sabato 2 maggio 2020

ANGELO GUERINI - Feralpi Siderurgica – Lonato del Garda (Bs)

Testimonianza raccolta in occasione della pubblicazione del libro “Memorie in tuta blu. Gli anni caldi dei metalmeccanici bresciani”, di Costantino Corbari, Edizioni Lavoro, Roma 2005

Sono nato a Brescia il 9.10.1942. La mia famiglia è di Calvisano, poi abbiamo traslocato a Bagnolo Mella, a Ghedi, Carpenendolo e adesso abito a Montichiari. Ho fatto le cinque elementari. Ho cominciato a lavorare a quattordici anni in un’azienda di Carpenedolo, ma ci sono stato poco perché abitavo ancora a Bagnolo Mella e dovevo andare avanti e indietro e sono parecchi chilometri. Poi ho lavorato un po’ da una mia zia, ma ci sono stato solo per alcuni mesi, e sono andato a lavorare nei campi.

Nella prima fabbrica si facevano i cerchioni delle ruote (dischi), ci siamo andati io e mio fratello e lui è rimasto là. A Ghedi abitavo vicino all’aeroporto proprio accanto alla pista, e nel ‘58 ho lavorato un po’ in un’officina meccanica, poi in un’altra azienda vicino a casa dove ho fatto quattro mesi come garzone.
Quando la mia famiglia si è trasferita a Carpenedolo sono andato a lavorare all’Astori che è un grande negozio di ferramenta e aveva anche una fabbrica dove costruivano gabbie per i polli e altre cose e lì sono stato dai primi del ‘59 fino a quando sono tornato dal servizio militare nel ’63. Ho sempre lavorato in modo regolare.
Quando sono tornato dal servizio militare l’azienda ha avuto dei problemi. Alcuni capannoni dove si costruivano le gabbie sono crollati e così mi sono trovato senza lavoro. Era fine settembre, ma ai primi di gennaio ho trovato posto alla Leonessa. Si facevano “ralle”, gli sterzi per rimorchi, balestre per macchine agricole. Lì sono rimasto dal gennaio ‘65 a fine ‘69. Lavoravo come saldatore, ma ho fatto anche il magazziniere e altro. Poi l’azienda è entrata in crisi, avevo paura di rimanere di nuovo disoccupato, e così sono andato a lavorare in un calzaturificio molto grosso, la “Bover Gomma” con circa mille dipendenti in tre sedi. Pensavo di andare finalmente in un posto sicuro, ma dopo un po’ anche questa è entrata in crisi. In quella fabbrica ho fatto diversi mestieri e sono stato eletto delegato sindacale.
L’azienda ha vissuto una prima crisi nel ‘73, con cassa integrazione speciale. Nello stabilimento di Carpenedolo eravamo in circa seicento e siamo rimasti poco più di duecento, ma non ci sono stati licenziamenti. Nel 1974 ha cambiato gestione e l’azienda si è ripresa, in un primo momento un po’ tentennante poi con maggiore decisione. Aveva ordinativi per scarpe militari per la libera uscita di Polizia ed esercito, ma all’inizio del 1980 è sopraggiunto un nuovo periodo di crisi e a fine gennaio ‘81 ha chiuso. Così ho dovuto rimettermi a cercare un nuovo lavoro. Sono andato alla Sima dove si facevano i telai per le autobettoniere. Sembrava che tutto funzionasse alla perfezione, che ci fosse lavoro in gran quantità, ma nell’83 ci fu una prima crisi con cassa integrazione, da allora la situazione si è trascina ancora per qualche tempo, ma a metà ‘84 anche la Sima chiuse.
Sono rimasto disoccupato per qualche mese, quando finalmente il 2 gennaio dell’85 sono entrato alla Feralpi. E lì sono rimasto fino alla pensione, a fine marzo 1996.
Feralpi è un’azienda a gestione familiare che produce tondino per costruzioni. Ci lavoravano circa cinquecento persone. In Feralpi ho lavorato per sei mesi al forno e poi sono andato alle siviere nell’area delle colate, facendo sempre i turni di notte.

Quando passavo da un’azienda all’altra mi chiedevano: hai fatto il delegato? Si, allora fallo tu anche qui. Il primo incontro con il sindacato avviene nel ’62, poco prima di andare militare, all’Astori. C’erano già persone sindacalizzate ed era stata organizzata una riunione con un sindacalista della Cgil e così ho fatto la mia prima tessera sindacale con la Fiom.
Mi sono iscritto di nuovo al sindacato dei tessili, questa volta alla Cisl, alla Bover Gomma. Lì sono stato eletto delegato e ho iniziato anche a dare una mano fuori dalla fabbrica. Sono stato più volte a Roma per chiedere la firma della cassa integrazione. Ero un po’ il leader del cdf.
Così quando sono entrato in Feralpi c’erano dei delegati dei metalmeccanici che mi conoscevano e mi hanno subito inserito. Sono entrato anche nel direttivo provinciale della Fim. Nell’ultimo periodo in azienda ho fatto anche un po’ di patronato.
In Feralpi non si facevano grandi battaglie. Nei contratti aziendali si riusciva ad ottenere buoni risultati senza grandi scontri e anche per i contratti nazionali abbiamo firmato dei precontratti. Si facevano tutti gli scioperi nazionali, ma per le vertenze aziendali si è fatto solo qualche sciopero per iniziare la trattativa, ma non ne abbiamo mai fatti molti. Però la contrattazione si faceva sempre. A volte il fatto di raggiungere dei buoni risultati senza grandi scioperi lasciava qualcuno scontento: se ci hanno dato quello che abbiamo chiesto così presto vuol dire che si poteva chiedere di più.
C’era un po’ di scontro tra noi e la Cgil perché loro volevano sempre fare delle sparate, proporre scioperi, ma quando i lavoratori vedevano che si potevano ottenere dei buoni risultati senza scioperare lo preferivano.
Ho partecipato a diversi incontri nazionali con altre categorie o con i metalmeccanici di altri territori e ho visto che la Fiom di Brescia ha sempre avuto toni sempre più accesi, più esasperati che altrove. Quando sono entrato i Feralpi la maggioranza, allo scioglimento della Flm, era Fiom. Il tesseramento Fim poi è cresciuto e siamo diventati noi la prima organizzazione. C’era in fabbrica un bravo delegato della Fiom con cui si ragionava, si collaborava e siamo sempre riusciti a stare insieme.
Per dialogare con i lavoratori si usava l’assemblea dove si discutevano le richieste da avanzare e le piattaforme.

Sono sposato con tre figli, due femmine e un maschio. La moglie non è che fosse proprio contenta del mio impegno, soprattutto quando si andava a Roma e si doveva stare fuori casa, ma non mi ha mai detto: non devi farlo.
Ero un attivista delle Acli, sono stato anche nel Consiglio provinciale e ho partecipato ai corsi di formazione. Frequentavo anche l’Azione cattolica. Nel ‘68 mi sono iscritto alla Dc e ci sono sempre stato fino ad oggi che sono nella Margherita. Ho fatto parte della sinistra del partito, con Landi. I primi tempi Acli, Dc e Cisl erano affini. Poi c’è stato l’intervento del papa sulle Acli, ma io sono rimasto nell’associazione, anzi è stato quando ho fatto il consigliere provinciale. Sono stato candidato due volte alle elezioni comunali ma non sono mai stato eletto.

Ero in periferia, sentivo quello che succedeva, ma non ho mai partecipato direttamente agli scontri interni alla Cisl.

Piazza della Loggia è accaduta pochi giorni dopo che avevamo ripreso l’attività alla Bover Gomma dopo un primo periodo di crisi. In occasione dello sciopero di maggio la direzione ci aveva chiesto di lavorare di pomeriggio invece che al mattino perché doveva fare delle consegne. Noi abbiamo accettato perché ci sentivamo impegnati a sostenere l’azienda, certo non potevamo sapere che cosa sarebbe accaduto. Verso le undici è arrivata una telefonata. Il direttore ha chiamato un delegato dicendogli che a Brescia avevano fatto a botte ed era intervenuta la Polizia. Solo verso mezzogiorno ci siamo resi conto di quello che era successo. A quel punto siamo partiti tutti per Brescia.
Quello è stato un periodo difficile. In occasione delle commemorazioni e per diversi giorni si doveva fare picchettaggio e io sono andato in piazza diverse volte. Per almeno un anno, in occasione degli scioperi o di manifestazioni, si facevano cordoni, più volte si è rischiato di fare a botte con gli extraparlamentari, gli studenti. C’erano donne di Lotta continua che veniva a graffiarci la faccia. Qualche bastonata sulla testa alcuni delegati se la sono presa. Ma noi dovevamo fare servizio d’ordine perché se lo avesse fatto la Polizia ci sarebbero stati scontri ben più duri. Poi piano piano la situazione si è tranquillizzata.

In azienda tutte queste vicende erano vissute in modo distaccato dai lavoratori, non erano molto politicizzati come i metalmeccanici, erano situazioni che coinvolgevano più direttamente i delegati.
Anche alcuni delegati non si impegnavano fuori dall’azienda. In occasione degli scioperi non partecipavano alle manifestazioni, ma se ne stavano a casa. Una volta sono riuscito a convincere un gruppetto di delegati e operai ad andare  in manifestazione. Eravamo in Piazza della Loggia quando è arrivato un gruppetto di extraparlamentari e ha iniziato ad urlare e quelli se ne sono andati immediatamente: io qui non ci vengo più.
In Feralpi c’erano alcuni operai di estrema sinistra, ma hanno sempre avuto un comportamento chiaro, agivano con rispetto delle persone e non ci sono stati problemi di nessun genere.

Ho fatto in tempo a vedere i primi extracomunitari in azienda. Abbiamo avuto problemi solo con un albanese, che non capiva che se uno si sottraeva al lavoro, questo ricadeva sugli altri. Lo abbiamo preso in disparte e glielo abbiamo fatto capire. Arrivavano che non avevano niente e come consiglio di fabbrica, ma anche individualmente, abbiamo organizzato raccolte di scarpe e vestiti per loro. Qualcuno era stato sistemato a Desenzano in un istituto. Alcuni hanno lasciato la fabbrica perché non resistevano, non essendo abituati ai ritmi e all’organizzazione della produzione, ma i più si sono integrati.

Adesso sono impegnato nella zona della Fnp e vado a fare un po’ di recapiti per il patronato.
Mia moglie lavora ancora, abbiamo tredici anni di differenza.