domenica 30 agosto 2020

La Cisl nel 2014

I fatti salienti di un anno di vita della Cisl. Contributo pubblicato nell'Annuario del lavoro del 2014 

La notizia giunge inattesa nel pomeriggio del 23 settembre. Dopo sedici anni in segreteria nazionale, nove dei quali come segretario generale, Raffaele Bonanni lascia la guida della Cisl. “La mia scelta scaturisce dalla necessità di avviare una rimodulazione dell'assetto organizzativo della Cisl con una discussione aperta – spiega il giorno successivo formalizzando le sue dimissioni -. Una decisione frutto di una meditazione profonda e non perché siano mancati fiducia e consenso di tutto il gruppo dirigente”.
Già pronto il successore, Annamaria Furlan, eletta segretario generale aggiunto il 24 giugno. L’investitura di Raffaele Bonanni era stata quanto mai esplicita: “E' una scelta per dare più forza e continuità alla gestione dell'organizzazione - ha sottolineato quel giorno - nel modo più equilibrato possibile e in piena unità interna. Furlan è la persona giusta, che con il suo comportamento coerente e il suo lavoro di questi anni rappresenta la garanzia di una continuità dell'azione politica e sindacale della Cisl”. Dall'8 ottobre la Furlan è il nuovo segretario generale, votata all'unanimità, prima donna alla guida della Cisl.
Cinquantasei anni, genovese, ha iniziato la sua attività sindacale nel 1980 come delegata del Silulap, la categoria dei lavoratori postali, di cui poi è divenuta segretaria provinciale e regionale. Successivamente Annamaria Furlan ha guidato la Cisl di Genova e la Cisl regionale della Liguria. Dal 2002 segretario confederale, si è occupata di terziario e dei servizi. 

L’uscita di scena di Bonanni, in sella dal 27 aprile 2006, è la conferma che la Cisl aveva bisogno di avviare una nuova fase. E’ la presa d’atto che il tentativo di dare sostanza ad un sistema di aggregazione delle diverse forme di rappresentanza sociale su cui si era giocato il congresso del 2013 non era riuscito, con una perdita di interlocuzione politica del sindacato confederale. Nel gruppo dirigente cislino la consapevolezza della necessità di un cambiamento è maturata lentamente. Ma questo sentimento era da tempo già presente in alcuni settori dell’organizzazione e le dimissioni hanno contribuito a farlo emergere e a far crescere un’esigenza di discontinuità rispetto al recente passato, per elaborare nuovi contenuti per la nuova stagione politica. 

Il giorno precedente all'elezione, Furlan ha avuto la ventura di incontrare il capo del governo in occasione del primo appuntamento di Matteo Renzi con i sindacati. Incontro sempre cercato e mai realizzato dal suo predecessore. 

E' stato infatti il rapporto, o meglio, il mancato rapporto con il governo Renzi l'elemento che ha maggiormente caratterizzato la gestione bonaniana dell'anno sindacale. Il leader della Cisl, insieme alle altre confederazioni, si è trovato a dover inseguire costantemente le accelerazioni del presidente del Consiglio lungo un percorso che ha visto l’avvio delle riforme del lavoro, della pubblica amministrazione, della scuola, senza quasi mai riuscire a costruire proposte incisive in grado di aprire un varco nella granitica scelta renziana di escludere ogni confronto con le forze sociali. “I sindacati devono capire che la musica è cambiate” il suo mantra. 

A soffrire maggiormente di questa impostazione, molto attenta a leggere gli umori dell’opinione pubblica e sempre meno disponibile ad ascoltare le organizzazioni sindacali, è stata proprio la Cisl. La confederazione guidata da Raffaele Bonanni, infatti, si è sempre caratterizzata per la ricerca di un dialogo con le forze di governo, attraverso il quale costruire risposte condivise. Ma se è convinzione ormai diffusa che l’epoca della concertazione, dei grandi tavoli nazionali attorno ai quali imprese, sindacati e governo costruivano intese di carattere generale, sia finita, nessuno probabilmente si aspettava una così netta chiusura da parte del premier. Il leader della Cisl è intervenuto più volte a sollecitare l'apertura di un confronto sui temi emergenti: dalla riforma della pubblica amministrazione al Jobs act, dalla spending review al blocco degli stipendi del pubblico impiego, alla scuola. E ogni volta il tono è andato salendo di intensità. A Matteo Renzi, ancora solo segretario del Partito Democratico, Bonanni mandava segnali distensivi: “Il giudizio sul Jobs act di Renzi è positivo. Bisogna discuterne approfonditamente, ma tendenzialmente siamo favorevoli”. Insediato a febbraio il nuovo governo, il segretario della Cisl così reagiva alle critiche nei confronti del sindacato: “Il presidente del Consiglio farebbe bene a non stare sopra le righe” e alla domanda sulla possibilità di un incontro tra governo e parti sociali, Bonanni puntualizzava: “Gli incontri si fanno quando possono servire, ma con una posizione così inusuale e sbagliata del presidente del Consiglio è meglio aspettare”. Da allora è stato un crescendo di dichiarazioni sempre più aspre: “Basta accuse fuorvianti e generiche al sindacato”, “Ogni volta che la politica si intromette sui temi del lavoro ci sono sempre dei pasticci”, “Basta teatrini mediatici”, “Pubblico impiego, nessun disegno compiuto nella riforma del governo”, “Basta con i palloni gonfiati che promettono posti di lavoro attraverso le riforme”.

Con il governo guidato da Enrico Letta, molto più disponibile all’ascolto dei corpi intermedi e delle forze sociali, il clima era diverso, ma l’hashtag #enricostaisereno ha chiuso un capitolo e forse un’era della politica italiana. Il 14 febbraio Letta rassegna le dimissioni. La Cisl perde un interlocutore in sintonia con la propria visione partecipativa e si trova costretta a fare i conti con un modello di relazioni che non condivide e un leader che cerca il rapporto diretto con lavoratori e imprese, saltando le organizzazioni di rappresentanza. 

Un mese prima del cambio di governo, il 10 gennaio, Cgil, Cisl, Uil e Confindustria avevano firmato l’accordo sulla rappresentanza per dare attuazione all’intesa unitaria del 31 maggio 2013. Accordo salutato con particolare favore dalla Cisl. Il Consiglio generale, riunito a Roma il 15 dello stesso mese, con una certa enfasi, lo valuta “un risultato di grande rilievo per i lavoratori, la Cisl, il movimento sindacale confederale italiano, la crescita democratica, sociale ed economica dell’Italia, per lo stesso sindacato europeo, per le proiezioni possibili con il necessario impegno sindacale”. “E’ stato un percorso travagliato nei rapporti unitari – prosegue il documento -. Si sono misurate strategie diverse, quella partecipativa e della responsabilità e quella rivendicativa e conflittuale. Decisiva è stata la determinazione della Cisl”. Semmai ce ne fosse bisogno, ancora più carico, Bonanni aggiunge: “E’ una svolta epocale che cambia decisamente nel nostro Paese il volto delle relazioni industriali che passano da un sistema antagonistico e conflittuale, ad un sistema partecipato, moderno e ben governato”. Si programmano assemblee nei luoghi di lavoro per dare il via all’applicazione dell’intesa, per l’elezione delle rsu e per misurare il reale grado di rappresentanza, così da garantire l’applicazione degli accordi. 

Mentre la complessa macchina sindacale si mette faticosamente in moto, entra prepotentemente in scena Matteo Renzi, che in una delle sue prime interviste televisive da capo dell’esecutivo lancia pesanti critiche ai sindacati, accusati di costituire un freno al cambiamento e chiedendo trasparenza sui loro bilanci. Contemporaneamente prefigura il taglio delle tasse per dieci miliardi di euro, con i famosi 80 euro in busta paga, e i primi interventi sul lavoro. La Cisl risponde alle accuse con lo strumento tanto caro al premier: #renzirispettisindacato, l’hashtag cislino. Allo stesso tempo, però, l’esecutivo confederale del 25 marzo esprime un giudizio sostanzialmente positivo sui provvedimenti del governo. “Per il Comitato esecutivo le politiche economiche annunciate dal governo rispondono in buona misura, pur senza confronti formali con il sindacato, alle richieste della Cisl, ad iniziare dallo sgravio fiscale per i lavoratori con redditi più bassi” si legge nel documento finale, che così, ottimisticamente, prosegue: “E' positivo che le riforme, particolarmente degli ammortizzatori sociali e dei servizi per il lavoro e le politiche attive, siano affidate ad un disegno di legge in elaborazione, che nel suo iter permetterà il confronto con le forze sociali da parte del governo e delle forze parlamentari”. 

Nello scontro dialettico che prosegue con Renzi, Raffaele Bonanni inizia ad inserire una distinzione tra sigle sindacali che evidenzierà più volte nei mesi successivi. “Il presidente del Consiglio non faccia l’errore di fare di un’erba un fascio. Ci sono sindacati e sindacati, come ci sono politici e politici”. La Cisl è diversa dalla Cgil, sottolinea Bonanni, puntando a proporsi come interlocutore privilegiato. Una strategia destinata però ad uscire sconfitta, non riuscendo in alcun modo a scalfire la studiata posizione renziana che, con i suoi giudizi indifferenziati sul sindacato, cerca anche di evitare di aprire un pericoloso dibattito all’intero del Partito Democratico. Per altro verso, i commenti di Bonanni contribuiscono a mantenere aperto il solco di diffidenza della Cgil nei confronti della Cisl e del suo segretario, diffidenza che si manifesterà rumorosamente in occasione del suo congresso nazionale.

L'arrivo di Bonanni alle XVII assise della Cgil, che si tengono a Rimini il 6, 7 e 8 maggio, è accolto da una nutrita salva di fischi che irrita notevolmente il leader cislino, ma il giorno successivo, al momento del suo intervento, Bonanni abbandona le differenziazioni, punta su ciò che unisce e si presenta ad una platea più tranquilla con parole distensive, alla ricerca di possibili punti di incontro. Bonanni accoglie le proposte di Susanna Camusso sulle quali “impegnarsi insieme per il bene del Paese”. Tra queste: il rilancio della contrattazione, della rappresentanza, la riforma previdenziale e il fisco. “Veniamo – afferma - da divisioni, da grandi difficoltà ed equivoci ma va detto che abbiamo saputo anche trovare una sintesi che è l'energia più sana della democrazia: saper far convivere realtà plurali che, confluendo nello stesso obiettivo da perseguire, trovano la forza di riuscire a darsi delle linee e lo abbiamo fatto”. Sulla questione delle pensioni Bonanni si dice disponibile ad aprire una vertenza con il governo, individuando però un percorso affidabile, perché “la battaglia non può essere fallace, deve essere vittoriosa”. 

Disponibilità che si concretizzerà in una piattaforma unitaria su fisco e previdenza approvata dagli esecutivi unitari il 10 giugno. L’intesa prevede l’avvio di una campagna generalizzata di assemblee in tutti i luoghi di lavoro, destinata però a infrangersi sulle difficoltà a mantenere un percorso comune tra Cgil, Cisl e Uil. 

Tirato un sospiro di sollievo per la sconfitta degli euroscettici alle elezioni europee del 25 maggio, la Cisl tenta di riportare al centro dell’azione sindacale il tema della contrattazione. Sono numerosi i contratti nazionali che non vengono rinnovati da tempo, nel pubblico impiego il blocco è in atto dal 2010. Secondo i dati Istat, a metà 2014 i contratti collettivi scaduti sono 43, interessano circa 8 milioni di lavoratori dipendenti, cinque dei quali nel settore privato e tre nel pubblico. I 32 contratti in vigore, invece, riguardano circa cinque milioni di lavoratori. Il 4 giugno a Sesto San Giovanni la Cisl lombarda tiene la 4^ Fiera della contrattazione con l’obiettivo di valorizzare i migliori esempi di accordi aziendali e territoriali. 

Ma la Cisl è chiamata anche a rivolgere lo sguardo al proprio interno. Sei anni di crisi, i profondi cambiamenti strutturali e produttivi, le sfide del governo sollecitano il completamento della riforma organizzativa, mentre si inizia a immaginare una nuova guida dopo il lungo regno di Bonanni. La confederazione, che ha chiuso il tesseramento 2013 con 4.372.280 iscritti e una perdita di oltre 70mila associati, punta a disegnare un nuovo modello di confederalità con il proprio baricentro nel territorio. Ridotte le Unioni territoriali da 116 a 56, unificate le regioni Abruzzo con il Molise e la Basilicata con la Puglia, vengono avviati i percorsi di accorpamento delle categorie: i primi a muoversi sono agroalimentare Fai e edili-legno Filca, che celebrano le loro assise nazionali nel mese di ottobre, seguiranno poi i metalmeccanici della Fim e i tessili-chimici della Femca che andranno a congresso nel 2015. Altri accorpamenti deliberati iniziano il cammino della fusione: Fit-Flaei-Fistel (trasporti, elettrici, informazione) per dare vita alla categoria delle Reti; Scuola e Funzione pubblica; Commercio (Fisascat) e atipici (Felsa). Si aggiornano anche gli strumenti di comunicazione: la Cisl è social. 

L’attenzione è rivolta anche alla costruzione del futuro gruppo dirigente. A fine giugno il Consiglio generale elegge Annamaria Furlan segretario generale aggiunto. “Sono molto contenta e ringrazio Bonanni e tutta la Cisl per avermi scelto - dichiara subito dopo essere stata votata -. Abbiamo fatto cose grandiose e inedite insieme a Bonanni in questi lunghi anni, superando con coraggio prove difficili, prima da soli e poi facendo diventare le nostre idee quelle di tutti”. Scarse le voci critiche, che sollecitano l’apertura di un dibattito sul ridisegno del ruolo strategico e politico dell'organizzazione: “che deve partire dal basso, abbandonando idee neoconsociative”. L’avvio di una riflessione più approfondita emergerà improvvisamente solo di lì a qualche settimana. 

L’urgenza di un aggiornamento della struttura organizzativa è confermata anche dai numeri dell’undicesimo rapporto industria. I dati non lasciano molti dubbi sulla profondità della perdurante crisi. Secondo la stima della Cisl, nel corso del 2014 i lavoratori che rischiano di perdere il lavoro sono oltre 136mila, in ulteriore aumento rispetto alle previsioni del 2013. Sei anni di crisi hanno provocato una caduta drammatica delle attività: la produzione industriale si è contratta di un quarto, la capacità produttiva intorno al 15%, i consumi delle famiglie di circa l'8%, gli investimenti del 26%. La crisi ha colpito soprattutto l'industria manifatturiera e le costruzioni, che hanno visto circa l'89% della diminuzione totale degli occupati, rispettivamente con 482mila e 396mila addetti in meno. Solo le esportazioni hanno impedito una caduta catastrofica dei livelli produttivi. Il Rapporto indica le questioni che la Cisl ritiene prioritarie per superare la difficile fase. Servono: politiche europee per il perseguimento di una crescita sostenibile; politiche industriali, con la costruzione di un’Agenda per l’Italia 2020; efficienza nell'impiego dei fondi europei; politiche dell'energia e delle infrastrutture; politiche per il lavoro. 

La crisi incombe minacciosamente ed è necessario assicurare risorse alla cassa integrazione. Lo spirito unitario emerso al congresso Cgil, oltre alla piattaforma su fisco e previdenza, favorisce l’organizzazione di una mobilitazione nazionale per il finanziamento degli interventi in deroga. Due giorni di presidio a Piazza Montecitorio il 22 e 24 luglio, con i tre segretari generali, per sollecitare lo sblocco delle risorse e aiutare i lavoratori in difficoltà. La Cisl sostiene la necessità di una riforma degli ammortizzatori sociali per renderli universali ed esigibili. 

A metà agosto il ministro Marianna Madia firma la circolare per il dimezzamento dei distacchi sindacali nel pubblico impiego a partire dal primo settembre. E' la conseguenza dell'approvazione del primo atto della riforma della pubblica amministrazione avviata il 30 aprile con una lettera, sottoscritta anche dal presidente del Consiglio, indirizzata a tutti i dipendenti pubblici, scavalcando le organizzazioni sindacali. La Cisl denuncia la mancanza di un disegno organico nel progetto di riforma e accusa: “Il taglio dei distacchi è solo un paravento”. Ma di lì a pochi giorni seguirà l'annuncio di un ulteriore blocco delle retribuzioni nel pubblico impiego. Contro la decisione del governo i sindacati di categoria organizzano una manifestazione nazionale unitaria che si tiene a Roma l’8 novembre con la partecipazione dei lavoratori di tutti comparti pubblici. 

Nel frattempo arriva a maturazione il progetto di riforma del mercato del lavoro. Il Jobs act punta a cambiare in profondità lo Statuto dei lavoratori in molti aspetti, ma il dibattito si concentra sull'articolo 18 e sulla possibilità di licenziare. La Cisl reagisce con l'organizzazione di una giornata di mobilitazione e incontri in cento città il 18 ottobre, ma intanto apre al confronto e si dice favorevole al nuovo contratto a tutele crescenti solo se ci saranno interventi per limitare le molte forme di precarietà a partire dalle false partite Iva e dai co.co.pro. Il mancato incontro con le parti sociali chiesto a gran voce dalla Cisl ha impedito un confronto aperto: ma non c'è dubbio che l'idea di un mercato del lavoro moderno ed europeo è pienamente vicina a quanto la Cisl sostiene da lunghi anni; è in questo senso che per la Cisl il controverso dibattito sulle modifiche all'articolo 18 non è più centrale. Serve il dialogo con il governo e Renzi, per la prima volta, si mostra disponibile: riapre la sala verde e per un'ora ascolta le osservazioni dei leader sindacali ai suoi progetti. 


Costantino Corbari