoro, Sesto San Giovanni (Mi), 2016
Sono nato a Curtatone il 2 ottobre 1950, diploma di scuola media superiore presso l'Itis di Mantova e dopo l'avvio del lavoro di insegnante ho frequentato per alcuni anni la facoltà di Scienze politiche, ma senza laurearmi. Nel 1982 ho seguito il corso lungo al Centro studi della Cisl di Firenze per sei mesi e dall’1 ottobre 2009 sono iscritto e sto concludendo il corso di laurea in Teologia presso l'Istituto superiore di scienze religiose di Mantova. La mia è una famiglia religiosa, praticante, mio padre nel secondo dopoguerra ha corso il rischio di essere appeso a una croce da parte dei comunisti, i miei genitori hanno frequentato solo le elementari, mio padre era impiegato e mia madre casalinga e faceva la sarta.
Ho
studiato a Ferrara fino all'età di 17 anni e quando sono arrivato a Mantova
avevo già vissuto le prime contestazioni del movimento studentesco mentre a
Mantova non c'era assolutamente niente. Il primo sciopero fatto dagli studenti di
Mantova era perché le patate alla mensa scolastica non erano mangiabili. Mi
sono diplomato a Mantova nell'anno scolastico ’69-‘70. Immediatamente dopo sono
partito per il servizio militare e appena tornato nel 1972 ho avuto il primo
incarico come insegnante di laboratorio di meccanica con uno stipendio mensile
di 80mila lire all'Istituto tecnico di Mantova. Sono stato il primo, nell'anno ’72-’73,
a organizzare corsi di recupero estivi. Avendo una moglie che d'estate lavorava
ritenevo assurdo che un insegnante, pur avendo formalmente solo trenta giorni
di ferie, non dovesse avere alcun impegno per tre mesi, così mi sono messo al
servizio della scuola che veniva aperta e gli studenti che volevano potevano
partecipare a dei corsi di recupero. Ho insegnato solo per quattro anni poi
sono passato al Provveditorato degli studi di Mantova su incarico della Cisl.
Ho
incontrato il sindacato per merito di alcuni dei fondatori del sindacato scuola
media di Mantova che stavano cercando persone disponibili per aiutare coloro
che volevano accedere all'insegnamento e ad entrare nelle graduatorie del
Provveditorato. Presso il Provveditorato era operativa una commissione
incarichi, composta da un dirigente e da alcuni impiegati del Provveditorato oltre
a un rappresentante di ciascuna organizzazione sindacale, con il compito di
vagliare le domande degli insegnanti e costruire le graduatorie che servivano
per il conferimento degli incarichi.
L'incontro
con la Cisl è avvenuto in conseguenza del tipo di formazione e di cultura
cattolica che avevo - a quell'epoca frequentavo la politica mantovana collegata
ai democristiani di sinistra Antonino Zaniboni, Bruno Tabacci, Carlo Grazioli -
e allo stesso tempo per la certezza che le graduatorie erano fatte con equità.
La Cisl offriva questa opportunità per un impegno sociale importante nei confronti
dei giovani che entravano nel mondo del lavoro.
Nel
1976, avevo 26 anni, ho partecipato al primo congresso del sindacato scuola
media di Mantova e sono stato eletto segretario generale. Ero perplesso,
ricordo ancora che il mio intervento al congresso fu una vera cretinata. Accettai
l'incarico a condizione che i cinque fondatori che mi avevano proposto mi
affiancassero in una sorta di segreteria/esecutivo per la gestione della
categoria. Questi hanno accettato e da lì è partita la mia esperienza.
Nel
1992 sono entrato nella segreteria della Cisl di Mantova con l'incarico di
seguire le politiche sociali e le politiche organizzative. Dal 1999 al 2004
sono stato segretario generale, poi sono passato alla Cisl lombarda come
operatore politico fino al 2009 quando sono andato in pensione.
Quando
presi in mano il sindacato dei professori gli iscritti erano meno di trecento,
un piccolo sindacato marginale nato sull'onda dei decreti delegati e nella
piena contestazione di quello che era il sindacato forte: gli autonomi dello
Snals. In pochi anni siamo arrivati a circa settecento iscritti e siamo
riusciti a costruire rappresentanze sindacali in tutte le scuole medie, tutti
gli istituti superiori e in molte realtà anche le sezioni sindacali unitarie.
Con
i maestri della Cisl non si andava d'accordo, anche se io a metà degli anni
Ottanta sono stato il primo segretario generale in Italia della Federscuola. Il
rapporto tra sindacato scuola media e il sindacato dei maestri elementari è
stato sempre molto complicato. Le nostre posizioni non hanno mai creato
problemi con le altre categorie della Cisl, i problemi grossi sono nati nel
rapporto con la scuola elementare, perché le nostre riflessioni in quella
categoria creavano dei problemi. Erano due sindacati nati e sviluppati su due
filoni culturali profondamente diversi. La scuola elementare dentro il filone
dell'associazione nazionale dei maestri cattolici, la scuola media dentro il
grande afflato di un'organizzazione sindacale libera, laica che era in grado di
confrontarsi e discutere con tutte le culture e con tutte le ideologie senza
pregiudiziali.
Sono
molti gli episodi dove si manifestavano queste difficoltà di relazione. In
occasione di un rinnovo contrattuale della scuola, nell'assemblea per la preparazione
della piattaforma cui erano presenti tutte le organizzazioni dei diversi
settori, presentammo alcuni emendamenti alla piattaforma in accordo con Cgil e
Uil in una intensa notte di lavoro. Fu una grande orgia di democrazia, ma nella
piattaforma contrattuale di quegli emendamenti approvati non ne venne inserito nessuno.
Un altro episodio avvenne in occasione della proclamazione di uno sciopero
generale che il sindacato della scuola elementare guidato da Gianfranco Corradi
non accettava di sostenere pubblicamente. Io segnalai il problema il sabato
mattina al segretario generale aggiunto il quale informò il segretario generale
Mario Morra che a sua volta a mezzogiorno convocò le due segreterie. Dopo che
entrambi abbiamo esposto le nostre ragioni, Morra disse: "Quando
l'organizzazione nazionale proclama uno sciopero generale noi possiamo avere
tante idee nella nostra testa, ma quello deve essere sostenuto, poi eventualmente
si possono contestare le scelte ed esprimere le nostre ragioni". È stato
un fatto significativo perché era la prima volta nella mia esperienza che Morra,
pur essendo stato eletto in sintonia con il segretario generale del Sinascel e
non con il segretario generale del Sism, su questioni di questo genere sostenne
che non si poteva assolutamente scherzare. Abbiamo condotto anche alcune
battaglie importanti insieme. Ad esempio ci fu un momento in cui la scuola
materna aveva bisogno di un riconoscimento forte. All'epoca la coordinatrice
della scuola materna statale di Mantova era Daniela Colturani, che
successivamente diventerà segretario generale nazionale del Sinascel. Riuscimmo
a lavorare insieme e la scuola media contribuì alla buona riuscita di quello
sciopero. Con episodi anche divertenti, come ad esempio il carosello intorno al
liceo scientifico di cui era preside il segretario generale dello Snals, per
annunciare che quella mattina c'era sciopero. Tutti gli studenti sono usciti e
abbiamo interrotto le lezioni.
Il
mondo della scuola a Mantova è sempre stato abbastanza tranquillo e non ci sono
mai stati grandi scontri ideologici. Quando sono entrato nella scuola i
problemi principali erano quelli di tipo strutturale, nel territorio avevamo
una forte frammentazione dell'istituzione scolastica e quando si è cominciato a
parlare di accorpamenti sono sorti parecchi problemi. Il secondo problema
grosso era quello degli istituti superiori che non disponevano di strutture
adeguate. Altro problema importante fu il passaggio dalla scuola materna
comunale a quella statale che significava l'avvio di un percorso in cui lo
Stato si faceva garante dell'universalità del servizio.
Alla
prima tornata elettorale per l'elezione degli organi collegiali, che fu tra l'altro
la prima soddisfazione personale che ottenni, parteciparono quasi il 90% tra
insegnanti e genitori che andarono a votare. Quello fu un periodo di grande
partecipazione. Le riunioni si facevano la sera e di notte. Di giorno si
lavorava e alla sera ci si incontrava a discutere e si andava in tutta la
provincia. In quegli anni molte comunità parrocchiali erano fortemente
impegnate su questi temi, i sacerdoti che erano usciti del seminario nei primi
anni Settanta erano fortemente interessati a queste realtà nuove che stavano
venendo avanti. Il primo segretario della sezione sindacale unitaria dell'Itis
di Mantova era un sacerdote, insegnante di religione che al primo documento
pubblicato, molto duro nei confronti del preside, fu invitato a dare le dimissioni.
Per
me il percorso unitario era una grande esperienza positiva. Ho sempre pensato
che il mondo del lavoro dovesse trovare dei punti in comune, ho sempre cercato
di trovare nel pragmatismo dei problemi una strada possibile dove potersi
incontrare. Bisogna considerare che in quel momento c'era nella Cgil scuola una
posizione molto illuminata e non ho mai trovato posizioni ideologicamente
chiuse al rapporto unitario, al contrario ho sempre incontrato delle persone
con le quali siamo riusciti a dialogare molto bene.
A
Mantova non abbiamo mai dovuto confrontarci con il problema del terrorismo,
anche se si è scoperto che una delle cellule importanti si trovava a Mantova,
ma qui non ha mai agito.
Il
Partito comunista nella scuola aveva una base significativa di riferimento, ma
anche nello stesso Sism il Pci aveva dei riferimenti importanti: il senatore
Maurizio Lotti era un iscritto della Cisl, anche alcuni consiglieri regionali
del Partito comunista erano iscritti al Sism. Il Sism sotto questo profilo era
un laboratorio, con presenze politiche importanti, collaboratori culturali
significativi sull'idea di come la scuola media, e soprattutto quella superiore,
dovessero porsi rispetto alla formazione della persona e allo sviluppo del Paese.
Una collaborazione culturale che è andata avanti per tutto il periodo che sono
rimasto. Il Sism è stato un vero laboratorio fino verso la fine degli anni Ottanta,
si discuteva e si ragionava in modo estremamente laico. All'epoca già discutevamo
del problema della valutazione del docente, perché dentro quel gruppo dirigente
l'aumento salariale legato all'anzianità veniva considerato un elemento che non
favoriva la crescita della professionalità dell'insegnante. Quando si discusse
e si sperimentò il tempo pieno degli insegnanti ci fu un confronto molto forte
e vivace indipendentemente dalle posizioni politiche e senza pregiudizi
ideologici.
Per
anni il tema della professionalità e quello dell'orario di lavoro sono stati al
centro delle vertenze per i rinnovi dei contratti nazionali, ma non trovarono
uno sbocco. Per molti l'unico sbocco fu quello di diventare dei formatori per
il Provveditorato e lì hanno trovato delle grandi soddisfazioni, portando il
bagaglio culturale su cui si erano formati, ma contemporaneamente si affievoliva
il vento del rinnovamento scolastico. L'esperienza dei corsi abilitanti avviata
nel 1974 fu un grande momento di discussione culturale e ideologico sul ruolo della
scuola nella crescita del Paese, una discussione che andò avanti fino a metà
degli anni Ottanta. Quando in quel periodo partirono i concorsi ci accorgemmo
che la logica di coloro che avevano frequentato i corsi abilitanti era
notevolmente diversa da quella dei neo vincitori di concorso, in termini di
diritti e doveri. C'era più il diritto nei secondi rispetto ai doveri nei primi.
La
riflessione che si sviluppò nel gruppo dirigente di Mantova era condivisa anche
in altre realtà, in particolare per me un riferimento molto forte furono
Brescia e Bergamo e insieme abbiamo fatto delle battaglie nazionali per portare
avanti la nostra visione della scuola media superiore.
A
Mantova ci fu una conferenza nazionale sulla scuola organizzata dall'Unione
industriali, ministro dell'Istruzione era Franca Falcucci, segretario generale
della Cisl scuola Giorgio Alessandrini. Eravamo alla soglia di un rinnovo
contrattuale, quello famoso delle 400mila lire lorde in busta paga, e al tavolo
di un bar, mentre offrivamo un caffè alla ministra, si discusse di affrontare
il tema dell'orario di lavoro. La politica non fu in grado di portare avanti
quella battaglia. Arrivarono i soldi, ma sui contenuti non si fecero passi
avanti.
Questione
femminile. Le mie collaboratrici erano cinque o sei donne che erano delegate
delle loro scuole, ma avevano anche del tempo da dedicare all'attività della
segreteria provinciale. La discussione sui temi del femminismo in voga in
quegli anni fu sempre calma e pacata, con dei punti di equilibrio molto forti e
non c'è mai stata una deriva ideologica, pur essendo persone molto impegnate
anche in politica.
All'inizio
degli anni Ottanta il dibattito mantovano si concentrò in gran parte sul tema
del nucleare perché una delle nuove centrali avrebbe dovuto nascere vicino alla
città. Il sindacato scuola media ha provocato un dibattito sul nucleare in
tutta la Cisl, perché un gruppo di insegnanti che viveva in quella zona ha
chiesto di affrontare una discussione sulle questioni ambientali che io ho sostenuto
e continuamente riportato dentro tutta l'organizzazione. Ad un'assemblea
organizzativa abbiamo presentato un ordine del giorno contrario al nucleare che
ha fatto discutere i delegati per quattro ore. A conclusione del dibattito,
visto che l'ordine del giorno non aveva nessuna possibilità di passare, sono
intervenuto ringraziando tutti per aver partecipato al confronto e l'ho
ritirato perché era inutile misurarsi su una cosa che sarebbe stata bocciata.
In
quel periodo noi ci siamo occupati di tutto, abbiamo studiato il Po in una
maniera meravigliosa, con l'obiettivo di non caratterizzare il sindacato scuola
solo per le sue politiche rivendicative.
Negli
anni dei governi di solidarietà nazionale nel sindacato scuola media ci fu un
riconoscimento da parte di Comuni e Provincia per la presenza di un sindacato
di categoria che poteva essere importante per risolvere parecchi problemi. Più
che un cambiamento del sindacato verso la politica è stata la politica che ha
capito che il sindacato poteva essere una parte sociale molto importante per
affrontare i problemi che erano presenti nel territorio. Le amministrazioni
locali erano essenzialmente di sinistra, poche quelle democristiane. La
politica mantovana era pronta all’evoluzione che si è avuta a livello nazionale.
Teniamo conto che il primo intervento di Aldo Moro sul governo di unità nazionale
fu fatto a Mantova nel Palazzo della Ragione. Dopo che lui alla fine del suo
discorso ebbe sottolineato che era giunto il tempo di un’alleanza tra l’anima
popolare cattolica e quella di matrice comunista, in una sala gremita e
silenziosa, dal fondo si sono levati tre no, lui riprese le motivazioni della
sua proposta e alla fine ci fu un'ovazione generale.
Il
congresso del 1977 fu per me un'esperienza importante perché mi ha fatto
toccare con mano la complessità di una vicenda congressuale. Il segretario
generale della Cisl Morra era un democristiano impegnato nella Dc, ma sul tema
dell'autonomia era un esempio per tutto il gruppo dirigente. La Cisl a livello
locale era così composta: la sinistra era collegata con la destra nazionale e
la destra locale era collegata con la sinistra nazionale. Il Sism era schierato
con la Fisba di Iridile. Dinamiche estremamente strane e alla fine a livello
locale vinse la parte conservatrice con la sconfitta di Iridile e dei suoi
alleati.
Era
un periodo di grande dibattito e anche gli iscritti partecipavano attivamente a
questo confronto, nella nostra categoria c'era davvero la cultura del mettersi
lì a riflettere e a ragionare insieme tutto il tempo necessario.
Essendo
partito nella mia esperienza sindacale dalla commissione incarichi, dove avevo
avuto la fortuna di toccare con mano da una parte la conoscenza della norma e
dall'altra il rapporto umano con le persone e i loro problemi, per me la
professione, il mestiere del sindacalista è stato mettere insieme queste due
cose. C'è da una parte lo studio, l'approfondimento, la conoscenza e dall'altra
parte occorre essere in grado di conoscere e dialogare con le persone. Un altro
aspetto per certi versi più complesso del mestiere del sindacalista è quello
della vertenzialità. Nel pubblico impiego era fortemente legata alla capacità
relazionale, trovando le risposte praticabili. Poi ci sono state le vertenze
con gli enti locali, una vicenda molto complicata, attenti sempre al bene
comune e non in una logica prettamente corporativa. Il primo Ise creato a
livello nazionale, contro il Caf nazionale, in quel momento guidato da Fiorindo
Fumagalli che non lo voleva, fu un accordo fatto a Mantova relativo alle rette
nelle scuole materne della città. Il bene comune e l'interesse delle persone sono
sempre stati due punti di riferimento, criteri che ho adottato anche quando da
segretario generale mi sono dovuto occupare delle crisi dell'industria.
Durante
il corso lungo a Firenze ho avuto la fortuna di passare molte ore in biblioteca
e ho sempre individuato delle grandi affinità tra quelle che erano le idee di
fondo della Cisl e l'idea di una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
Anche sul piano civile ed economico. Le idee fondanti della Cisl erano
rivoluzionarie allora e per certi aspetti potrebbero esserlo anche oggi se
applicate nella loro radicalità. Pensiamo per esempio all'azionariato diffuso.
Con l'allora direttore Lorenzo Caselli furono fatte molte riflessioni sul
rapporto diritto/dovere dell'imprenditore e del lavoratore nell'interesse del
bene comune. Credo che la Cisl, sotto questo profilo, anche oggi potrebbe
essere un elemento innovativo e credo che, se ci sono dei soggetti intermedi
che al loro interno hanno tante persone cresciute con questa impostazione,
delle speranze ci siano ancora oggi.