giovedì 11 giugno 2020

LUIGI BOFFI 2 - Cisl - Milano, Lombardia

Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Lavoro e cristianesimo. Un problema aperto”, di Sandro Antoniazzi e Costantino Corbari, Jaca Book, Milano, 2019

Nato a Desio il 16 luglio 1942, cresciuto a Varedo, dal 1970 abita a Cassina Nuova di Bollate. Proviene da una famiglia molto religiosa. Sindacalista e politico, ha ricoperto importanti incarichi nella Cisl milanese e lombarda. E’ stato assessore nel suo Comune. E’ presidente dell’Associazione nazionale alpini di Milano e provincia.

Il nonno paterno, morto in guerra nel 1917, con il parroco di allora don Ambrogio Longoni fu uno dei fondatori della cooperativa agricola di consumo legata all'esperienza delle leghe bianche che in Brianza stavano prendendo piede. I miei erano cattolici impegnati nel sociale, non bacchettoni.

Ho fatto un’esperienza importantissima all'oratorio San Luigi di Varedo, che a fine anni ‘40 era frequentato da circa cinquecento ragazzi, dove un sacerdote, don Giuseppe Orsini, ha avuto un ruolo importante nella mia formazione. Aveva altri due fratelli sacerdoti, uno di loro, don Ezio, è stato assistente diocesano delle Acli milanesi. Allora l'oratorio era un punto di riferimento e la vita avveniva tutta lì dentro. In oratorio eravamo impegnati su tantissimi fronti. Da ragazzini seguivamo già la campagna elettorale, andavamo in giro a reggere la latta della colla mentre gli adulti incollavano i manifesti della Democrazia cristiana. Ho fatto tutti i passaggi nell'Azione cattolica. Ero impegnato anche nella diffusione della buona stampa.
In un territorio che vedeva la presenza di importanti aziende, anche l'attenzione ai problemi del lavoro è nata in oratorio quando sono iniziati i primi fermenti che, dopo la rottura dell'unità sindacale, erano organizzati più dalle Acli che dalla Cisl. Infatti la mia prima formazione è avvenuta dentro il circolo Acli esistente in parrocchia. Per chi andava a lavorare un passaggio quasi obbligato. Furono gli anni della rivisitazione della Rerum novarum, della scoperta che la Chiesa non era contraria in termini di principio al diritto di sciopero. Poi ci sono state le testimonianze personali che si affiancavano a una formazione sociale molto forte. Col tempo mi sono allontanato dalle Acli e avvicinato al sindacato, anche perché vedevo che diversi aclisti erano molto freddi verso l'impegno nel mondo del lavoro.
In fabbrica, al rientro dal servizio militare, rendendomi conto che c'erano cose che non andavano ho promosso una prima riunione sindacale. Il sindacalista che è venuto all'incontro ci ha parlato per due ore di Togliatti, ma non ha detto niente sul nostro cottimo. Non avendo ottenuto nessuna risposta nel merito ho cercato un contatto con la Cisl e con i sindacalisti cislini c'è stata subito una certa sintonia.
In quegli anni ho mantenuto un rapporto con don Celestino Melzi, che era un grande conoscitore della Rerum novarum, con una visione moderna, capace di convincerti che la Chiesa non era fatta solo di bigotti. Nello stesso periodo la pastorale del lavoro vedeva i primi albori e, grazie anche alla presenza a Milano del cardinal Montini, è cresciuta la sensibilità sui temi sociali dentro la Chiesa milanese. Giovanni Battista Montini era vicino al mondo del lavoro, andava nelle fabbriche. Ho partecipato a un 1° maggio incredibile in Piazza del Duomo, con un elicottero che ha prelevato una statua della Madonna che è stata portata in piazza San Pietro a Roma.
Accanto a una Chiesa che si impegnava per combattere le ingiustizie e le diseguaglianze c'erano però sacerdoti per i quali il tema del lavoro era un tabù. Per loro l'azione pastorale era rivolta al popolo, al gregge dove tutti sono uguali, mentre in realtà c'erano i poveracci e quelli che invece vivevano in condizioni agiate.
Sono entrato in contatto con don Mario Colnaghi, un sacerdote che poi diventerà prete operaio, cognato di mio fratello, che è stato assistente del circolo Acli di Varedo e che lo ha fatto uscire dalla parrocchia. Ne ho conosciuti altri e non sempre sono stato d'accordo con loro, anche se li sentivo vicini. Don Mario era molto convinto e diceva che la Chiesa doveva dare un segnale e fare una scelta di campo precisa, doveva stare con gli ultimi.
Nel magistero abbiamo avuto alcuni grandi vescovi più attenti come il cardinale Lercaro a Bologna, Pellegrino a Torino, Pappalardo a Palermo, ma negli anni ‘80 è iniziato un distacco della Chiesa dal mondo del lavoro che probabilmente aveva già avuto inizio con l'ipotesi socialista delle Acli e la scelta della gerarchia di togliere gli assistenti al movimento.
Ho sempre manifestato apertamente il mio essere credente e questo non mi ha mai creato problemi né sul lavoro né in politica, anzi nella serietà dell'impegno abbiamo imparato a fidarci gli uni degl’altri, in particolare con le persone provenienti dal mondo comunista.
A un certo punto in Cisl, con la segreteria Bonanni, è stata avanzata l'idea di dare vita ad un coordinamento delle associazioni cattoliche e questo voleva dire abbandonare la laicità della Cisl. Probabilmente Bonanni aveva in mente un'alleanza con Comunione e liberazione, ma il suo progetto ha avuto solo qualche ascolto al Sud e al Centro ma poco o niente al Nord. Noi siamo ancora quelli delle origini, cioè un sindacato di laici impegnati nel sociale che fanno riferimento alla dottrina sociale della Chiesa, ma non siamo un’organizzazione cattolica.
La Chiesa non perde mai di vista la sua missione e prosegue nel suo cammino di insegnamento nell'ambito della dottrina sociale, della pace fra i popoli, ma poi questo insegnamento fatica a trasferirsi nella comunità locale. I laici impegnati sono diventati delle mosche bianche e i percorsi di formazione si sono rarefatti.
Per me la formazione è stata tutto, perché c'è sempre da imparare e perché si confermano e si approfondiscono le ragioni delle scelte e del proprio agire. Se poi la formazione inizia quando si è giovani conta molto anche l’esempio.
La Chiesa negli anni Duemila, forse anche a causa dei percorsi di formazione dei pochi nuovi sacerdoti, non è stata in grado di cogliere i cambiamenti profondi avvenuti nel mondo del lavoro. Non era pronta. Così come il sindacato, che non è stato capace di cambiare in funzione delle grandi novità che hanno stravolto il mondo del lavoro.