Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “L’idea del dialogo. Cultura del lavoro, contrattazione, relazioni industriali nella chimica italiana”, di Costantino Corbari, BiblioLavoro, Sesto San Giovanni (Mi), 2017
Sono
un perito elettrotecnico, diploma che ho preso studiando alla sera. Dopo il
primo anno di superiori ho abbandonato la scuola e ho iniziato il mio primo
lavoro come commesso in un magazzino. L’ho fatto per alcuni mesi e a novembre
dello stesso anno sono stato assunto in Pirelli dove lavorava già mio padre.
Sono entrato come impiegato in un reparto di produzione, alla vulcanizzazione.
Il grosso degli impiegati era nella sede al grattacielo, in Bicocca ce n'erano
pochi e siccome le donne tra gli operai non ci volevano andare sono stato
assunto io che non avevo ancora sedici anni. Sino a ventidue anni sono rimasto lì,
poi ho sostituito un collega come assistente di produzione. Dopo due anni si è
liberato un posto di capoturno nello stesso reparto dove avevo iniziato a lavorare
e l’ho fatto per undici anni. Nel frattempo la Pirelli ha avviato i processi di
ristrutturazione e così sono stato trasferito al “normale” a occuparmi di
qualità. L’ho fatto per due anni, ma non mi piaceva, poi sono stato eletto
delegato, componente dell'esecutivo, e ho avuto il distacco. Era abbastanza
facile essere eletto perché di impiegati ce n'erano pochi e la mia permanenza
nell'esecutivo è durata dal 1987 al 1992. Terminata questa esperienza sono
rientrato in reparto, però a Bollate, perché ormai in Bicocca non c'era più
niente. A Bollate lavoravo come assistente di produzione e nel 1999 sono
diventato capo reparto e, dato che ero uno dei più vecchi, allo stesso tempo
ero anche vice direttore e sono stato passato quadro, fino a quando nel 2002 sono
andato in pensione.
Anche
a Bollate, che aveva un suo consiglio di fabbrica separato dalla Bicocca, sono
sempre stato eletto come delegato Rsu.
Nell'impianto
di Bollate sulla base degli accordi sindacali avrebbero dovuto lavorarci settecento
persone, ma in realtà gli addetti non hanno mai superato i 450 per una
produzione di diecimila coperture. In Bicocca si facevano settemila coperture
con mille persone. Lo stabilimento è nato in un vecchio impianto Pirelli dove
lo spazio era limitato e settecento persone probabilmente non ci sarebbero
neppure state, infatti non c'era nemmeno un magazzino per le materie prime. Quando
è stato introdotto il ciclo continuo c’è stato bisogno di molto più personale addetto
alla manutenzione. A Bollate erano le macchine a dettare i ritmi mentre l'operatore
era al servizio della macchina per il rifornimento. L'ambiente era molto più
pulito e rispetto alle condizioni di lavoro in Bicocca non c'era confronto,
c'erano addirittura due reparti con l'aria condizionata.
Mentre
all'inizio i lavoratori provenivano quasi tutti dalla Bicocca poi in azienda
sono entrati molti giovani. In un primo tempo dalla Bicocca non ci voleva
andare nessuno perché lì si lavorava su cinque giorni mentre a Bollate
l'impianto è partito sui sei giorni di lavoro passando poi al ciclo continuo su
sette. I giovani avevano maggiore dimestichezza con i nuovi impianti e pian
piano hanno sostituito gli anziani andati in pensione, però è aumentato
l'assenteismo.
Sindacato
Il
sindacato l’ho scoperto nel ‘67, la scintilla è stata un primo sciopero non
programmato da Cgil Cisl Uil nell'ottobre di quell'anno che è stato un trauma
anche per l'azienda. I lavoratori chiedevano settanta lire di aumento e l'azienda
ne offriva dodici, i lavoratori hanno tenuto duro e li hanno ottenuti. Ad
animare la protesta c'erano molti attivisti della Cgil ma anche della Cisl e sono
riusciti a fermare tutta la Bicocca. Si era creato un clima tale per cui
bastavano pochissime persone per fermare interi reparti, non che ci fossero
atti violenti, bastavano poche parole e tutto si bloccava.
Il
mio primo impegno è stato uno sciopero degli impiegati, probabilmente il primo
che si faceva, e abbiamo fatto anche un picchettaggio, ma erano altri che
organizzavano. Era il ‘68 e mi sono iscritto al sindacato e ho scelto la Cisl
semplicemente perché il delegato che me l'ha proposto era della Cisl. Conoscevo
un po' le differenze, ma in quell'epoca mi sembravano assolutamente marginali,
poi ho capito. Ma se quel giorno il delegato fosse stato della Cgil mi sarei
iscritto alla Cgil. La Cisl con gli impiegati era un po' più attenta, ma era
una questione di delegati. Sono sempre stato iscritto, però fino al 1987 sono
rimasto ai margini. Partecipavo alle iniziative ma non avevo nessun ruolo
attivo fino a quando, nel momento in cui c'erano cassa integrazione e mobilità,
con molti problemi, ho pensato di poter dare una mano concretamente.
In
quel periodo in azienda erano ancora presenti altre forze oltre a Cgil Cisl
Uil. C'erano delegati della Cgil che facevano riferimento a Democrazia
proletaria, ma erano controllati. Nelle assemblee questi delegati più
politicizzati si facevano sentire, però non erano in grado di incidere
sull'azione del consiglio di fabbrica. Il Pci aveva la sede accanto alla
fabbrica e i lavoratori comunisti della Pirelli invece di iscriversi al loro
paese erano invitati a farlo alla “Libero Temolo”, la sezione di fabbrica.
Capitava a volte che in assemblea intervenisse il segretario della sezione del
Pci indicando la linea decisa nelle riunioni del partito e tutti si adeguavano.
La Cgil a volte accusava noi o la Uil di essere quelli che frenavano l'azione
sindacale. Io ho impiegato due anni prima di riuscire a gestire un'assemblea,
il delegato della Uil nemmeno ci provava perché c'era una preclusione nei
nostri confronti.
Quando
sono entrato in Bicocca ci lavoravano 14mila persone, poi hanno chiuso gli
articoli vari e la sede del Pirellone e quando sono stato eletto nell'esecutivo
eravamo ridotti a circa ottomila. In termini di iscritti il settanta per cento
era della Cgil, il venti della Cisl e il dieci della Uil, ma il valore della
nostra presenza era certamente superiore ed era riconosciuto dai lavoratori. La
Cgil, però, aveva un rapporto privilegiato con la direzione.
A
un certo punto sono stati creati tre consigli di fabbrica, uno ciascuno per
pneumatici, cavi e articoli vari, ma quando si dovevano fare scioperi e
picchettaggio si decideva comunque tutti insieme. Gli esecutivi erano composti
di cinque delegati nella gomma, tre negli articoli vari e cinque nei cavi. Nel
mio consiglio di fabbrica in esecutivo c'erano tre delegati della Cgil, uno
della Cisl e uno della Uil, lo stesso avveniva nei cavi mentre agli articoli
vari c'era un delegato ciascuno. Complessivamente gli esecutivi erano composti
di tredici persone e i consigli di fabbrica di circa settanta delegati.
In
occasione dei rinnovi dei contratti nazionali i lavoratori partecipavano, in
particolare nelle assemblee in cui si discuteva la preparazione della piattaforma
e nei contratti nazionali che ho seguito abbiamo fatto molte proposte. A
Bollate il clima era diverso perché i giovani sembravano meno interessati, la
partecipazione c'era anche lì ma non come alla Bicocca.
Relazioni industriali
Una
grande azienda a mio avviso è sempre abbastanza disponibile a trattare, non
vorrebbe mai delle turbolenze, per cui una disponibilità c'era, però non sempre
era esercitata nella trattativa e dipendeva anche dai rapporti di forza. Mi
sono trovato alcune volte in cui l'azienda era molto disponibile e altre invece
dove aveva una posizione di chiusura e questo dipendeva anche dalle persone che
in quel momento avevano la responsabilità delle relazioni sindacali. A livello
di vertice certamente c'era un atteggiamento di apertura, ma poi era sempre necessario
verificare cosa accadeva nei singoli stabilimenti. Secondo me in Pirelli non
c'era una linea coerente.
Ricordo
che in occasione della firma di un accordo, raggiunta l’intesa nel primo
pomeriggio, il rappresentante della Cgil ha insistito perché le trattative
proseguissero ancora un po', almeno fino a qualche minuto dopo l'uscita degli
operai, perché il giorno dopo avremmo dovuto dire in assemblea che c'era stata
una trattativa molto dura. In realtà si raggiungevano intese senza bisogno di
particolari proteste, però un po' di scioperi li abbiamo fatti. Bollate invece
era una polveriera perché nessuno voleva lavorare a ciclo continuo e quando si
iniziò a parlarne abbiamo fatto due mesi di sciopero tutte le domeniche, poi
però si è fatto un accordo.
Contrattazione
Ero
anche delegato per la sicurezza e sull'antinfortunistica ho trovato una buona
collaborazione da parte dell'azienda, soprattutto a Bollate. In Bicocca ormai
si andava verso la chiusura è quindi non c'era molta disponibilità a fare nuovi
interventi. Non abbiamo presentato delle piattaforme specifiche, ma facevamo
regolarmente degli incontri e c'era ascolto e gli interventi che decidevamo venivano
attuati. A Bollate infortuni gravi non ce ne sono mai stati.
Nell'ultimo
contratto aziendale alla Bicocca la Cisl aveva alcuni impiegati ai quali stava
a cuore il tema dell'orario flessibile. L'azienda concedeva gli straordinari a
mo’ di contentino e quindi preferiva l'orario rigido e anche tra gli impiegati
c'era chi preferiva quella soluzione, però noi abbiamo insistito e abbiamo
ottenuto la flessibilità di un'ora al giorno. A Bollate la gran parte dei
lavoratori era occupata nei turni e non si poteva parlare di orario flessibile.
Abbiamo invece costruito un calendario di ferie meno rigido e non tutte
concentrate ad agosto per venire incontro a esigenze di un personale che era
cambiato e non era più costituito come in precedenza da una gran parte di
lavoratori meridionali che preferivano usare tutto il periodo feriale per
tornare al Sud.
In
Bicocca c'era un premio di produzione economicamente irrilevante e per noi
incontrollabile perché ormai non c'era più produzione, mentre a Bollate abbiamo
contrattato un premio per obiettivi legato alle quantità e alla qualità delle
produzioni che quasi sempre raggiungevamo ed era di circa tre milioni di lire.
A un certo punto si è posta la questione dell'assenteismo e ci sono stati
problemi, l'idea era quella di far pesare l'indicatore delle presenze per 500mila
lire, ma la Cgil si è opposta. Alla fine l'intesa è stata trovata con
l'inserimento di diverse clausole di garanzia per coloro che erano
effettivamente ammalati o con dei problemi. Siamo poi riusciti a consolidare
almeno il cinquanta per cento del premio anche perché Bollate era uno
stabilimento che andava bene: le coperture erano discrete, il mercato tirava,
il 70% dei nuovi ingressi era con contratti di formazione lavoro e quindi i costi
della manodopera erano più bassi.
Si
faceva un contratto di gruppo Pirelli però io non me ne sono mai occupato perché
il coordinamento era a Roma, ma nell'ultimo periodo non funzionava dato che era
difficile tenere insieme tutto e ogni stabilimento aveva il suo problema.
Welfare aziendale
In
Pirelli avevamo una cassa previdenza che inizialmente era solo per gli
impiegati e poi è stata allargata anche agli operai. L'accordo per la creazione
della cassa era stato firmato solo da Cisl e Uil perché a quell'epoca la Cgil
si era opposta dato che era previsto un contributo da parte dei lavoratori.
Quando l'azienda ha deciso di chiudere la cassa perché cominciava a diventare
troppo onerosa, si è appoggiata alla Cgil. Noi della Cisl abbiamo fatto
un'opposizione molto dura, ma l'idea di chiudere la cassa è passata e anche la
Flerica nazionale non l’ha difesa.
Quando
la Pirelli ha posto il problema della chiusura del fondo Fas per ragioni
economiche, dato che aumentavano i pensionati e diminuivano i lavoratori attivi,
noi abbiamo proposto che i pensionati contribuissero al fondo continuando così
a usufruire del servizio, anche perché nel frattempo era uscita l'idea che i
pensionati avessero diritto a far ricorso al Fas solo per cinque anni dopo
l'andata in pensione. Questo voleva dire che dovevano rinunciare al fondo
proprio quando ne avevano più bisogno. La nostra proposta è stata però respinta
dalla maggioranza guidata dalla Cgil. Il Fas esiste ancora oggi e gli ex
dipendenti ne possono usufruire fino a tre anni dall'uscita.
Quando
sono arrivato in Pirelli c'erano le colonie dell'azienda, la mutua, il
dentista, la convenzione con la Pio X, poi con l'avvio del sistema sanitario
nazionale la mutua è stata chiusa.