giovedì 12 settembre 2024

Recuperi. Un articolo del 2008 sul quotidiano della Cisl

Il lavoro nel cinema. Una interessante iniziativa della Cisl Lombardia che sul proprio portale pubblica schede annuali sulle migliori pellicole

Conquiste del lavoro 16/17 - 2 - 2008

“Dimenticati da tutti”. Il grido di dolore degli operai della ThyssenKrupp è esploso con forza da Torino. Molti lo hanno raccolto e rilanciato. Alcuni ne hanno approfittato per un rapido e assolutorio atto di pentimento. I mezzi di comunicazione, il mondo della cultura, i protagonisti dello spettacolo hanno insistito sull’improbabile riproposta di una centralità operaia vecchio stampo. “Ci sono, eccome, gli operai. Ancora a milioni, ma sono trattati come se fossero quattro gatti”, afferma il regista Ugo Gregoretti, autore tra l’altro, nel 1969, del film “Apòllon una fabbrica occupata”.
Certo, gli operai sono rimasti lì, al loro posto di lavoro, a impegnarsi come sempre. Ma non sono più gli stessi di allora, è l’organizzazione produttiva, sono le fabbriche che sono cambiate. E’ il lavoro che non è più l’icona industriale che molti ancora immaginano.

Quanto è difficile di questi tempi parlare di lavoro! Ancora più ardua l’impresa quando si tratta di trasferirlo sul grande schermo. Proporlo narrando storie, comunicando emozioni, immaginando trame che aiutino a penetrare la complessità dell’oggi, la stratificazione e la scomposizione dei mestieri e delle professioni, le difficoltà ma anche le opportunità offerte dal mercato globale. Era più semplice raccontare il lavoro nell’età industriale e molti registi l’hanno fatto con successo.

Basti ricordare, negli anni più lontani, i capolavori: “Metropolis” di Fritz Lang, “Sciopero” di Sergej Ejzenstejn o “Tempi moderni” di Charlie Chaplin. Negli anni Cinquanta il cinema neorealista seppe proporre pellicole come “Roma ore 11” e “Riso amaro” di Giuseppe De Santis, “Il ferroviere” di Pietro Germi, ma anche “Le signorine dello 04” di Gianni Francolini che racconta la vita e il lavoro di cinque impiegate della Sip. Nel 1961 viene proiettato nelle sale “Il posto” di Ermanno Olmi. Più vicino a noi, ricordiamo uno stupendo Gian Maria Volontè, l’operaio Lulù Massa, nell’ormai classico “La classe operaia va in paradiso” di Elio Petri. E’ la fine del 1971 e il film è girato in una fabbrica in crisi, la Falconi di Novara, che ha cessato di costruire ascensori ed è occupata dai lavoratori. Le vicende di quella produzione sono state raccontate lo scorso anno in un interessante film/documentario da due giovani registi, Serena Checcucci ed Enrico Omodeo Salè.

Il periodo caldo degli anni Settanta, quello delle grandi lotte operaie, si chiude emblematicamente con la marcia dei quarantamila, dopo 35 giorni di sciopero e di occupazione alla Fiat di Torino, nell’autunno del 1980. Quei fatti sono riproposti sul grande schermo, proprio in questi giorni, da Wilma Labate, con il film “Signorinaeffe”.

Forse per contrapposizione alla grande esplosione operaista, forse perché l’attenzione si era spostata su altri temi, di fatto gli ultimi due decenni del secolo scorso non hanno più visto pellicole italiane così fortemente significative. Il lavoro si marginalizza nella società e il cinema immediatamente registra questa caduta di sensibilità.

Segnali interessanti giungono soprattutto dall’estero, attraverso le storie raccontate da Ken Loach, basti ricordare a titolo di esempio: “Paul, Mick e gli altri”, sulla privatizzazione delle ferrovie inglesi, e “Bread and roses”, che narra le vicende di un gruppo di lavoratori addetti alle pulizie a Los Angeles. Ma un punto di deciso cambiamento è segnato da “Full Monthy”, film del ‘97 di Peter Cattaneo, che narra la vicenda di un gruppo di operai disoccupati capaci di riqualificarsi in un’improbabile attività di strip tease. La leggerezza del racconto e il successo finale dell’impresa rappresentano una novità nei lungometraggi che si occupano di lavoro. Simile approccio lo si può trovare nell’ironico “Il grande capo”, una pellicola del 2006 di Lars Von Trier, commedia acida che si svolge in Danimarca e che tratta dei rapporti tra il titolare di un’impresa e i suoi dipendenti.

Il cinema italiano di questo primo scorcio del nuovo secolo ha saputo proporre una serie di pellicole interessanti, pur evidenziando la difficoltà di molti autori e registi ad uscire da certi stereotipi che caratterizzano la cultura del lavoro nel nostro paese. Ricordiamone alcuni: “Mi piace lavorare” (2003) di Francesca Comencini, sul fenomeno del mobbing; “Il vangelo secondo Precario” (2005) di Stefano Obino, con al centro il problema della precarietà; “La stella che non c’è” (2006) di Gianni Amelio, che si occupa della delocalizzazione di impianti produttivi in Cina; “Giorni e nuvole” (2007) di Silvio Soldini, sul ricollocamento dei dirigenti. Infine, è atteso a giorni “Morire di lavoro” di Daniele Segre, un viaggio nei cantieri edili.

Nello stesso periodo sono nati festival e mostre con l’intento di valorizzare le opere che trattano di cinema e lavoro. Primo fra tutti il Festival cinematografico dell’Umbria “Cinema è/& lavoro”, la cui prima edizione si è svolta nel 2003, sponsorizzato, tra gli altri, anche da Cgil, Cisl e Uil. A Sesto San Giovanni, città delle fabbriche, ex Stalingrado d’Italia, le Acli da tre anni organizzano il “Labour film festival”, mentre a Milano l’Inail Lombardia ha realizzato insieme alla Cineteca Italiana la rassegna “Sguardi al lavoro”, giunta alla seconda edizione. Dal canto suo il “Torino film festival” mantiene una finestra aperta sulle produzioni che trattano del mondo del lavoro, dove, tra l’altro, nell’edizione dello scorso novembre, Cristina Comencini ha presentato il suo documentario di montaggio “In fabbrica”.

In questo ambito, ma anche in quello produttivo, c’è spazio per un maggiore impegno delle organizzazioni sindacali. La Cisl, in particolare, che sconta rapporti limitati con il “mondo del cinema”, che al contrario ha sempre trovato maggiore attenzione presso la Cgil, potrebbe pensare a nuove forme di presenza.

Può essere utile, a questo proposito, segnalare le proposte della Cisl Lombardia, che da alcuni anni ha individuato nel cinema un terreno della propria iniziativa culturale e della propria presenza. Nell’ambito del portale Internet dell’unione regionale www.lombardia.cisl.it è stata così creata una sezione “cinema e lavoro” che pubblica schede annuali sulle migliori produzioni cinematografiche. Si parte dal 1930 e si arriva – per ora - al 1971, con l’obiettivo di proseguire fino ai giorni nostri. Accanto alle schede, vengono presentati alcuni dei film più significativi, realizzati in quegli anni, con informazioni e note critiche. Contemporaneamente, il sito propone ogni settimana una selezione tra le migliori produzioni di qualità di nuova uscita.

Oltre a questa attività di informazione, va segnalata l’azione di BiblioLavoro, associazione per la promozione culturale del mondo del lavoro e del sindacato voluta dalla Cisl lombarda, che ha realizzato, insieme a Filmmaker, una videoteca di film e documentari su lavoro e temi sociali, della quale ha recentemente pubblicato il catalogo dal significativo titolo: “Ti conosco mascherino”.

Costantino Corbari