Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Lavoro e cristianesimo. Un problema aperto”, di Sandro Antoniazzi e Costantino Corbari, Jaca Book, Milano, 2019
Nato a Cologno Monzese l'11 novembre 1944, vive a Imbersago, provincia di Lecco. Spinto da un sacerdote a impegnarsi in ambito sociale e politico, è stato segretario generale della Fim Cisl lombarda. Oggi si dedica a un volontariato di tipo culturale.Mio padre era un socialista convinto, mia madre invece era molto religiosa. Grazie a don Lino Rigoldi di Vedano al Lambro, che aveva la straordinaria capacità di indirizzare i ragazzi dell'oratorio, ho iniziato a interessarmi di problemi sociali e politici. All'inizio mi ha introdotto nelle Acli, dove mi sono occupato un po' dei servizi che il movimento offriva. I primi incontri formativi, in via Luini a Milano, che mi hanno aiutato a entrare nel sociale, li ho fatti con Mario Albani, allora presidente delle Acli provinciali.
Ho iniziato a lavorare a quindici anni in una piccola azienda metalmeccanica di Milano dove c'eravamo soltanto il proprietario e io come piccolo garzone. Ci sono rimasto per dieci anni e intanto l'azienda è cresciuta fino a venti persone. A un certo punto mi sono ribellato alla condizione che si viveva là dentro e ho iniziato a protestare e a partecipare agli scioperi, sempre da solo, senza nessuna adesione da parte degli altri lavoratori. Finché un giorno è arrivato Tino Torrani, l'operatore di zona, a fare un'assemblea e mi ha proposto di provare un'esperienza nel sindacato. Così ho lasciato l'azienda e ho iniziato come sindacalista per la Cisl nella zona di Gorgonzola. La scelta della Cisl non è stata casuale ed è stata motivo di dissidio con mio padre socialista e cigiellino, mentre io frequentavo il mondo cattolico e già don Lino mi aveva detto che, se avessi scelto il sindacato, avrei dovuto andare alla Cisl.
Erano gli anni tra il ‘68 e il ‘69 ed era un periodo in cui si aprivano molti orizzonti, c'erano idealità, solidarietà, relazioni con gli altri, il mondo del lavoro era in fermento. Però c'erano anche cose più concrete che mi attiravano, ad esempio mi hanno sempre appassionato la contrattazione e gli aspetti tecnici della busta paga e della previdenza.
In quel periodo leggevo un po' di tutto, la figura che più di tutti mi attraeva era don Milani. Un'altra persona che mi ha stimolato è stato padre Davide Turoldo, che ho conosciuto personalmente ed è venuto più volte a casa mia. Diversamente dalla parrocchia in cui vivevo questi sacerdoti mi consentivano di sentire la Chiesa vicina alle mie scelte, al mio impegno nel mondo del lavoro.
Negli anni successivi mi è piaciuto moltissimo il fatto che molti sacerdoti mi chiamassero come sindacalista per discutere delle encicliche sociali o di temi del lavoro. Avvertivo che non c'era solo il Papa o padre Turoldo o altre figure emblematiche, c'era anche una Chiesa locale che ti coinvolgeva per conoscere e capire i problemi del lavoro. Percepivo un contesto dentro il quale mi trovavo bene, sentivo che c'era un interesse diffuso.
Anche la Cisl non si limitava a trasmettere contenuti e competenze di tipo professionale, ma dava di più, in particolare sul valore della solidarietà. Gli stessi corsi erano più ricchi rispetto ai soli contenuti tecnici. La Cisl aveva inoltre un'apertura sui temi internazionali.
Dal punto di vista valoriale certamente mi offriva qualcosa di più la Chiesa. Era il periodo in cui si sentiva l'influenza del Concilio. Partecipavo, e partecipo ancora oggi, alle tre giorni di ritiro spirituale oppure frequentavo le giornate di incontro e riflessione, condotte da sacerdoti, legate agli aspetti sociali. Ho sempre sentito il bisogno di alimentare le ragioni del mio agire.
Le Acli non le ho mai abbandonate e in qualche misura sono sempre rimasto in contatto, ho partecipato come relatore ad alcuni corsi di formazione e ho conservato un legame con molti dirigenti.
Ho sempre mantenuto un rapporto anche con la comunità parrocchiale, ma era quella che mi dava di meno, anzi era quella a cui dovevi donare, quella in cui portavi ciò che acquisivi altrove. Sono stato presidente dell'Azione cattolica al mio paese mentre ero già dirigente della Cisl. In parrocchia però non c’è mai stata molta attenzione ai temi del lavoro, c'è stato un prete volenteroso a cui piaceva radunare alcuni giovani, gli adolescenti in particolare, e mi chiamava a parlare con loro. In paese c'era fortunatamente Paolino Riva, una figura fondamentale per la vita cittadina oltre che per il sindacato, importante anche per me. E’ stato un quadro sindacale aziendale rappresentativo molto attivo anche in ambito sociale. Si è impegnato a costruire case a prezzi contenuti. Discuteva della sua esperienza nella commissione interna e nel consiglio di fabbrica alla Magneti Marelli e grazie a lui la comunità parrocchiale non è stata totalmente insensibile ai temi sociali, non proprio partecipativa, però non fredda.
Ho conosciuto alcuni preti operai e valuto positivamente quell'esperienza. Ho incontrato Gianni Chiesa, Cesare Sommariva, il gruppo della Marelli. A volte mi sembravano un po' eccessivi, ad esempio nelle realtà più delicate dei conflitti in fabbrica spesso erano i più estremisti. A volte si faceva fatica a fargli capire che la mediazione fa parte dell'azione sindacale. Qualche problema con qualcuno di loro l’ho avuto. Però ho sempre conservato una forte ammirazione: a me sembra che per un prete fare l'operaio sia una scelta veramente radicale che porta a essere radicali anche nei luoghi di lavoro.
Quando responsabile della pastorale del lavoro diocesana era don Angelo Sala e cardinale era Martini, attraverso don Sala sono stato nell'esecutivo della pastorale del lavoro lombarda. Poi ho fatto ancora un pezzo di esperienza con don Raffaello Ciccone. Volendone dare una valutazione complessiva credo a mio giudizio che la pastorale del lavoro non abbia inciso molto nei luoghi di lavoro, ma sia stata molto utile rispetto al clero perché ha permesso di andare a parlare di argomenti sociali e del lavoro con sacerdoti che non avevano proprio idea di che cosa volesse dire un rapporto di lavoro, un contratto, fare sindacato. La pastorale sociale del lavoro ha avuto più efficacia in questo ambito che non nel mondo del lavoro.
Al netto di sacerdoti che spesso erano ignari di tutto ciò che riguardava il mondo del lavoro, avvertivo che c'era una vicinanza della Chiesa ai lavoratori, un qualcosa che andava al di là della semplice amicizia con le persone.
Siamo in una società frammentata, dove anche il mondo del lavoro è frantumato, dove c'è la connessione individuale con il mondo ma non c'è la relazione tra le persone e ovviamente la Chiesa non può che risentirne. La Chiesa non è un corpo separato da questo processo di polverizzazione. Oggi c'è un Papa che ha intuito che è in atto un cambiamento profondo, lancia messaggi veramente controcorrente verso una maniera distorta di vedere l'aspetto liberale della società e il capitalismo stesso. Però questo messaggio non va oltre: a differenza di prima, quando i preti se non sapevano ti chiamavano, qui non chiama più nessuno. L’insegnamento della Chiesa non riesce a passare. Noto uno scollamento tra il Papa e i credenti e penso che il problema sia quello delle relazioni intermedie nella struttura gerarchica che non è in grado di veicolare il suo messaggio. Però un Papa così prima o poi un segno lo lascia, non è vero che è solo voce nel deserto. La mia impressione è che i sacerdoti, salvo rare eccezioni, sono dei gestori delle loro parrocchie, hanno sempre paura a pronunciarsi e quindi non vogliono tentare di mettere insieme le tante isole costituite dai parrocchiani. Penso che sia un deficit del clero e del loro percorso formativo.
Oggi faccio parte del consiglio pastorale parrocchiale.
Sono impegnato nel volontariato nel settore della cultura. Sento l'esigenza, dopo essere stato occupato a lungo in un contesto dove ti era chiesto soprattutto di dare, di offrire la mia disponibilità in un settore che dia qualche cosa anche a me. Avverto il bisogno di un mio personale arricchimento su argomenti che conosco ma non ho mai avuto modo di approfondire.
Il volontariato è un fenomeno positivo in ogni caso, perché il fatto che ci siano persone che decidono di dedicare un po' del proprio tempo agli altri è un gesto generoso.