venerdì 12 giugno 2020

ORALDO DE TONI - Petrolchimico di Marghera - Venezia

Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “L’idea del dialogo. Cultura del lavoro, contrattazione, relazioni industriali nella chimica italiana”, di Costantino Corbari, BiblioLavoro, Sesto San Giovanni (Mi), 2017

Dopo le medie ho preso il diploma di tecnica edilizia e quindi ho frequentato un corso serale di specializzazione in chimica e ho fatto altri studi in Inghilterra, in particolare frequentando dei corsi legati ai temi della petrolchimica. Complessivamente ho fatto diciassette anni come studente lavoratore.

Fino a 17 anni ho lavorato in agricoltura poi sono stato occupato a scaricare e caricare sacchi di cinquanta chili e quindi sono andato in un distributore di benzina a lavare le automobili. Tornato dal servizio militare, nel marzo del 1966 sono rimasto disoccupato per alcuni mesi, poi il 6 settembre ho preso prima il treno e poi la nave e sono arrivato a Dover. In Inghilterra ho lavorato nell'industria chimica per quattro anni come tecnico.
Tornato dall'Inghilterra nel 1970 sono stato assunto in Montedison come analista e ci sono stato fino al 1982 quando, il 1° aprile, ho lasciato la sede di lavoro di Marghera essendo stato eletto segretario della Flerica di Venezia. Nel 1991 sono andato a Roma a occuparmi di ambiente per la consulta nazionale dei quadri. Dal 2001 al 2005 sono stato a Bruxelles nel sindacato europeo dei chimici e mi sono occupato dei temi della sicurezza, avendo anche il compito di fare formazione in giro per l'Europa in nove lingue. In quel periodo abbiamo fatto il primo accordo europeo di dialogo sociale dell'industria chimica europea. Più volte ho collaborato con Sergio Colombo che era membro del Comitato economico e sociale europeo (Cese) in rappresentanza del sindacato italiano.

Sindacato
Ho iniziato a interessarmi di sindacato a diciotto anni partecipando alle riunioni estive con un sacerdote dove discutevamo della Rerum Novarum. Le Acli in parrocchia organizzavano degli incontri sui temi del lavoro e venivano dirigenti della Cisl a spiegare che cos'era il sindacato, mentre le prime esperienze di contrattazione le ho fatte in Inghilterra. Allo Agro Chemical, insieme ad altri tre colleghi, abbiamo fondato il sindacato dei tecnici.
La prima cosa che ho fatto appena entrato al Petrolchimico è stata quella di attuare ciò che avevo imparato studiando l’enciclica papale. Ero attrezzato per parlare in pubblico ed ero in grado di convincere le persone. Nel 1972 c'è stato il rinnovo del contratto nazionale di lavoro e a Marghera è stato approvato con difficoltà. Per raggiungere il contratto ci sono stati numerosissimi scioperi, molto duri, e fermate degli impianti, con minacce di ogni tipo e ricorsi alla magistratura. L'ala più dura che faceva riferimento a Potere operaio stava in Cisl. Nel Petrolchimico oltre a Potere operaio era presente Autonomia operaia di Toni Negri, di Padova. Più avanti sono comparse anche le Brigate rosse che hanno assassinato due dirigenti della Montedison. Sergio Gori, vice direttore della Montedison di Marghera, ammazzato nel 1980, e Giuseppe Taliercio, dirigente del Petrolchimico, ucciso nel luglio 1981. Ci sono stati episodi di intimidazione a diversi lavoratori e anche a me. In azienda non sono emerse persone coinvolte, ma probabilmente c'era qualcuno che lavorava vicino a noi.
Quando si decise di avviare il percorso unitario e di creare il nuovo consiglio di fabbrica io sono stato incaricato di redigere uno statuto che per essere definito ha richiesto oltre un anno e mezzo e solo dopo si è dato il via alle elezioni. Mi sono candidato e sono stato eletto delegato fino a quando ho lasciato la Montedison. Ho fatto parte anche dell'esecutivo. Il consiglio di fabbrica era composto da 330 delegati in rappresentanza di 7.600 lavoratori, c'erano 185 gruppi omogenei. L'esecutivo era composto da 31 persone e all'interno sono emerse le battaglie dei partiti. Io ero per l'autonomia del sindacato, favorevole alla mediazione, alla trattativa e alla ricerca dell'accordo. Mi sono occupato della commissione stampa e pubblicavamo un bollettino con un comitato di redazione di trenta persone. Poi mi è stato tolto l'incarico dell'informazione e mi è stata assegnata l'area padana che comprendeva i petrolchimici di Marghera, Ferrara, Mantova e Ravenna e ho avuto il compito di trovare dei dati per sviluppare la chimica per l'agricoltura, chimica per la farmaceutica e sulla base di quei dati abbiamo promosso delle iniziative contrattuali.
Successivamente mi sono occupato dell'area chimica integrata, chimica e territorio, che per me voleva dire analisi del fabbisogno, ad esempio di concimi, del rafforzamento del mercato del Pvc, per cui mi sono fatto promotore di politiche industriali adeguate allo sviluppo del settore, ma tutto è crollato con la guerra del Kippur nel 1973. In conseguenza di ciò, in laboratorio dove eravamo 650 persone a fare ricerca, ci siamo trovati costretti a rimandare molti obiettivi che ci erano stati dati. Abbiamo iniziato a riflettere sulle conseguenze di questo fatto mettendo sul tavolo i problemi, ma abbiamo avuto delle forti reazioni da parte del Partito comunista. In azienda contavano molto le forze politiche che condizionavano l'azione del sindacato e per noi cislini era importante evitare di passare sotto le forche caudine dei partiti. Anche i più piccoli volevano la loro quota di potere. I socialisti di Gianni De Michelis lì dentro avevano la loro forza e avevano interesse a cercare un rapporto con la Cisl. Il ruolo del Partito comunista era molto forte e condizionava totalmente l'azione della Cgil. La Cgil puntava all'egemonia e aveva una grande pressione politica per ridisegnare una strategia alternativa al centro-sinistra.
Era difficile fare le cose bene in tranquillità. La maggioranza degli iscritti era Cgil e sono stato escluso dalla commissione che si occupava della riconversione industriale e sono passato alla commissione che si occupava dell'organizzazione del lavoro. In questo ambito uno dei temi di cui mi sono occupato è quello dell'orario di lavoro, basandomi sull'esperienza che avevo fatto in Inghilterra, dove c’era maggiore flessibilità.
A Marghera si lavorava a ciclo continuo, l'orario settimanale era di 37,20 ore per 8.600 ore l'anno, il che consentiva di avere la quinta squadra, in aggiunta alle quattro fisse. L'assenteismo era alto e arrivava anche fino al dieci per cento.

Relazioni industriali
Relazioni industriali partecipative si sono sviluppate nel settore perché secondo me è impossibile che una singola azienda abbia un atteggiamento di chiusura mentre Federchimica ha un atteggiamento diverso. Federchimica in pratica ha voluto mostrare i muscoli ai suoi associati perché i suoi associati erano più filo meccanici. Però Federchimica garantiva la pace sociale in azienda e la produttività, facendo accordi su livelli organizzativi avanzati. Anche negli anni Settanta si facevano degli accordi, ma per farli servivano ore e ore di sciopero, poi la situazione è cambiata perché hanno capito che non era possibile andare avanti così.
Il mio impegno nei vari ambiti in cui sono stato occupato, dal Petrolchimico alla Flerica provinciale, alla Flerica nazionale, al sindacato europeo partiva essenzialmente dalle conoscenze tecniche e attraverso questa strada è stato possibile individuare proposte e soluzioni ai diversi problemi e quindi stabilire relazioni sindacali costruttive.

Contrattazione
Quando sono entrato al Petrolchimico i dipendenti diretti erano quasi settemila. Le condizioni di lavoro erano decisamente brutte. Io venivo da una fabbrica dove facevo le analisi e il controllo dei prodotti in entrata e avevo già una cultura della prevenzione, mentre in Montedison c'erano solo i cartelli con le scritte di “fare attenzione ai prodotti trattati”, ma non la consapevolezza che potesse esserci un problema di salute dei lavoratori, di inquinamento della falda e del territorio dovuto alla concentrazione industriale senza un controllo preventivo, senza una verifica. C'erano rischi notevoli per i lavoratori, con problemi agli occhi, alle orecchie e alle mani. Alle mani perché si manipolavano le valvole. In azienda ci sono stati dei morti per incidenti e per malattie professionali. Era una chimica pesante, primaria, dove si lavorava con temperature e pressioni alte. Si utilizzavano i derivati della distillazione del petrolio (la cosiddetta virgin naphta) per produrre composti che vengono impiegati come tali o come materia prima per la produzione di una vasta gamma di prodotti chimici, dai detergenti ai fertilizzanti, agli elastomeri, alle fibre sintetiche, alle materie plastiche. Si produceva etilene che veniva mandato via pipeline a Ferrara e a Mantova.
Sul tema dell'ambiente la legge 300 ci ha dato la possibilità di creare una commissione per l'ambiente e la sicurezza. Avevamo tre tecnici interni, tre ingegneri, schierati con il sindacato e abbiamo fatto una battaglia per il riconoscimento dell'articolo nove della legge. L'ottanta per cento degli impiegati erano laureati e molti erano iscritti al sindacato, erano un gruppo culturale forte e determinavano alcune tendenze.
Abbiamo fatto una trattativa aziendale per impostare il nuovo inquadramento. Sull'organizzazione del lavoro ho sostenuto che non si potesse andare avanti così, senza nessuna certezza, senza sapere se un impianto avrebbe continuato la produzione oppure no. Abbiamo negoziato il posto di lavoro e un disegno organizzativo diverso dentro e fuori l'impianto, tra produzione e servizi. Prima abbiamo fatto una trattativa sugli obiettivi generali e poi in ogni impianto siamo andati a verificare quante persone erano impegnate, quante in turno, quanti giornalieri, il coefficiente di utilizzo, e così siamo diventati teorici della quinta squadra e di come si fa la contrattazione aziendale sull'ambiente attraverso la fermata dell'impianto, il risanamento e il riavvio, perché ormai era accertata la pericolosità del cloruro di vinile monomero e, dunque, del Pvc, che è una sostanza cancerogena. Insieme all'azienda abbiamo concordato di realizzare un'indagine epidemiologica che ha interessato circa cinquemila lavoratori degli impianti Montedison di tutta Italia. È stata realizzata una concertazione che è durata anni e che ha prodotto un miglioramento degli impianti con un investimento altissimo. Per ottenere questo risultato abbiamo dovuto fare tantissime battaglie, praticamente ogni mese c'era uno sciopero e i lavoratori partecipavano e seguivano le indicazioni del sindacato. L'indagine epidemiologica è stata negoziata con il sindacato provinciale e con la partecipazione dell'università di Padova, pagata dalla Montedison.
Nel 1980 abbiamo perso la battaglia per l'apertura della contrattazione aziendale, noi avevamo definito i contenuti della piattaforma con i lavoratori in assemblea, ma loro l'hanno respinta perché le richieste economiche erano troppo basse anche se la piattaforma conteneva tanti altri elementi. Nella costruzione della piattaforma si è deciso un programma di lotta con la fermata totale degli impianti. La vertenza è andata male e ha portato ad un accordo firmato nel 1981 con la mediazione del segretario nazionale Trucchi. All'avvio della trattativa l'azienda si è presentata con la proposta di 8.560 esuberi nel gruppo su 120mila addetti. Al Petrolchimico gli esuberi erano 560, che sono usciti in prepensionamento. La disponibilità dei lavoratori alla lotta si è esaurita con la battaglia persa.
I dirigenti spesso potevano fare ciò che volevano perché a volte il sindacato non era preparato e non era in grado di affrontare i problemi. Però noi abbiamo fatto molta contrattazione, anche di alto livello, in raccordo con gli altri impianti petrolchimici d'Italia e attraverso di me si raccoglievano i dati per ricomporli e costruire dei percorsi contrattuali condivisi. Abbiamo costruito piattaforme ricche di conoscenza scientifica e anche nella piattaforma del 1980 c'erano delle proposte sull'ambiente elaborate autonomamente, non come accettazione delle scelte dell'azienda. Le idee erano della Cisl mentre la Cgil non era d'accordo, poi però seguivano e le piattaforme erano unitarie. L'idea del collegamento dei quattro petrolchimici della Valle padana è stata uccisa dalla Cgil.