lunedì 7 settembre 2020

La Cisl nel 2015

Un anno impegnativo per la nuova segreteria guidata da Annamaria Furlan dopo il discusso abbandono di Raffaele Bonanni. Contributo pubblicato ne l'Annuario del lavoro 2015, Roma

E’ stato un anno complicato il 2015 della Cisl. Dodici mesi che hanno visto il rodaggio della nuova segreteria formatasi dopo l’improvviso e discusso abbandono di Raffaele Bonanni. Una squadra chiamata a dare immediatamente il segno di una svolta profonda, ma costretta a confrontarsi con una riforma organizzativa che fatica a decollare e investita dalle polemiche agostane sui mega compensi di alcuni dirigenti. Questo mentre nel Paese urgono i problemi della mancanza di lavoro, le relazioni sindacali con le imprese e il governo sono sostanzialmente bloccate e i rapporti con le altre sigle – nonostante alcune battaglie condotte unitariamente – sono sempre più difficili. L’impegno della confederazione si è concentrato in particolare sul fisco, con un progetto di legge di iniziativa popolare, e sulla riforma della contrattazione, con la definizione di una propria proposta per un nuovo modello contrattuale.

La nuova squadra di comando della Cisl è stata chiamata a confrontarsi con un sistema delle imprese critico nei confronti dell’azione sindacale e restio a procedere al rinnovo dei contratti di lavoro, e con un esecutivo che ha marciato deciso lungo l’asse tracciato da Matteo Renzi su lavoro, scuola, previdenza, fisco. Con il premier che non ha mai mancato di accusare le organizzazioni sindacali di costituire un freno al cambiamento del Paese, sostenuto in questo da una Confindustria apparsa quanto mai incerta su quale sia il comportamento migliore da seguire: se quello del confronto con Cgil, Cisl, Uil piuttosto che dello scontro.

Nella seconda parte dell’anno la Cisl si è trovata anche a dover fronteggiare le polemiche sorte intorno alla pubblicazione dei compensi di alcuni dirigenti. La strada scelta è stata quella di non rispondere agli aspetti strumentali della vicenda, sottolineando che fin dal cambio delle segreteria è stato avviato un percorso di cambiamento nella consapevolezza che “un sistema doveva essere modificato perché permetteva scelte sbagliate e ha consentito a qualcuno di approfittarne”.

L’anno si è chiuso con la celebrazione della Conferenza programmatica organizzativa. Una convocazione decisa subito dopo l’insediamento del nuovo gruppo dirigente, un segnale politico forte che si è voluto dare alle strutture cisline. Con l’ambizioso obiettivo di cambiare per “guidare il movimento sindacale del XXI secolo”.

Con una rappresentanza sociale indebolita, nella crisi il sindacato è apparso esposto e vulnerabile, non riuscendo a offrire concrete opportunità ai bisogni delle nuove professionalità e dei settori più innovativi, faticando a costruire risposte efficaci alle sfide che la politica e l’economia hanno proposto. Una consapevolezza che ha spinto la Cisl ad avviare un processo di cambiamento verso un sindacato più presente nei luoghi di lavoro, che rafforzi e valorizzi il ruolo dei delegati, forte nella contrattazione decentrata e attivo sui temi del welfare. La conferenza organizzativa è stata l’ambito di queste decisioni, che hanno coinvolto tutte le strutture dell’organizzazione: 62 unioni territoriali, 19 regionali e 14 federazioni nazionali di categoria. Un appuntamento, conclusosi con l’assemblea di Riccione, che nel suo percorso ha visto la partecipazione di oltre quindicimila delegati e dirigenti che si sono confrontati su come costruire una Cisl più trasparente, più snella, più radicata nei posti di lavoro e nei territori, capace di parlare ai giovani.

L’assemblea nazionale ha consentito anche di fare il punto sui processi di riorganizzazione delle realtà territoriali e di aggregazione delle categorie della Cisl che hanno vissuto una fase di rallentamento dovuto al cambio della segreteria, ma che ora dovranno ripartire con maggiore convinzione. Unica novità, la nascita della First-Cisl, la federazione che ha riunito Fiba-Cisl e Dircredito in rappresentanza delle diverse aree professionali di banche e assicurazioni, con circa 100mila iscritti.

I primi giorni del 2015 sono vissuti dell’eco delle parole del presidente Napolitano che nel suo ultimo discorso di capodanno ha invitato tutti alla responsabilità e al dialogo sociale. Parole che la Cisl ha fatto sue, rivolgendole però al governo e alle forze politiche, proponendo la costruzione di un nuovo patto sociale. “Occorre raccogliere l'appello di Napolitano con coerenza e determinazione. Anche  la Cisl è pronta a dare il proprio contributo con le sue proposte - ha commentato Annamaria Furlan - come ha fatto sempre nella sua lunga storia, per favorire una stagione di sviluppo e di riforme condivise. Solo con un patto tra tutti i soggetti politici, sociali ed economici della vita pubblica, sarà possibile far uscire il paese dalla crisi".

Ma gli appelli hanno trovato scarso ascolto e la Cisl, mentre ha cercato, come è nel proprio Dna, il dialogo con il governo, si è mossa autonomamente lanciando una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare che riformi il sistema fiscale “nel segno dell'equità e della giustizia sociale”. L’obiettivo dichiarato è quello di introdurre più equità, dare più risorse a lavoratori e pensionati, ridistribuire ricchezza e sostenere le famiglie. La Cisl propone l'introduzione di un bonus di mille euro annui per tutti i contribuenti con un reddito individuale fino a 40mila euro e di ammontare ridotto e via via decrescente per chi ha redditi superiori. Se i beneficiari degli 80 euro sono 9,8 milioni circa, a godere del bonus proposto dalla confederazione di via Po sarebbero 38,5 milioni. La proposta prevede, inoltre, l’introduzione di un assegno familiare che si alzi al crescere dei carichi familiari e si riduca all'aumentare del reddito, l’adozione di una nuova fiscalità locale al servizio del cittadino con l’eliminazione delle tasse sulla prima casa, una imposta progressiva sulla grande ricchezza, il rafforzamento delle sanzioni amministrative e penali, l’aumento dei controlli per combattere l’evasione fiscale. Secondo i calcoli del sindacato, l'insieme delle misure avrebbe un costo di circa 39 miliardi: risorse che potrebbero essere trovate dai fondi destinati al bonus per gli 80 euro, dall’imposta patrimoniale, dalla lotta all'evasione, da una revisione delle agevolazioni fiscali, dalla rimodulazione degli assegni familiari. Il 2 settembre il segretario generale della Cisl si è presentata in Piazza Montecitorio con una carriola, depositando presso la Camera dei deputati le 500mila firme raccolte in sei mesi nelle città italiane.

A marzo Cgil, Cisl e Uil hanno affrontano le elezioni per il rinnovo delle Rsu nella scuola e nel pubblico impiego. La Cisl ha confermato, e in molti casi aumentato, la presenza nella scuola, mentre nel pubblico ha condiviso una caduta di consenso con le altre sigle confederali a favore di nuove aggregazioni di tipo professionale. Siamo in attesa dei dati Aran per una conferma di questi processi.

Se nel pubblico risulta semplice misurare la rappresentatività nei singoli luoghi di lavoro, ma complicato conoscere i dati complessivi delle preferenze dei lavoratori, nel privato si è proceduto lungo la strada tracciata con l’accordo del 10 gennaio 2014. Il 16 marzo è stata siglata la convenzione tra Inps, Confindustria e Cgil, Cisl e Uil per l'attività di raccolta, elaborazione e comunicazione dei dati relativi alla rappresentanza del sindacato. “Un accordo che abbiamo fortemente voluto per rendere assolutamente certe le relazioni industriali e trasparente la rappresentanza delle organizzazioni sindacali” ha commentato il segretario generale della Cisl, soddisfatta per l'intesa. “Credo - ha aggiunto - che da una parte il testo unico sulla rappresentanza, dall'altra il dato sull'affluenza alle elezioni delle Rsu della pubblica amministrazione disegnino un sindacato moderno e trasparente dove gli iscritti contano”.

Con l’occasione Annamaria Furlan è tornata a respingere l’idea di un intervento legislativo sulla misurazione della rappresentanza: “Non serve una legge, abbiamo già un importante accordo, il governo lo rispetti”. C’è però la consapevolezza che, faticando le intese a trovare pratica applicazione e rimanendo scoperti vasti settori, alla fine una legge sarà necessaria, confidando che ricalchi le intese tra le parti sociali che, oltre a Confindustria, hanno coinvolto anche Confservizi e cooperative.

Al governo, infatti, sembrano non accontentarsi degli accordi tra le parti e più volte si sono levate voci a minacciare interventi legislativi non solo sulla rappresentanza, ma anche su scioperi e contrattazione.

La Cisl, per storia e cultura contraria a provvedimenti in materia di relazioni sindacali, è però convinta della necessità di riformare la contrattazione e, allo scopo di sollecitare le altre confederazioni e le imprese a procedere speditamente sulla via della riforma e bloccare i progetti della politica, il 21 luglio ha presentato una sua proposta con l’obiettivo di costruire un nuovo modello contrattuale e aumentare i salari.

La Cisl propone un contratto nazionale “più votato alle tutele generali normative e salariali e alla governance del sistema di relazioni”. In questo quadro il contratto nazionale dovrebbe fissare i minimi salariali in alternativa a un salario minimo di legge e promuovere la previdenza complementare. L'obiettivo centrale della proposta è la tutela del potere di acquisto dei salari, con riferimento non più all’inflazione nazionale ma a quella dell'Eurozona. Si insiste inoltre sul rafforzamento della contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale, con l’istituzione di un salario di garanzia per i lavoratori delle aziende in cui non si fa contrattazione decentrata.

La Cisl ha ben presente le difficoltà di arrivare ad una sintesi unitaria, ma ritiene che sia ormai tempo di avviare una discussione anche con Confindustria,  lavorando per un accordo con Cgil e Uil e con il sistema delle imprese. I primi passi del confronto, però, non paiono assecondare questo proposito, anche se la firma del contratto nazionale dei chimici, senza un’ora di sciopero e con più di due mesi d’anticipo sulla scadenza, sembra indicare una direzione diversa e più costruttiva.

 

Se sulla riforma della contrattazione le posizioni di Cgil, Cisl e Uil sono distanti, il 2015 ha visto una lunga serie di significative mobilitazioni unitarie su questioni come la scuola, la previdenza e il pubblico impiego.

La scuola, in particolare, è stata teatro di un confronto assai aspro con la ministra Giannini e la sua riforma della “buona scuola”, con ripetute proteste di insegnanti e personale non docente, con scioperi, manifestazioni, sit-in. La contrarietà delle organizzazioni sindacali è totale e agli inizi di maggio in tutta Italia le piazze sono state invase da cortei che hanno visto insieme i sindacati di categoria confederali, le sigle autonome, gli studenti e qualche genitore. Quando il 12 maggio il governo ha incontrato le organizzazioni sindacali, la Cisl è apparsa fiduciosa sulla possibilità di cambiare il provvedimento, sottolineando come fossero stati posti problemi che riguardano tutti e non solo gli insegnanti. Allo stesso tempo si è opposta al ventilato sciopero degli scrutini. Ma il governo ha proseguito spedito per la propria strada e a luglio la buona scuola è diventata legge nonostante la strenua opposizione sindacale. Lo sciopero degli scrutini non c’è stato, ma le proteste non si sono fermate e sono proseguite anche dopo la definitiva approvazione del provvedimento in Parlamento e l’avvio delle prime assunzioni. Per correggere gli aspetti negativi della riforma, per la Cisl la strada maestra è quella della contrattazione.

Altro tema che ha visto una costante pressione della Cisl sul governo è stato quello delle pensioni. Anche in questo caso con mobilitazioni e iniziative unitarie. L’obiettivo principe è stato la richiesta di aumenti delle pensioni, per sostenere le persone anziane ma anche per far ripartire i consumi e favorire la crescita. La decisione della Corte costituzionale, che il 30 aprile ha bocciato il blocco degli assegni previdenziali deciso dal governo Monti, ha spinto il sindacato ad alzare la voce, ma il governo non è stato in grado di assicurare il rimborso totale delle cifre bloccate. La Cisl, commentando le soluzioni annunciate per ottemperare alla sentenza della Corte, ha denunciato ancora una volta la mancanza di un confronto con le parti sociali che avrebbe potuto favorire l’individuazione di “soluzioni eque e socialmente giuste”, dando priorità alle pensioni medio basse, pur lasciando fuori i trattamenti di importo molto elevato. La risposta del governo, invece, è stata “inadeguata e insufficiente”.

Ma la partita delle pensioni è sempre aperta. Mentre è stato avviato il tavolo di confronto con le categorie dei pensionati sulla questione della rivalutazione delle pensioni e della perequazione, sul tappeto rimangono i problemi degli esodati e quello della revisione della riforma. La Cisl insiste sulla necessità di un cambiamento della Fornero, a partire dalla flessibilità in uscita, sollecitando nuovamente un confronto vero con il governo per dare la possibilità di lasciare il lavoro prima dei 67 anni. Una necessità per restituire alle persone una maggiore possibilità di scelta, per gestire meglio le crisi economiche e aziendali, per offrire ai giovani nuove prospettive di ingresso nel mercato del lavoro.

Anche per quanto riguarda il pubblico impiego, è stata ancora una sentenza della Consulta a rianimare i sindacati di categoria. Esclusi da un reale confronto sulla riforma della pubblica amministrazione e impossibilitati a qualunque contrattazione, sono stati rimessi in gioco dell’intervento della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco dei contratti pubblici, anche se non per il passato.La sentenza cancella una palese ingiustizia, che dura da ben sei anni, nei confronti di milioni di lavoratrici e lavoratori del pubblico impiego”, ha sottolineato Annamaria Furlan. Per la Cisl, aver bloccato con una decisione unilaterale i contratti di lavoro per tutti questi anni, oltre ad aver provocato un impoverimento per milioni di dipendenti pubblici, ha arrestato tutti i processi di modernizzazione e di riorganizzazione della pubblica amministrazione. Ora, dopo la sentenza della Corte, si chiede al governo di aprire la trattativa per il rinnovo dei contratti.

 

Ad agosto è partito un pesante attacco al sindacato, puntando a metterne in discussione il ruolo nella società e il grado di rappresentanza dei lavoratori. “Più tessere che idee”, li ha apostrofati Matteo Renzi, mentre sui quotidiani sono state pubblicate analisi e tabelle che dovrebbero dimostrare un crollo degli iscritti e la disaffezione dei lavoratori nei confronti di Cgil, Cisl e Uil. “Il fatto che Renzi conosca poco la storia del sindacato confederale non è una novità – ha reagito decisa la segretaria della Cisl -. Le tessere sono uomini e donne che danno una delega sociale al sindacato perché le rappresenti. In Cisl lo fanno in 4milioni e 300mila”.

La Cisl, che pure ha perso 76.277 iscritti, è cresciuta tra gli attivi, che sono aumentati di 22.494 unità, contro una flessione di 95.302 adesioni tra i pensionati. Le crescite maggiori ci sono state nella scuola, nel turismo e commercio, nei trasporti. In riduzione le costruzioni, che risentono della pesante crisi del settore. Ma il dato più significativo del tesseramento è rappresentato dai 400mila lavoratori attivi iscritti in più rispetto ai pensionati.

 

Costantino Corbari