Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Lavoro e cristianesimo. Un problema aperto”, di Sandro Antoniazzi e Costantino Corbari, Jaca Book, Milano, 2019
Nato il 25
maggio 1958 a Varese, abita ad Arcisate dove ha sempre vissuto. Nel 1979 è
entrato in Aermacchi e lavora ancora lì. Impegnato nel sindacato in azienda in
modo continuativo tranne il periodo in cui ha fatto il segretario della Fim
fuori dalla fabbrica.
Sono il quarto di sei figli maschi. I miei genitori
vivevano a Milano e sono sfollati ad Arcisate durante la guerra. Lì ho
frequentato la parrocchia e l'oratorio fino all'età di quattordici, quindici
anni. Poi ho fatto un periodo di volontariato all'interno di una comunità sorta
in paese che si occupava soprattutto dei bambini della scuola speciale.
Inizialmente li seguivamo la domenica pomeriggio poi abbiamo organizzato una
vacanza estiva e quindi creato una vera e propria comunità. Abbiamo ristrutturato
uno stabile che era stato donato al Comune, facendolo diventare la nostra sede.
Ci chiamavamo Gruppo biblico ed
eravamo animati da un professore che aveva raccolto le sensibilità sociali di
persone eterogenee che provenivano dalla tradizione cattolica oltre che da
esperienze politiche marcatamente socialiste o comuniste. Ci si trovava senza
particolari problemi. La nostra azione, però, faticava a essere accolta dentro
la parrocchia. È stata sicuramente una delle esperienze che mi ha formato di
più e ha reso ancora più grande la mia sensibilità sociale che era nata nella
famiglia, si era strutturata in oratorio ma che in questa esperienza ha avuto
il suo culmine.
Dopo il servizio militare, nel 1979 sono entrato in
Aermacchi, lavoro ancora lì. Il mio impegno sindacale in azienda è stato
continuativo tranne il periodo in cui ho fatto il segretario della Fim fuori
dalla fabbrica. Appena arrivato mi sono iscritto alla Flm, mi sembrava un po'
come la mia comunità, c'erano persone che provenivano da mondi diversi.
Mi interessavano le pubblicazioni del sindacato, mi
ricordo in particolare Lettera Fim
che era per me un riferimento anche culturale non solo di carattere sindacale.
Uno strumento che mi ha aiutato molto, attraverso i vari contributi che
pubblicava, a farmi un'opinione più approfondita.
In azienda era attivo un gruppo della pastorale del
lavoro e lì ho conosciuto don Giuseppe Noli, un sacerdote che oggi è in Niger e
allora seguiva la pastorale nel decanato di Varese. Una delle persone che mi ha
aiutato di più a discernere, a capire e a strutturare il mio impegno sindacale.
Con don Noli ci trovavamo una volta alla settimana, il mercoledì, insieme un
gruppo di impiegati e operai, giovani e anziani. Un gruppo vivo che si
interrogava sulle questioni legate sia alla politica che alla vita del
sindacato dentro la fabbrica e fuori. Si iniziava con la preghiera.
Un'esperienza che mi manca molto. Con il trasferimento dell'azienda e i
conseguenti problemi di trasporto, con l'andata in pensione di qualcuno o l'uscita
di altri, non abbiamo più potuto continuare.
Un paio d'anni dopo che don Giuseppe è andato in
Perù, abbiamo avuto la fortuna dell’arrivo di don Cesare Villa, anch’egli
responsabile della pastorale del lavoro della zona di Varese, che aveva
concluso la sua esperienza a Sesto San Giovanni.
Io sentivo molto vicino l'insegnamento della Chiesa
sui temi del lavoro e dell'impegno sociale, ma facevo fatica a viverlo dentro
la mia comunità. Con il matrimonio, mia moglie mi ha aiutato ad affrontare più
pacatamente questa mia difficoltà di rapporto nella parrocchia. Ancora oggi mi
accorgo di quante siano nella comunità le ambiguità, anche se ora siamo
maggiormente richiamati a prestare attenzione a chi ha bisogno. Un tempo,
quando in occasione della giornata della solidarietà il parroco ci faceva fare
un intervento alla fine della messa, mi accorgevo che la gente mi guardava come
un comunista di sacrestia.
Il primo insegnamento che ho appreso frequentando la
pastorale lavoro era che noi avremmo dovuto portare la tuta in chiesa e la
veste battesimale nei luoghi di lavoro. Nella realtà c’è una separazione profonda
tra vita religiosa e vita sociale. Non si riesce a far diventare l'elemento
religioso una costante della nostra vita, sembra troppo difficile. C'è una
citazione significativa di Paul Claudel: “Parla di Cristo solo quando ti viene
chiesto, ma vivi in modo tale che ti si chieda di Cristo”. Oggi ci sono persone
che fanno dell'essere cristiano una bandiera e creano divisione. C'è una parte
della Chiesa che guarda solo alla forma.
Fortunatamente ci sono invece persone che riescono
nella loro vita a essere un segno. Ma resta la difficoltà a tradurre nella
quotidianità la pastorale di papa Francesco che va a pregare sulla tomba di don
Milani, Mazzolari, Tonino Bello che sono stati considerati tre sacerdoti di
rottura, quasi eretici. Si stanno inaridendo tante realtà. Non è solo incoerenza,
è l’incapacità a tradurre in pratica il messaggio. E più che responsabilità del
parroco è responsabilità del laico che chiede al sacerdote di limitarsi a
spiegare il Vangelo mentre a tutto il resto pensa lui.
Il fatto di essere riconosciuto come credente non ha
mai creato incomprensioni o problemi sul luogo di lavoro, ma semmai delle
situazioni curiose. Hanno tentato di buttarmi addosso il lenzuolo del cattolico
moderato, ma questa cosa non ha funzionato anche perché io mi sono sempre
esposto rispetto al compito che mi era stato assegnato dai miei compagni di
lavoro.
Ho avuto più problemi dentro la Cisl, prima quando
Sergio D’Antoni ha tentato l'esperienza del "cristianamente ispirato"
che è diventato quasi un elemento di rottura dentro l'organizzazione. In
quell'occasione ho ribadito che l'idea fondativa della Cisl non era quella di
fare una Cgil bianca ma un sindacato nuovo. Questa cosa mi ha creato molto
imbarazzo perché i principi devono essere giocati in termini di proposte e non
in termini di facciata, nella formazione e non solo nella bandiera. Invece il
tentativo di Raffaele Bonanni di dare vita a un Forum delle associazioni e
delle persone di ispirazione cattolica l'ho criticato aspramente.
Sono stato iscritto al circolo Acli di Arcisate e mi
hanno anche chiesto di assumere l'incarico di presidente, cosa che ho fatto per
un anno, ma lo ricordo come un periodo complicato da questioni amministrative in
una realtà che non era particolarmente brillante.
Ho collaborato con la pastorale del lavoro diocesana
prima con don Angelo Sala e poi con don Raffaello Ciccone. Per me don Raffaello
è stato molto importante, siamo diventati amici. Una persona che mi ha aiutato
molto più di tanti libri. Oggi, insieme a qualche amico, stiamo dando una mano
a don Walter Magnoni il cui lavoro, dopo la scomparsa di don Raffaello e di
Lorenzo Cantù, è stato reso anche più difficile dalla ristrutturazione
dell’ufficio con l'assegnazione alla pastorale anche delle attività relative
alla politica.
La pastorale del lavoro è nata con Montini arcivescovo
e le scelte del pastore hanno orientato la sua attività. Io la vivo come un
fiume che continua il suo cammino. Rileggere il lavoro all'interno di un
discorso di fede, di valore e di rispetto delle persone, nei luoghi dove il
lavoro si svolge, è l'elemento su cui occorre impegnarsi.
Oggi il problema è quello di legare i momenti di
riflessione e di proposta, che ci sono, con la traduzione operativa perché
abbiamo una grande fetta di clero che ha un'idea del lavoro che è ancora quella
di quando c'erano le grandi fabbriche di Sesto San Giovanni. In verità ci sono
processi di trasformazione velocissimi e bisogna ugualmente far capire alle
persone che ci sono dei valori che devono sempre essere tenuti presenti, che
non ci si deve fare sopraffare dall’agire quotidiano.
L'elaborazione è attuale e attenta, deve però
tradursi in scelte di pastorale operativa. Gli oratori devono cambiare, devono
diventare un luogo di incontro tra le generazioni, dove si impara a tirare
fuori il buono che c'è in ogni persona e ad aiutare a guardare gli altri con
occhio diverso. Dove si intercettano i bisogni delle persone così come avviene
per il sindacato in fabbrica. Non è uno sguardo nostalgico bensì un guardare al
futuro.