Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Lavoro e cristianesimo. Un problema aperto”, di Sandro Antoniazzi e Costantino Corbari, Jaca Book, Milano, 2019
Nato a Desio il
16 luglio 1942, cresciuto a Varedo, dal 1970 abita a Cassina Nuova di Bollate.
Proviene da una famiglia molto religiosa. Sindacalista e politico, ha ricoperto
importanti incarichi nella Cisl milanese e lombarda. E’ stato assessore nel suo
Comune. E’ presidente dell’Associazione nazionale alpini di Milano e provincia.
Il nonno paterno, morto in guerra nel 1917, con
il parroco di allora don Ambrogio Longoni fu uno dei fondatori della
cooperativa agricola di consumo legata all'esperienza delle leghe bianche che
in Brianza stavano prendendo piede. I miei erano cattolici impegnati nel
sociale, non bacchettoni.
Ho fatto un’esperienza importantissima all'oratorio San Luigi di Varedo, che a fine anni ‘40 era frequentato da circa cinquecento ragazzi, dove un sacerdote, don Giuseppe Orsini, ha avuto un ruolo importante nella mia formazione. Aveva altri due fratelli sacerdoti, uno di loro, don Ezio, è stato assistente diocesano delle Acli milanesi. Allora l'oratorio era un punto di riferimento e la vita avveniva tutta lì dentro. In oratorio eravamo impegnati su tantissimi fronti. Da ragazzini seguivamo già la campagna elettorale, andavamo in giro a reggere la latta della colla mentre gli adulti incollavano i manifesti della Democrazia cristiana. Ho fatto tutti i passaggi nell'Azione cattolica. Ero impegnato anche nella diffusione della buona stampa.
In un territorio che vedeva la presenza di
importanti aziende, anche l'attenzione ai problemi del lavoro è nata in
oratorio quando sono iniziati i primi fermenti che, dopo la rottura dell'unità
sindacale, erano organizzati più dalle Acli che dalla Cisl. Infatti la mia
prima formazione è avvenuta dentro il circolo Acli esistente in parrocchia. Per
chi andava a lavorare un passaggio quasi obbligato. Furono gli anni della
rivisitazione della Rerum novarum, della
scoperta che la Chiesa non era contraria in termini di principio al diritto di
sciopero. Poi ci sono state le testimonianze personali che si affiancavano a
una formazione sociale molto forte. Col tempo mi sono allontanato dalle Acli e
avvicinato al sindacato, anche perché vedevo che diversi aclisti erano molto
freddi verso l'impegno nel mondo del lavoro.
In fabbrica, al rientro dal servizio militare,
rendendomi conto che c'erano cose che non andavano ho promosso una prima
riunione sindacale. Il sindacalista che è venuto all'incontro ci ha parlato per
due ore di Togliatti, ma non ha detto niente sul nostro cottimo. Non avendo
ottenuto nessuna risposta nel merito ho cercato un contatto con la Cisl e con i
sindacalisti cislini c'è stata subito una certa sintonia.
In quegli anni ho mantenuto un rapporto con don
Celestino Melzi, che era un grande conoscitore della Rerum novarum, con una visione moderna, capace di convincerti che
la Chiesa non era fatta solo di bigotti. Nello stesso periodo la pastorale del
lavoro vedeva i primi albori e, grazie anche alla presenza a Milano del
cardinal Montini, è cresciuta la sensibilità sui temi sociali dentro la Chiesa
milanese. Giovanni Battista Montini era vicino al mondo del lavoro, andava
nelle fabbriche. Ho partecipato a un 1° maggio incredibile in Piazza del Duomo,
con un elicottero che ha prelevato una statua della Madonna che è stata portata
in piazza San Pietro a Roma.
Accanto a una Chiesa che si impegnava per combattere
le ingiustizie e le diseguaglianze c'erano però sacerdoti per i quali il tema
del lavoro era un tabù. Per loro l'azione pastorale era rivolta al popolo, al
gregge dove tutti sono uguali, mentre in realtà c'erano i poveracci e quelli
che invece vivevano in condizioni agiate.
Sono entrato in contatto con don Mario Colnaghi, un
sacerdote che poi diventerà prete operaio, cognato di mio fratello, che è stato
assistente del circolo Acli di Varedo e che lo ha fatto uscire dalla
parrocchia. Ne ho conosciuti altri e non sempre sono stato d'accordo con loro,
anche se li sentivo vicini. Don Mario era molto convinto e diceva che la Chiesa
doveva dare un segnale e fare una scelta di campo precisa, doveva stare con gli
ultimi.
Nel magistero abbiamo avuto alcuni grandi vescovi
più attenti come il cardinale Lercaro a Bologna, Pellegrino a Torino,
Pappalardo a Palermo, ma negli anni ‘80 è iniziato un distacco della Chiesa dal
mondo del lavoro che probabilmente aveva già avuto inizio con l'ipotesi
socialista delle Acli e la scelta della gerarchia di togliere gli assistenti al
movimento.
Ho sempre manifestato apertamente il mio essere
credente e questo non mi ha mai creato problemi né sul lavoro né in politica,
anzi nella serietà dell'impegno abbiamo imparato a fidarci gli uni degl’altri,
in particolare con le persone provenienti dal mondo comunista.
A un certo punto in Cisl, con la segreteria Bonanni,
è stata avanzata l'idea di dare vita ad un coordinamento delle associazioni
cattoliche e questo voleva dire abbandonare la laicità della Cisl.
Probabilmente Bonanni aveva in mente un'alleanza con Comunione e liberazione,
ma il suo progetto ha avuto solo qualche ascolto al Sud e al Centro ma poco o niente
al Nord. Noi siamo ancora quelli delle origini, cioè un sindacato di laici
impegnati nel sociale che fanno riferimento alla dottrina sociale della Chiesa,
ma non siamo un’organizzazione cattolica.
La Chiesa non perde mai di vista la sua missione e prosegue
nel suo cammino di insegnamento nell'ambito della dottrina sociale, della pace
fra i popoli, ma poi questo insegnamento fatica a trasferirsi nella comunità
locale. I laici impegnati sono diventati delle mosche bianche e i percorsi di
formazione si sono rarefatti.
Per me la formazione è stata tutto, perché c'è
sempre da imparare e perché si confermano e si approfondiscono le ragioni delle
scelte e del proprio agire. Se poi la formazione inizia quando si è giovani conta
molto anche l’esempio.
La Chiesa negli anni Duemila, forse anche a causa
dei percorsi di formazione dei pochi nuovi sacerdoti, non è stata in grado di
cogliere i cambiamenti profondi avvenuti nel mondo del lavoro. Non era pronta.
Così come il sindacato, che non è stato capace di cambiare in funzione delle
grandi novità che hanno stravolto il mondo del lavoro.