Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Il beato fumatore. La curiosa storia della scuola bottega di Beppe artigiano”, di Costantino Corbari, Periplo Edizioni, Lecco, 1998
Orologiaia per passione
Annarosa
Bossoni è un’ex allieva della scuola bottega, di mestiere orologiaia. Nata il 17 dicembre del ‘67 a Salò, ha
frequentato il primo anno di corso nel 1981. Sette anni più tardi, al paese
natale, ha aperto un laboratorio di orologeria.
Nel
negozio, insieme a molti altri attestati, è esposto il diploma di
frequenza rilasciato dalla scuola
bottega nel 1984.
“Sono arrivata alla scuola bottega di
Brescia perché prima di terminare la scuola dell'obbligo, discutendo con gli
insegnanti l’orientamento futuro, è
saltata fuori la possibilità di frequentare una scuola di orologeria, ma era a
Milano. Allora, tredicenne, lasciare gli amici, la famiglia per trasferirmi non
era una decisione facile. Anche se, dato che il lavoro mi piaceva, se proprio
non ci fosse stata un'altra possibilità, ero disposta ad andare a Milano o
anche in Svizzera.
Non conoscevo questo lavoro, ma sentivo di
doverlo fare. Forse è nel mio Dna, mi hanno detto che il nonno era un amante
delle cose antiche e in particolare degli orologi, sicuramente i miei cromosomi
sono quelli del nonno.
In famiglia non c'era nessun parente che
faceva questo mestiere. Nel sentire che c'era una scuola per orologiaia ho
detto "quello è il mio lavoro".
Mia mamma, attraverso una serie di
telefonate ad alcune sue colleghe, è riuscita ad avere informazioni
sull'esistenza di una scuola per artigiani a Brescia, senza sapere che c'era
anche la possibilità di imparare orologeria. E' stato un tentativo, il suo, che
è andato a buon fine grazie alla testardaggine di Beppe che è riuscito a
trovarmi il maestro artigiano.
Sono stata fortunata perché mi ha trovato un
ottimo artigiano che mi ha dato molto. Infatti credo che a volte ce ne sono
alcuni che traggono solo vantaggio dalla presenza di un allievo in bottega..
Io da parte mia penso di avere dato, ma
anche di avere ricevuto. Era un artigiano nella zona della scuola, punto di
assistenza Longines. Per cui ho lavorato su orologi abbastanza importanti.
Dopo tre anni di scuola, mentre ancora ero
nel laboratorio, mi ha notato un gioielliere, intenta al mio tavolo di lavoro -
era cliente di questo centro assistenza - e mi ha chiesto se ero disponibile ad
andare a lavorare da lui. Ho detto di si
e così sono stata occupata due anni come apprendista, sempre a Brescia, e
questo passaggio mi ha consentito di fare il periodo di tirocinio, che in
seguito mi ha dato la possibilità di poter aprire un negozio.
Allora non avevo ancora le idee chiare e non
pensavo ad avviare una mia attività, l'importante per me era continuare a fare
l'orologiaia.
Poi ho fatto dei corsi in Svizzera di
perfezionamento sui cronografi e sull'alta gamma. E poi a Verona. Ogni qual
volta c'era un corso un po' importante che ritenevo interessante per me, ci
sono andata.
Nell’84 ho finito la scuola, nell’85 e 86 ho
fatto l'apprendistato, nell’87 sono rimasta ferma un anno, ma continuando a
riparare orologi a casa. Nel frattempo facevo la baby sitter, poi mia madre ha
sistemato la sua abitazione ricavandone uno spazio per me e così, a fine ‘88,
ho aperto il negozio.
La famiglia ha accettato con entusiasmo la
mia scelta e mia madre mi ha spronato. Lei ha conosciuto Beppe, ha avuto dei
colloqui con lui e ha partecipato a convegni e manifestazioni della scuola.
Molti dei miei clienti sono turisti. Alcuni,
addirittura, mettono da parte gli orologi che si rompono durante l'anno e me li
portano a riparare quando vengono in vacanza sul lago di Garda. Altri sono
indirizzati a me dagli hotel che li ospitano.
Mi piace molto il contatto con le persone.
Impazzirei a stare dieci ore al banco di lavoro, senza vedere un'anima viva. Ho
bisogno di entrambe le cose.
Il lavoro, ringraziando il cielo, è sempre
andato bene. Principalmente riparo orologi. Ho cominciato con questo e devo
tutto a questo, poi ho iniziato ad inserire la vendita di sveglie, e quindi di
orologi. E' stato tutto graduale, perché non avevo capitali alle spalle e le
disponibilità finanziarie erano molto limitate. Successivamente, ho inserito
gli oggetti d'argento e quindi è arrivata l'oreficeria, che era il mio sogno.
Spero di andare avanti di questo passo. Però, nonostante queste novità, la mia
attività principale rimane la riparazione di qualsiasi tipo di orologio, di
ogni marca e tempo.
Cosa si prova a riparare un orologio? Tanta rabbia.
Molta soddisfazione.
Che cosa mi attirava? L'idea di smontare gli
orologi? Non lo so. Non so che cosa è scattato dentro di me. Forse un colpo di
fulmine, come quando ci si innamora di qualcuno. Mi hanno sempre incuriosito le
cose un po' particolari, gli sport strani.
Le cose che gli altri non fanno io le ho sempre volute fare: per esempio
canottaggio, che di solito è uno sport maschile. Mi piaciono Dalì e Mozart.
Scoprire l'orologeria è stato come scoprire
qualcosa di diverso. Comunque c'è un aneddoto. In famiglia non avevamo
assolutamente grosse possibilità economiche. Papà aveva comperato a mia sorella
un orologio digitale. Lo volevo anch'io, ma ero piccola e mio padre mi ha detto
"quando imparerai a leggere bene le ore lo avrai anche tu". Quando
finalmente l'ho avuto anch'io, il suo funzionava benissimo, il mio no e io volevo capire il perché: come era possibile
che quello di mia sorella funzionasse e il mio no?
Non l'ho aperto, mi sono limitata a
riflettere, ma mi sono posta il problema. Forse ho sempre sentito in me la
voglia di dare una risposta a quella domanda e quindi ho deciso di fare
l'orologiaia.
Nel mio corso eravamo una decina di ragazzi.
Al termine della scuola ho partecipato a qualche riunione di ex allievi, ma poi
sono andata per la mia strada. So che hanno aperto delle filiali della scuola
bottega, anche qui a Salò, ma non sono attiva.
Un ragazzo nella mia bottega non posso
prenderlo, perché il posto è piccolo eppoi devo ancora imparare anch'io.
La mia esperienza personale forse per Beppe
rappresenta un po' il modello di quello che dovrebbe essere il percorso dei
suoi allievi, l'obiettivo di ogni ragazzo: riuscire ad avere una propria
attività. Penso che questo gli dia molta soddisfazione, perché è lo scopo della
scuola.
A me spiace vedere che alcuni pensano che la
scuola bottega sia la scuola degli asini che non hanno voglia di studiare,
quasi fosse una scuola di terza categoria. Non deve essere così, perché
l'artigiano non è ne più ne meno intelligente degli altri e deve possedere la
stessa cultura. Per cui, se i ragazzi vanno a scuola con l'intenzione di
studiare e di applicarsi, hanno tutto il diritto di continuare a frequentarla,
altrimenti devono prendere un'altra strada.
Era bellissimo stare a scuola anche di
pomeriggio perché, essendo così giovani, avevamo la possibilità di stare
insieme, di poter parlare con i nostri coetanei. Sarebbe stato tremendo tutto
il giorno in laboratorio da sole, senza avere più contatti con i ragazzi della
nostra età. Secondo me questa è un'impostazione giusta.
Lo studio non era pesante e se ce ne fosse
stato di più l'avrei fatto volentieri.
Ho mantenuto dei rapporti con alcuni dei
miei compagni, ogni tanto ci sentiamo. Alcuni sono artigiani, altri hanno
seguito strade diverse. A volte ne incontro qualcuno, anche se abitiamo tutti
in paesi lontani o a Brescia. Del periodo della scuola ho un ricordo molto
bello.
La scuola bottega è un'esperienza valida,
sia dal punto di vista dell'apprendimento del mestiere, della formazione della
persona e del rapporto umano che si crea.
Chi è Beppe per me? La scuola è un'alchimia
di sostanze preziose, Beppe è la sostanza principale. Si ricorda sempre di me.
Penso che gli sia rimasto impresso il fatto che una ragazza gli abbia chiesto
di fare un mestiere un po' insolito, che non gli era ancora stato chiesto da
nessun altro. Perché avrà avuto tanti falegnami, elettricisti, pasticceri ma
orologiaie credo proprio di no".